È in continuo fermento la vita sociale italiana promuovendo una costante riflessione nella popolazione, al fine di riflettere sui bisogni emergenti per individuare quelle adeguate risposte: sostegno morale, economico, psicologico, occupazionale, sociale. Il XXI secolo stravolge in maniera determinata il paradigma sociale cambiando repentinamente le abitudini di vita di una civiltà. Questo mutamento non viene recepito adeguatamente dalla popolazione, facendo registrare preoccupanti problemi sociali. Sono diverse le iniziative promosse nei luoghi italiani del paese per cercare di regire a questa nuova identità sociale. Conviene segnalare il prezioso contributo contenuto nel documento Il Progetto di Vita che intende favorire il bene comune e prendersi cura del proprio paese.
Il Progetto di Vita è composto da un gruppo di lavoro formato da Gerardo Gatti, ideatore del progetto – ex segretario provinciale stranieri; Adriana Colacicco, ideatrice del progetto – mediatrice interculturale; Giorgio Allegretti, consulente aziendale in ambito tecnico–amministrativo; Mariano Edoardo Crapa, medico chirurgo; Michele Zuccalà, filmaker e fotografo; Fabrizio Popi, compositore, paroliere e produttore discografico. Con Gerardo Gatti e Adriana Colacicco vogliamo comprendere le possibilità e le diverse metodologie studiate per migliorare le condizioni sociali ed economiche della popolazione italiana.
Quali strumenti sono necessari per coinvolgere la popolazione?
Occorre sensibilizzare attraverso canali social, incontri pubblici periodici che abbiano alla base l’intercultura e la promozione sociale, sia in Italia sia all’estero. Il Progetto di Vita ha molti obiettivi raggiungibili a breve, a medio e a lungo termine, quindi fin da subito le nostre modalità operative sono state e saranno chiare, lineari, semplici. L’obiettivo cardine del Progetto è il lavoro, ovvero con il Progetto ci sarà fin da subito una buona percentuale di persone che lavoreranno nell’ambito della sicurezza, nell’ambito sanitario, nel settore alimentare e agricolo, senza dimenticare che le piccole e medie imprese potranno ricevere benefici. Quindi si evince che occorre riconquistare la fiducia nella popolazione che, delusa, ha il dovere di guardare al futuro serenamente e il dovere etico di contribuire al benessere sociale del nostro Paese.
Una maggiore partecipazione sociale in che modo valorizza le diverse identità culturali del paese?
Ognuno di noi è unico e per riconoscere le diversità è fondamentale la solidarietà. Una società tollerante, aperta al dialogo, cooperante e rispettosa delle ricchezze della diversità è più propensa ad essere fiduciosa e solidale e soprattutto capace di garantire pace e sicurezza anche nel mondo. Occorre sviluppare un concetto di cultura che riconosca le identità, le valorizzi come ricchezza e fonte di arricchimento reciproco, che miri all’unione fra culture come solide fondamenta di un’economia fondata sulla conoscenza. Fino a quando non comprenderemo che la diversità è un patrimonio dell’umanità e dobbiamo difenderla con politiche che diano un’inflessione positiva delle differenze culturali da vivere come innovazione, creatività e stimoli di apertura a nuove influenze, la nostra società non crescerà e diventerà sempre più chiusa. Dobbiamo creare politiche che combattano lo stereotipo e il pregiudizio, valorizzando la memoria del nostro passato. Solo attraverso il dialogo si può porre fine ad antagonismi ormai radicati e disinnescare le espressioni politiche spesso violente che si abbattono come bombe sugli animi della popolazione. Dobbiamo conoscere gli altri, dobbiamo alimentare soprattutto nei giovani la capacità di ascolto, di umiltà e di ospitalità. Come farlo? Investendo sulla cultura per promuovere il pluralismo culturale e le diversità linguistiche che si traducono nell’adattamento di persone all’evoluzione del loro ambiente fisico e sociale. Occorre studiare nuove strategie di informazione e di comunicazione che rappresentino i punti di vista opposti in tutti i dibattiti; applicare politiche economiche di investimento che valorizzino la pluralità delle culture.
L’immigrazione continuerà nel XXI secolo perché le persone lasciano il proprio paese a causa di conflitti bellici ma anche per problemi ambientali e di lavoro. Quali soluzioni porre?
