Il rischio di un’estate all’insegna del caro benzina

Il rischio di un’estate all’insegna del caro benzina

In considerazione di quello che sta succedendo nel mondo arabo, il prezzo del petrolio è fin troppo basso: poco più di 100 dollari al barile, con proteste che scuotono perfino l’Arabia Saudita, oltre a un attacco aereo internazionale sulla Libia, ancora non è il prezzo che ci dobbiamo aspettare.

Forse sarà un caso, ma far iniziare le operazioni contro la Libia poco prima di un fine settimana ha consentito adesso di appianare alcune incertezze e riassorbire scossoni prima della riapertura del Nymex il lunedì successivo. Del resto, la produzione dalla Libia era già rallentata da giorni, e l’intervento alleato potrebbe risolvere questa situazione con mesi o anni di anticipo – alla maniera dei bombardamenti Nato sulla Serbia.

C’è poi l’effetto Giappone e della questione nucleare in generale. La tragedia della centrale di Fukushima, insieme all’arresto di sette vecchi impianti in Germania, a detta di alcuni potrebbe spingere in alto i prezzi del petrolio. In realtà, tra atomo e barile non esiste un collegamento così diretto: se si spegne una centrale, il sostituto più immediato per produrre energia è il gas. Anche qui, peraltro, l’effetto potrebbe essere limitato, visto che ci troviamo ormai in primavera e i consumi di gas sono in calo. Inoltre, la portata a livello globale del fermo di pochi impianti nucleari è minima.

L’incognita è rappresentata dalla situazione economica giapponese: a quanto pare, potrebbero servire circa sei mesi per il recupero. Prima della crisi il Giappone consumava 4,3 milioni di barili al giorno circa. È proprio la crisi di Tokio che, probabilmente, sta tenendo i prezzi bassi.

Il vero problema si colloca più a valle rispetto al petrolio, e riguarda la raffinazione della benzina. In Giappone la capacità di raffinazione era prima del terremoto di quattro milioni di barili al giorno; oggi è di soli 2,7 milioni, e ci vorrà ancora tempo perché recuperi. Anche il resto del pianeta, a livello di prodotti raffinati potrebbe avere problemi. In estate si consuma più carburante: per questo tra febbraio e marzo i depositi di prodotti raffinati raggiungono il massimo, per poi esaurirsi e toccare il minimo alla fine dell’estate. I depositi di benzina americani hanno toccato il massimo invernale a oltre 240 milioni di barili, rispetto a una media del periodo che oscilla tra i 220 e i 230. Nelle ultime settimane, forse a causa di un’imprevista impennata nel consumo, i depositi sono rientrati nella fascia di variazione tipica per marzo, sotto i 225 milioni di barili.

Se il problema del nucleare ha colpito il gas nella stagione più “innocua”, diverso è quello che potrebbe succedere per la benzina. Ci troviamo all’inizio della stagione in cui aumentano i consumi. Soprattutto adesso che l’economia era ripartita in tutto l’Occidente a livelli che non ci si aspettava.

Le newsletter de Linkiesta

X

Un altro formidabile modo di approfondire l’attualità politica, economica, culturale italiana e internazionale.

Iscriviti alle newsletter