Piano industriale tradito, il compenso di Marchionne sale

Piano industriale tradito, il compenso di Marchionne sale

Mirafiori è stato un diversivo, il vero problema è che non si vendono abbastanza automobili. Le recenti dichiarazioni e i commenti rilasciati alla stampa da Marchionne sullo spostamento negli Usa, giungono dopo che il manager italo-canadese ci aveva indotto a credere che il futuro della Fiat dipendesse interamente dall’accettazione o meno da parte dei lavoratori delle modifiche all’orario di lavoro e ai i premi. A dire il vero, il piano industriale presentato lo scorso anno da Marchionne per Fiat Auto definisce questi cambiamenti come «necessari» per risanare la “Fabbrica Italiana”. Ma forse si è issata questa bandiera per distrarre l’attenzione da altre questioni, ben più strategiche per valutare un management.

Alfa e Lancia, semplicemente, non stanno vendendo tante auto quante erano state preventivate e annunciate. Nel piano industriale 2006-2010, era previsto che nel 2010 l’Alfa e la Lancia avrebbero venduto entrambe 300.000 auto l’anno. Se ne stanno invece vendendo circa 100.000, esattamente come quattro anni fa. Anche con la migliore forza lavoro al mondo, non si può pensare di far profitti se viene venduto un terzo delle auto che si era prestabilito di vendere. L’altro grosso buco è la Cina, oggi il più grande mercato automobilistico mondiale. Là dove l’azienda dovrebbe star vendendo ormai 300.000 auto, non è neppure presente. E il problema non è solamente quello di una debolezza della domanda, la Fiat sembra essere anche al di sotto del proprio obiettivo di quota di mercato del l’11% in Europa Occidentale, perché la gente non è interessata a comprare Alfa o Lancia. Se l’Alfa e la Lancia avessero venduto in Europa 300.000 veicoli ciascuna, la quota di mercato della Fiat Auto sarebbe pari al 10,5%, invece dell’esiguo 7,7%. Che il quadro generale non sia brillante è un dato di fatto, ma una buona azienda riuscirebbe comunque a raggiungere il proprio obiettivo di quota di mercato.

Per dare un’idea di quanto un incremento nelle vendite possa fare la differenza, occorre tornare al piano 2006-2010. Lì, molto opportunamente, sono state indicate delle linee guida basilari per stimare una leva operativa. Se l’azienda venderà 400.000 auto in più, le mancate vendite Alfa e Lancia prodotte in Italia, questo determinerà un incremento dell’utile operativo di circa 750 milioni di euro. I punti qui sono due: primo, questi cambiamenti nelle condizioni di lavoro quanto faranno risparmiare di fatto ogni anno? Stando al rapporto 2009, i costi del personale dell’intero gruppo ammontavano a 6.810 milioni di euro. Questi cambiamenti dovrebbero quindi produrre un risparmio pari al 10% dell’intero costo del personale della Fiat per poter compensare i mancati volumi; stando ad una stima della Barclays, nel 2010 le attività in Italia hanno registrato una perdita di 684 milioni di euro. Quindi, se le vendite 2010 di Alfa e Lancia fossero andate come pianificato, l’Italia sarebbe redditizia.

Specialmente, dal momento che gli impianti italiani producono modelli con un più ampio e più alto margine. Inoltre, si fa un gran parlare di quanto la Polonia sia molto più produttiva dell’Italia. Il che può essere vero, ma a questo deve aver contribuito enormemente il fatto che l’impianto polacco stia lavorando al 93% della propria capacità, poiché produce un’auto che la gente di fatto vuole acquistare, ovvero la 500. Gli impianti italiani stanno lavorando, al massimo, al 65% delle proprie capacità. Pomigliano d’Arco che produce l’Alfa 147, la 159 e la GT sta lavorando solo al 14%. Cambiare le condizioni di lavoro non farà alcuna differenza. Il problema principale non è a livello produttivo, è a livello progettuale, di marketing e delle vendite.

L’ultima cosa che amareggia in tutto questo parlare di quanto i lavoratori debbano fare sacrifici è che nel 2009 sia stato pagato a Marchionne un premio di 1,3 milioni di euro sonanti e 500.000 azioni, che si sono andati a sommare a uno stipendio che ammonta a 3 milioni di euro. In un anno in cui l’azienda ha perso 800 milioni di euro e ha avuto un margine operativo del 2,1% invece che del 7%, previsto nel piano 2006. Sarò anche all’antica, ma i premi si danno quando si fanno utili e si raggiungono gli obiettivi che ci si è prefissati, specie se si tratta dell’amministratore delegato. Per aggiungere beffa al danno, il piano dei premi in azioni nel 2010 è stato innalzato da 8 milioni a 12 milioni, di cui 4 milioni sono per tenere in azienda il personale chiave fino a che il bilancio aziendale 2011 non sarà approvato, e 2 milioni vanno a Marchionne. Ai livelli attuali, ciò significa che Marchionne si prende azioni per un valore di 36 milioni di euro. Senza neanche tenere conto dei risultati. Eccessivo.

*Analista indipendente

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