L’immigrazione è da sempre un fenomeno esistito e che sempre esisterà, occorre solo non fare distinzione fra le motivazioni che spingono un essere umano a spostarsi per cercare un posto più sereno e florido per vivere. Con il Progetto di Vita si delinea la figura del lavoratore circolare, un ottimo investimento per ogni Stato che voglia promuovere e far crescere la propria società. Ogni nazione deve avere un piano regolatore dei flussi di persone guardando il mercato del lavoro e garantendo la libera circolazione. È fondamentale costituire un unico piano europeo che riconosca permessi di soggiorno utili a viaggiare e lavorare in tutta l’Europa, piuttosto che “mercanteggiare” con l’UE. Non è certamente un’azione secondaria quella di promuovere leggi e protocolli d’intesa con gli stati extracomunitari per permettere rimpatri di chi non ha diritto di vivere nel nostro Paese; facilitare il rilascio di visti per lavoro o per ricongiungimenti familiari che possano far lavorare regolarmente uno straniero presente nel territorio, al fine di non pesare sul sistema di accoglienza. Fino agli anni Novanta era relativamente semplice ottenere un visto nelle ambasciate europee in Africa. In seguito, man mano che l’Europa ha smesso di rilasciare visti, le mafie hanno preso il sopravvento. Quindi ai lavoratori africani è stato impedito di emigrare legalmente per una serie di eventi politici e fattori culturali: l’attentato alle Twin Towers di New York l’11 settembre 2001, la paura del terrorismo e di malattie come l’Ebola, l’abbattimento delle frontiere intra-europee che rendeva più complicati i controlli, il rallentamento dell’economia in seguito alla recessione, la crescita dei partiti populisti. Se da una parte chiudeva le porte al sud del Mediterraneo, Bruxelles continuava a firmare accordi di libera circolazione con altri paesi extra-Unione, indipendentemente dal fatto che pianificasse di ammetterli, un giorno, tra gli Stati membri. Un altro aspetto da tenere in considerazione è quello di prevedere il divieto di finanziare le carceri libiche o altri centri di detenzione all’estero, anche se non esplicitamente dichiarato. Queste sono solo alcune soluzioni previste dal Progetto di Vita. Le statistiche più credibili, in merito alla correlazione tra criminalità e immigrazione, delineano una situazione dove emerge con chiarezza che gli stranieri regolari compiono più o meno lo stesso numero di reati degli italiani. Sono gli stranieri senza permesso, senza possibilità di accedere ai nostri servizi oppure a lavori regolari, che hanno la tendenza a delinquere a causa delle condizioni in cui vivono, perché sono facilmente contattabili dalla criminalità organizzata. Non dimentichiamo che gli stranieri contribuiscono positivamente al nostro welfare e saranno coloro che permetteranno alla popolazione europea di combattere l’invecchiamento dei cittadini.
Nel Progetto c’è una particolare attenzione alla prevenzione della salute. Perché questa scelta?
La vera sfida è superare le differenze onde rendere tutti, italiani e non, parte dello stesso meccanismo di crescita sociale, culturale ed economica. Affinché ognuno sia una reale risorsa per l’altro e viceversa bisogna garantire il diritto alla salute, all’istruzione e al lavoro per tutti, che si tratti di migranti, rifugiati o profughi, con particolare attenzione ai minori che, senza averlo scelto, sono costretti ad iniziare il loro percorso di vita affrontando una ripida e disagevole salita. Tra i pilastri del Progetto di Vita c’è la prevenzione alla salute, visto che lo scorso anno 12 milioni di italiani non hanno avuto accesso a cure mediche e 7 milioni di nostri connazionali si sono indebitati (ipotecando addirittura l’abitazione) per sottoporsi ad esami diagnostici e visite mediche. Tra i punti programmatici del Progetto di Vita c’è la prevenzione attraverso il progetto Prevengo. Con un piccolo ma significativo investimento il Sistema Sanitario Nazionale risparmierebbe, a lungo termine, una cifra sostanziosa legata alle cure degli ammalati e lo Stato compirebbe il proprio dovere fino in fondo, nel rispetto della Costituzione, garantendo la buona salute ai propri cittadini (italiani o immigrati che siano).
Francesco Fravolini