MillennialsRisparmiamoci la favola della sinistra dalla parte dei “deboli”, creiamo invece opportunità di lavoro!

Antonio Polito sul Corriere coglie, con solo cinque d’anni di ritardo, una delle grandi contraddizioni dell’evoluzione della sinistra: l’aver perso gli strumenti per ascoltare i “deboli”. Per dare ...

Antonio Polito sul Corriere coglie, con solo cinque d’anni di ritardo, una delle grandi contraddizioni dell’evoluzione della sinistra: l’aver perso gli strumenti per ascoltare i “deboli”. Per dare sostanza al suo argomento avrebbe potuto citare un interessante paper di Piketty che analizza le dinamiche elettorali di alcuni paesi occidentali, e parla con dovizia di dati di una sinistra di bramini, rappresentante delle classi più agiate.

Dopo pochi mesi di governo del nulla e dell’improvvisazione, la società civile si sta svegliando, e non poche iniziative si possono sintetizzare con “scusateci, ci siamo dimenticati di voi poveri ma ora che ce ne siamo accorti penseremo a voi (sfigati)”. Se a proferirlo sono degli hipster, mi verrebbe da preoccuparmi della loro incapacità di occuparsi di qualcosa di concreto, se iniziano a farlo i vecchi politici… verrà un po’ da mandarli a quel paese.

Perché in fondo queste scuse tardive ricordano solo una pretesa di protagonismo e una manifestazione di superiorità: le élite si occuperanno dei poveracci perché sono più capaci, e in fondo erano solo distratte da battaglie di retroguardia contro treni veloci, ogm e McDonald’s. Ora si rifocalizzano sulle priorità e risolvono problemi. Grazie di esistere, direbbe Eros. Che ne penseranno a Corvetto, Tor Bella Monaca e Secondigliano dell’arrivo dei supereroi? A Roma intoneranno la strofa “fatece largo che passamo noi” per accogliere gli intellettuali con secchio e ramazza.

Qualcuno dei giovani festanti, finalmente tornato al centro della scena, si porrà però alcuni dubbi, del tipo: “ma se avete governato, o fatto opposizione, male fino ad ora, perché dovreste diventare improvvisamente bravi?”. Qualcun altro, ben più ardimentoso, potrebbe osservare che se alla sua scuola avessero mandato i migliori docenti, ben retribuiti, se gli avessero insegnato decentemente le materie scientifiche, se lo Stato non avesse deciso di regalare pensioni e avesse investito altrove le proprie risorse, magari la sua vita non sarebbe stata così sfigata, e, soprattutto non avrebbe dovuto aspettare l’aiuto dei ragazzi fantastici che si sono risvegliati dal torpore. Gli stessi ragazzi fantastici che “no, la scuola non è un’azienda e quindi paghiamoli tutti uguale, senza valutare”, gli stessi che “la scienza borghese è conservatrice”, o che sono scesi in piazza con Cofferati e la Cgil per difendere le pensioni, ossia le rendite di posizione di chi è arrivato prima di noi. Vivendo nelle élite è stato facile difendersi dal neoliberismo imperante e combattere la meritocrazia e la concorrenza, prendersela con le poche riforme che cercavano timidamente di introdurre qualche valutazione (ANVUR cacca pupù!), ma alla fine chi in Italia ha trovato un lavoro decente, senza essere figlio di dottori, ha solitamente studiato economia o ingegneria, e si è fatto il mazzo nei pochi settori dove il progresso non era visto come un nemico. Per fortuna non abbiamo avuto i neoluddisti contro i robot industriali, tra le eccellenze del nostro export, ma non ci si va lontano quando si combatte contro tubi del gas, antenne, vaccini, ogm. Che dire poi di chi ha sempre professato il mantra “accogliamoli tutti”, ben consapevole che gli immigrati sarebbero andati a vivere nelle periferie già disagiate, elevando a mediatori culturali tanti ragazzi per lo più figli dell’abbandono scolastico? Chi è in una posizione di inferiorità non attende il salvataggio: vorrebbe le opportunità per salvarsi da solo, e difficilmente gliele darà chi ha fatto di tutto per privarlo fino a ora – perché anche l’alternanza scuola-lavoro è dipinta come vile sfruttamento da parte del padrone, e non un’occasione per conoscere un qualche lavoro; come dire, l’attitudine rimane la stessa… Non rifondiamo la sinistra bellina e buona, che si prende cura dei “deboli”, quando si diventa deboli perché, essenzialmente, non si trova un lavoro e la propria autonomia. Ciò di cui i giovani hanno oggi bisogno è un paese dinamico, in crescita, moderno, perché per trovare lavoro, diciamocelo, servono più imprenditori coraggiosi che maestrini. Serve un paese che costruisce, innova, non perde tempo in chiacchiere. E le vostre scuse, alla fine, sono solo chiacchiere.

ANDREA DANIELLI

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