La nomina di Sergio Lo Giudice a responsabile del Dipartimento tematico dei diritti civili del Partito Democratico è una scelta coerente e coraggiosa, che riporta quel soggetto politico sul solco della modernità, dopo gli insulti di Alfano alle famiglie di gay e lesbiche. Le posizioni dell’allora ministro, infatti, che paragonava il legittimo desiderio di genitorialità delle persone Lgbt a “rivoluzione antropologica contro natura” arrivavano dopo l’approvazione di una legge che, pur concedendo diritti, faceva fuori proprio i diritti di genitori e figli. La nomina di Lo Giudice risana il silenzio di Renzi, che all’epoca evitò qualsiasi reprimenda nei confronti dell’alleato di governo.
Ma c’è di più: l’omogenitorialità, è bene farlo presente, non può tradursi in una concessione dell’adozione prevista dall’alto, magari da soggetti privilegiati, così come pretende un certo femminismo, omofobo e borghese. E, parimenti, non si può accettare la narrazione svalutante che ne fa il “governo del cambiamento”. Tali visioni del fenomeno sono fuorvianti: per certe attiviste, l’unico destino dei gay – pazienza se spariscono le madri lesbiche – è quello di sopperire ai bisogni di infanti in condizione di svantaggio per cui l’omogenitorialità diventa “male minore”. Per certi politici, essere genitori omosessuali è, addirittura, abominio. La nomina di un padre gay sconfessa, perciò, anche questo modo di intendere le capacità genitoriali delle persone Lgbt.
Ovviamente, proprio da quel femminismo – omofobo e borghese, teniamolo sempre a mente – arrivano attacchi contro l’ex senatore dem, proprio per il fatto di essere gay e padre. Scaturisce la solita narrazione in cui si ricicla il logoro mantra della critica al neoliberismo: se sei padre e gay, d’altronde, è perché sei ricco e hai disponibilità economica. Pazienza che questa critica arrivi quasi sempre da comodi salotti delle proprie abitazioni private, refrigerate da climatizzatori non certo prodotti a Cuba. E pazienza che venga diffusa in rete grazie agli ultimi ritrovati della più moderna e capitalistica tecnologia.
In questo quadro, dunque, non stupisce l’attacco di Arcilesbica e delle realtà ad essa sodali, tradizionalmente nemiche dei padri gay e dell’omogenitorialità in generale. Fa il paio, infatti, con il racconto criminalizzante di Salvini e Fontana. Lo stesso racconto che riduce i maschi gay a sfruttatori e le donne gestanti a uteri incapaci di autodeterminarsi. Sergio Lo Giudice, dunque, è la persona giusta al posto giusto. Le reazioni alla sua nomina – e chi le produce – sono la migliore conferma a tutto questo.