Dopo SkuolaSTEM sì o no? Lo decide la pagella. Ma anche il genere ha il suo peso

La paura di non farcela. Probabilmente è questo il freno maggiore, almeno nella testa dei ragazzi, che impedisce alle lauree cosiddette STEM (acronimo che indica le discipline tecnico-scientifiche)...

La paura di non farcela. Probabilmente è questo il freno maggiore, almeno nella testa dei ragazzi, che impedisce alle lauree cosiddette STEM (acronimo che indica le discipline tecnico-scientifiche) di imporsi su larga scala. Nonostante ricerche e analisi indichino questi corsi come la principale fonte d’occupazione negli anni a venire. È quanto emerge da una recente ricerca condotta da Skuola.net in collaborazione con Fondazione Tim – su un campione di oltre 10mila ragazzi di scuole medie e superiori – in occasione della partenza dell’UniStem Tour, un progetto biennale del Centro UniStem dell’Università degli Studi di Milano e Fondazione TIM che vuole avvicinare gli studenti prossimi al diploma alle discipline STEM, grazie all’incontro con nomi illustri del panorama scientifico italiano.

Facoltà STEM, in pochi ci credono

Meno di 2 studenti su 10 (il 18%) vedono, infatti, nel proprio futuro con assoluta certezza l’iscrizione a una facoltà STEM. Gli altri? il 16% continua ad avere fiducia nelle lauree socio-umanistiche, il 10% opterà per una formazione in ambito sanitario, il 14% pensa di abbandonare gli studi dopo il diploma. Solo qualcuno di quel 42% che si dichiara indeciso potrebbe rinfoltire la schiera dei ‘tecnici’. Comunque pochi.

Il ruolo fondamentale dei voti

Non si tratta, come si potrebbe immaginare, di scelte legate all’indirizzo scolastico intrapreso sinora: basti pensare che isolando gli studenti degli istituti tecnici – maggiormente votati alle STEM – il dato sale di poco (20%). Perché l’elemento determinante è un altro: il rendimento scolastico. Chi ha un’ottima media risulta molto più stimolato dalle lauree scientifiche: tra chi, ad esempio, naviga tra l’8 e il 9 la propensione verso le STEM arriva al 22%. Più si sale, più questa tendenza è confermata: non a caso raggiunge il suo apice (27% di future matricole STEM) tra chi ha una pagella immacolata, con la media tra il 9 e il 10. È come se gli altri, non sentendosi pronti ad affrontare esami indubbiamente complessi, rinunciassero prima ancora di provarci. La chiave, ovviamente, è il modo in cui si affronta soprattutto una materia: la matematica, base di ogni facoltà STEM.

Più bravi si è, più difficile sarà il percorso scelto

Il rapporto stretto tra i voti alti e i percorsi universitari tecnici si conferma anche entrando nel cuore delle scelte, nella distribuzione tra i vari rami di cui si compongono le STEM. I corsi più ostici(secondo la percezione comune) sono maggiormente battuti dai più studiosi. In generale, infatti, le scelte sono le seguenti: il 31% pensa di fare Ingegneria, il 28% di andare in direzione delle scienze naturali (Biologia, Chimica), il 27% ha messo nel mirino una laurea di area puramente tecnica (Informatica, Architettura, ecc.), solo il 13% proverà a fare Matematica o Fisica. Ma, per chi eccelle a scuola, gli equilibri cambiano: tra chi ha nove o addirittura dieci, un quarto (25%) degli studenti STEM di domani sceglierà proprio matematica o fisica. Al contrario, chi stenta ma vuole lo stesso giocare la carta STEM, si orienta verso discipline considerate meno impossibili: tra chi ha voti appena sufficienti, 1 su 3 farà informatica o architettura.

