Telecom ha un problema. A essere onesti lo condivide con gran parte del settore in Europa. Ma in dosi superiori. Il problema è se la politica di riduzione dei costi può compensare il declino dei ricavi in misura sufficiente a ridurre il debito e continuare a pagare dividendi. L’amministratore delegato Franco Bernabè risponde sì: è convinto che i ricavi ricominceranno a crescere presto. Il che renderebbe il titolo davvero a buon mercato in questo momento. Ma riuscirà a portare i risultati promessi, e in che modo?
Due cose rendono interessante il lavoro degli analisti che studiano Telecom. La prima è che la compagnia telefonica cambia incessantemente perimetro, con pezzi di azienda comprati e venduti. La seconda è che, di conseguenza, anche i piani cambiano costantemente con differenti obiettivi anno dopo anno. Proviamo a spiegarlo in modo semplice.
I ricavi erano 30,9 miliardi di euro nel 2007, ed erano attesi a 31 miliardi nel 2008 e poi in crescita dell’1-2% all’anno fino al 2010. Invece, stando ai dati appena approvati dal consiglio di amministrazione, nel 2010 si sono attestati a 26,7 miliardi (Argentina esclusa). In breve: un calo organico del 2,3% nel 2008, del 5,6% nel 2009 e del 4,4% nel 2010. Non proprio un segno di crescita.
Ma sforziamoci di essere buoni, ricordando che il quadro economico avverso ha ostacolato la compagnia. Quindi è meglio dare un’occhiata al margine operativo lordo (“mol” o all’inglese “ebitda”), alla generazione di cassa e al debito netto. L’ebitda è stato di 12,25 miliardi nel 2007 ed era previsto da Telecom a 12,3-12,5 miliardi nel 2010. Al 30 settembre 2010, la compagnia indicava un margine di circa 11,3 miliardi a fine anno, lo stesso dell’esercizio precedente, dopo un calo del 4,6% nel 2008 e dello 0,5% nel 2009. Qui, per lo meno, ci sono dei segnali di stabilizzazione, sebbene la compagnia abbia mancato i suoi obiettivi strategici. Per essere precisi, comunque, la compagnia ha annunciato un ebitda 2010 di 11,168 miliardi, in calo dello 0,2 per cento.
Anche il debito netto ci racconta una storia simile. Le previsioni del 2007 e del 2008 lo davano a 2,5-2,65 volte il margine operativo lordo, ma a questo punto sembra che nel 2010 – senza considerare il beneficio dal consolidamento dell’Argentina (+392 milioni) – si attesta a 2,85 volte (quindi peggiore). La compagnia, invece di dare una nuova stima del rapporto debito netto/mol, prevede che al termine del 2011 i debiti scenderanno a 29,5 miliardi da 31,468 miliardi a fine 2010.
Possiamo dunque dire che quest’anno il debito netto sarà ridotto di 2 miliardi? Prima di rispondere a questa domanda, andiamo all’ultimo aspetto importante, il cashflow, la generazione di cassa. Il piano 2009-2011 prevedeva un cashflow operativo di 22 miliardi per l’intero triennio, obiettivo che il piano 2010-2012 abbassa 21 miliardi. Niente paura. Quando è così, basta disegnare l’obiettivo dove la freccia ha colpito, e hai fatto centro!
La spesa per investimenti è un altro esempio di obiettivi cambiati. L’originario piano 2008-2010 metteva in conto 15 miliardi (per il triennio) ma alla fine sarà inferiore di circa 800 milioni. Peccato che nel frattempo i ricavi sono scesi del 20 per cento. Le previsioni successive dell’azienda stimano che l’incidenza della spesa per investimenti sui ricavi sarà del 13-13,5% nel 2011. Invece l’incidenza sarà più facilmente del 16-17%, come nel 2010. Gli interessi passivi netti saranno invece di circa 2,1 miliardi visto che la compagnia ha un debito lordo di 41 miliardi. Quanto alle tasse, nell’esercizio appena chiuso siamo intorno a 548 milioni, con un’aliquota effettiva del 13%, grazie a un beneficio fiscale non ricorrente in Brasile. È probabile quindi che quest’anno il peso della tassazione torni sui livelli del 2009 (1,1 miliardi).
A questo punto non ci dovrebbe essere più molta confusione. Ma resta il capitale circolante, che quest’anno avrà un effetto negativo sul debito di circa 600 milioni. Perché? Perché Telecom ha un capitale circolante negativo. Paga infatti i suoi fornitori solo dopo avere incassato dai clienti. Perciò, se i ricavi continuano a calare, l’effetto sul capitale circolante è negativo, e si traduce in un aumento del debito: nel 2009 l’impatto era stato di 2,1 miliardi e nello scorso esercizio ha determinato un aumento del debito di 1,3 miliardi. Non solo. Si stanno anche allungando i tempi di pagamento ai fornitori.
Tiriamo le somme. Riuscirà Bernabè a centrare la riduzione del debito netto a 29,5 miliardi alla fine di quest’anno? Guardando ai numeri e aggiungendoci i dividendi da pagare agli azionisti e la vendita di Etecsa (la partecipata cubana) per 365 milioni di euro, è più probabile che l’indebitamento netto scenda a 29,3 miliardi. Gli va dato atto che l’obiettivo è raggiunto. Adesso deve solo trovare delle poste straordinarie positive ogni anno.
*analista indipendente