Caro Vendola, giù le mani dalla Madonnina

Caro Vendola, giù le mani dalla Madonnina

Neppure Craxi, che era Craxi, si sarebbe buttato sul palco del Duomo a vittoria conclamata, prendendosi i meriti di una cavalcata straordinaria. Li avrebbe lasciati al suo sindaco, e semmai rivendicati a Montecitorio. Quando ho visto che Vendola capitalizzava pro domo sua la vittoria di noi milanesi, sudata e voluta, evocando addirittura Palazzo Chigi, mi sono leggermente girate le scatole, come diciamo dalle nostre parti.

Ci ho dormito su, ma oggi continua a darmi molto fastidio, come se un corpo estraneo alle nostre fatiche, si fosse impossessato del giorno più bello della storia milanese di questi ultimi vent’anni.
Vendola non ha avuto rispetto dei nostri sentimenti più interiori, ha mancato di tatto, ha preteso che lo seguissimo nella sua foga immaginifica, ci ha privati di quella discrezione anche un po’ borghese che oggi è richiamata da Carletto Tognoli quando parla del socialismo riformista che ha accompagnato Milano per molti e molti anni. Insomma, si è intrufolato nelle nostre anime senza averne titolo. Per dirla alla Pannella, è stato un falsario di verità.

Ieri, a caldo, siamo stati turbati dalla sua demagogia narrativa, che ha fatto velo sul resto. Quello spalancare tutto e tutti “ai fratelli e alle sorelle rom”, quell’evocare insistentemente dopo pochi secondi “i fratelli musulmani, che sono i benvenuti in tutta Italia…”, ebbene ci sembravano una forzatura inopportuna, tanto che di getto molti elettori di sinistra hanno manifestato il loro disagio per quelle parole sin troppo immediate, persino troppo studiate nel giorno in cui Milano era stata liberata.

Da qui, la domanda che si è posta Linkiesta: ma se Vendola avesse parlato così già in campagna elettorale (e così non lo ha mai fatto), Pisapia avrebbe vinto? I dubbi sono legittimi.
Ma lo scandalo non è qui, sta altrove. Lo scandalo è stato appropriarsi indebitamente di un sogno partito, in solitario, quando Giuliano Pisapia, una bella mattina di giugno 2010, se ne esce così alle agenzie: «Mi candido alle primarie del Pd come candidato sindaco di Milano». Incredulo, confesso di averlo chiamato qualche giorno dopo. Gli chiedo ragione di un passo così impegnativo e Giuliano con grande serenità mi parla dell’esigenza di mettersi a disposizione della sua città. «Mi pare che questo sia il momento», ricordo ancora le sue parole. E ricordo bene anche la mia domanda: «Ma ne hai parlato con qualcuno?» «Assolutamente, ho deciso in totale solitudine, Vendola non ne sa nulla». «E il Pd si è fatto sentire?», aggiungo io ingenuo. «Secondo te?», fu la risposta. Seguirono lunghi giorni di ulteriore silenzio da parte di Bersani, rotto dalla comunicazione che il Partito Democratico aveva scelto Boeri. Complimenti.

Ma ritorniamo a oggi. Vendola è stato certamente un buon volano per Pisapia, nessuno lo nega. Ma è stato proprio decisivo? Secondo i sondaggi Swg commissionati proprio dal nuovo sindaco, le novità clamorose che emergono dal voto sarebbero due (e ne parla diffusamente il Corriere della Sera): la prima, più nota, è che buona parte della borghesia tradizionale (èlite finanziarie e industriali) si è pronunciata per Pisapia, l’altra racconta che gran parte degli elettori laureati (30 punti di differenza) e dei lavoratori autonomi (17 punti di differenza) ha decisamente scelto l’avvocato milanese, sotterrando le ambizioni della Moratti. Sono – queste – categorie vicine a Vendola? Evidentemente no. Ma sono state le categorie che hanno spostato gli equilibri e permesso a Pisapia di vincere.
Ecco perché, su quel palco di piazza del Duomo Nichi Vendola non ci doveva stare. Perché è un falso storico.