Il 15 ottobre 1939 venne istituita in Italia la Regia Scuola Paracadutisti dell’Aeronautica a Tarquinia, che iniziò l’addestramento dei primi istruttori dell’Esercito a giugno 1940, ed i primi corsi per le reclute il mese successivo. Il 1º settembre 1941 venne formata la 1ª Divisione Paracadutisti; il nome “Folgore” venne ufficialmente aggiunto solo nell’agosto 1942. La Divisione fu sottoposta a un duro addestramento in Puglia per prepararsi all’invasione dal cielo di Malta, pedina fondamentale nella guerra per il dominio del Mediterraneo, dato che dall’isola partivano bombardieri che colpivano i rifornimenti dell’Asse rivolti alle truppe in Nordafrica. L’invasione, prevista per settembre, fu rimandata per consentire a Rommel di spingere più a fondo la propria offensiva che, come ricorderemo, si fermò a El Alamein. Nell’estate del 1942, la Divisione Folgore si ritrovò a sostenere l’Afrikakorps e a proteggere il fronte, una volta consolidato, presso la depressione di Munassib. Paracadutisti altamente selezionati e formati si trovarono così, nell’ottobre del 1942, a subire la contro-offensiva britannica portata avanti da truppe numericamente straripanti, meglio armate e dotate di carri armati – in pieno deserto, tra gole roventi, campi minati, dune. Dal 23 ottobre al 3 novembre i circa 6000 parà combatterono contro la 7° Divisione Corazzata, la 44° e 50° di fanteria, mantennero la posizione (insieme alla Divisione Pavia) contro migliaia di alleati (almeno 6 volte tanti), con tale sacrificio da meritarsi l’onore delle armi. Nell’impossibilità di una ritirata senza automezzi, i sopravvissuti furono catturati dagli alleati il 6 novembre, dopo aver distrutto le proprie armi. Annientata in combattimento, la divisione “Folgore” venne sciolta a fine 1942. Perché questo excursus storico-militare?
Perché, pur con tutte le dovute e palesi distinzioni del caso, vedo una metafora del destino di una parte dei nati negli anni ‘80, di quei ragazzi che hanno sempre studiato molto, sono stati i primi della classe, si sono diplomati e laureati con il massimo dei voti e poi, dopo aver lavorato duro per avere una formazione specialistica e dedicata a uno scopo preciso (ognuno il suo: giornalista, fisico, filosofo, regista ecc), si sono ritrovati nel deserto. Si sono ritrovati tra le dune di lavori poco soddisfacenti e precari per seguire una battaglia non loro, quella dei sessantottini che hanno abbattuto il merito, che hanno conquistato ogni posto di potere e trasformato diritti in privilegi. E che, ancora oggi di fronte allo sfacelo, pensano che tutto sia loro dovuto, incapaci di percepire le forze della storia e della geopolitica, con loro molto benigne, con i nostri, meno.
Per ora, i nostri “parà”, nonostante tutto, sopportano gli attacchi di vite frustranti, di ambizioni costamente ridimensionate e corrose (a meno che non si scappi dal Paese), di ingiustizie quotidiane, si tratti della spesa pubblica piegata dalle pensioni, dei contributi da versare, dei vecchi che pagano il lavoro “con visibilità”. Ma, nel mentre, perdono commilitoni che si arrendono definitivamente alla mediocrità, si chiudono nelle proprie famiglie, e accumulano ferite di guerra: la salute mentale degli ex giovani è sempre più a rischio, dovendo tenere in un’unica cornice di senso insoddisfazione, incertezza, relazioni con persone a loro volta irrealizzate. Passano gli anni, tanti trentacinquenni si ritrovano ancora senza figli, senza chiare prospettive, diventa sempre più difficile ritenersi adulti, mentre comunque la biologia, volente o nolente, si fa sentire. La ritirata dal fronte non è loro concessa perché i tanti piani alternativi che coltivano non portano da nessuna parte, e, nel frattempo, perdono energie.
Né dobbiamo dimenticare che, come la Folgore resisté a lungo grazie alla propria formazione, anche i giovani che descrivo sono in gamba e tengono botta, nonostante tutto. Perché non scappano, perché non lasciano passare i corazzati? Perché se vieni addestrato per essere eccellente hai in primo luogo rispetto nei tuoi stessi confronti. Ma veramente la nostra élite di laureati, masterizzati e dottorati, dovrebbe prendere una P38, ricostituire le brigate rosse, rischiare tutto per finire in galera? Non fanno la rivoluzione perché c’è tantissimo da perdere: il futuro che avevano loro promesso e per cui, negli anni, hanno fatto tanti sacrifici.
A questo punto, seguendo il destino dei folgorini, verranno spazzati via? Dipende dalla prospettiva storica che vogliamo assumere. Perché il mio sospetto è che, in generale, li abbiano già spazzati via, dato che hanno ormai rinunciato a ciò che a lungo li ha definiti: i loro sogni. Qualche conferma a questa ipotesi? Rispondete con sincerità: siete felici di vedere nella trilogia dei Mercenari tutti i vostri eroi di gioventù? Ancora ballate con piacere i pezzoni di Gigi Dag? Guardate sistematicamente Una poltrona per due il 24 dicembre? Vi ricordate i doppiaggi dei Prophilax, del Nido del Cuculo, celebrate i ritrovi con gli amici come feste nazionali? Se anche voi vivete inconsapevolmente nella nostalgia, se avete bisogno di condividere il passato per ricreare uno spirito comune con i vostri coetanei, allora probabilmente siete già dei sopravvissuti, e state rimuovendo la vostra sconfitta con la confusione e il dolore che si porta dietro.
ANDREA DANIELLI