La passione muove più di ogni altra cosa

Intraprendere un percorso tecnico, però, è anche una scelta di cuore. La passione è quella che muove i due terzi – il 67% – di chi ha già deciso che tenterà questa strada dopo il diploma. Molti di meno (14%) quelli che lo faranno per trovare più facilmente lavoro. Marginali tutti gli altri stimoli, come le aspettative dei genitori, i consigli dei professori, i risultati dei test d’orientamento o le scelte degli amici. Per qualcuno sembra quasi una missione, un esito naturale. Lo si capisce dalle loro abitudini: il 34% degli aspiranti studenti STEM, ad esempio, consulta spesso siti o video su Internet per capire meglio i fenomeni fisici, chimici e naturali (la media dell’intero campione si ferma al 25%). Così anche sui social network, dove quasi 1 su 5 si sofferma soprattutto su contenuti di carattere didattico (contro un misero 9% di media). Il 29%, invece, difficilmente si perde documentari e programmi di approfondimento scientifico (la media, anche qui, è decisamente più bassa: 20%), mentre al 16% piace fare esperimenti (a fronte di una media del 10%).

I buoni esempi possono spronare i giovani

Sono tuttavia importanti anche gli esempi concreti: tra quelli che scelgono le STEM si registra infatti l’effetto Space Shuttle. Il famoso programma spaziale americano fece da volano ad una generazione di tecnici, ingegneri e scienziati negli Stati Uniti. Allo stesso modo le imprese dei vari Cristoforetti, Parmitano e Nespoli hanno una presa superiore al 30% sugli aspiranti studiosi di queste discipline.

Le ragazze latitano, specie nelle facoltà più toste

Aspetti incoraggianti che però non devono distogliere l’attenzione dal nodo primario: lo scarso appeal di cui ancora ‘soffrono’ le lauree STEM. Un problema ulteriormente accentuato dalla distanza che, imperterrita, separa le scienze dall’universo femminile. Tra le ragazze, infatti, solo il 14% intravede l’iscrizione a un corso di laurea di natura tecnica (la media generale è il 18%, tra i maschi è il 25%). La maggior parte, inoltre, è attratta solo da discipline specifiche. Ad esempio, il 39% delle ragazze che frequenteranno corsi STEM si concentrerà nell’area chimico-biologica (che invece attrae meno maschi, appena il 19%); solo il 23% farà ingegneria (tra i ragazzi il dato schizza al 43%). Ciò vale anche in presenza di curriculum scolastici eccellenti. Segno che la cultura STEM, nonostante gli sforzi comunicativi, risente pure di marcate differenze di genere. E purtroppo non è una novità.

Sulle orme degli scienziati

Proprio per tentare di cambiare le cose nasce UniStem Tour: una serie di 30 incontri che in due anni copriranno tutta Italia, dal nord al sud alle isole, a partire da Catania, Cagliari, Bari, Napoli, Urbino, Teramo, portando nelle scuole alcuni tra i “numeri uno” del mondo scientifico italiano. Protagonista del “numero zero” – andato in scena l’8 maggio presso l’ITIS Galilei di Roma – è stata la professoressa e senatrice a vita Elena Cattaneo, che attraverso la storia di un gene di oltre un miliardo di anni ha raccontato la propria esperienza nella ricerca sulle cellule staminali.

Le storie delle nostre eccellenze

Tra gli scienziati che hanno già dato la loro adesione ci sono la direttrice del Cern Fabiola Gianotti, l’antropologa forense Cristina Cattaneo, il virologo Roberto Burioni, l’esperto in medicina rigenerativa e staminologo Michele De Luca, il matematico Alessio Figalli, e l’immunologo Alberto Mantovani. Il contatto diretto con questi “campioni” italiani della scienza consentirà ai ragazzi di capire il fascino di indagare l’ignoto, ascoltare le storie che si nascondono dietro ad ogni scoperta e raccogliere la sfida di impegnare il proprio talento nell’avventura della ricerca e dell’innovazione, linfa vitale per il Paese.

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