«Abbiamo perso» ammette Silvio Berlusconi ai margini di un vertice bilaterale a Bucarest. «L’unica strada è tenere i nervi saldi e fare le riforme. Ho avuto l’ok di Bossi, si va avanti». Il Cavaliere si prepara al day after. I sondaggi in mano al premier nei giorni scorsi avevano già evidenziato una possibile sconfitta ai ballottaggi, ma il risultato è stato peggiore delle più pessimistiche ipotesi. Un tracollo: dieci punti di differenza tra Letizia Moratti e Giuliano Pisapia a Milano. Addirittura trenta tra Gianni Lettieri e Luigi de Magistris a Napoli. Da oggi il presidente del Consiglio proverà a contenere i danni. Di ritorno dalla Romania presenzierà a Palazzo Chigi il Consiglio dei ministri. In serata – l’appuntamento è alle 20 – riunirà a Palazzo Grazioli l’ufficio di presidenza del Popolo della Libertà.
La nuova fase politica studiata dal Cavaliere ha due priorità. La prima, in ordine di importanza, è la nuova azione di governo. Berlusconi l’aveva ripetuto negli ultimi giorni: le amministrative non avranno conseguenze sulla tenuta dell’Esecutivo. Per dimostrarlo, da domani è prevista un’accelerazione sui due dossier a cui il premier tiene di più. Fisco e Giustizia. Due riforme che, se riuscissero a vedere la luce in tempi relativamente brevi, potrebbero aiutare il Pdl nella campagna elettorale per le prossime politiche.
La seconda priorità è il partito. I collaboratori di Silvio Berlusconi non escludono che nei prossimi giorni il premier possa giocare un colpo ad effetto. «Magari un nuovo Predellino» spiega un fedelissimo del Cavaliere. Sicuramente durante l’ufficio di presidenza di domani sera si parlerà degli Stati generali del Pdl. Una grande assise degli eletti – in programma già nei prossimi mesi – che possa dar vita a una nuova organizzazione del partito. Su questa necessità, all’interno del Pdl sono tutti d’accordo. Lo conferma il vicepresidente dei deputati berlusconiani Maurizio Bianconi, commentando a caldo i risultati dei ballottaggi: «Adesso mettiamo mano all’organizzazione del partito – racconta – Un passaggio fondamentale. Dobbiamo assestare la macchina, dando vita a un organismo che riesca a esprimere regole, premi e sanzioni». Qualcuno, come il ministro degli Esteri Franco Frattini, parla apertamente di primarie, «vero meccanismo trasparente e regolato per evitare la balcanizzazione del Pdl». Persino il segretario di presidenza del Senato Lucio Malan – solitamente più “allineato” – chiede il rinnovamento: «I risultati delle elezioni non possono lasciare dubbi. Bisogna rifondare il Pdl, magari con un nome che non sia una sigla impronunciabile, con meno correnti e più dibattito di idee».
Di certo, andrà rivisto il modello dei tre coordinatori nazionali. Anche alla luce dell’addio di Sandro Bondi. Poco dopo la chiusura dei seggi, l’ex ministro ha formalizzato le sue dimissioni: «Ritengo che da questo momento – le sue parole – il presidente Berlusconi debba ricevere non solo la più ampia fiducia e solidarietà ma soprattutto la assoluta e incondizionata libertà di decisione e di iniziativa per quanto riguarda il futuro del partito».
Alla riunione di domani sera i big del Pdl affronteranno anche la questione Lega Nord. Dal rapporto con il Carroccio dipenderà con ogni probabilità il destino dell’Esecutivo. Senza troppi giri di parole, a via Bellerio qualcuno ha già accusato il Popolo della libertà della sconfitta elettorale. Matteo Salvini, l’uomo della Lega a Milano, è stato piuttosto esplicito: «In cinque anni di amministrazione la Lega è passata da 22mila voti a 60mila. Il Pdl da 250mila e 170mila». Silvio Berlusconi dice di aver già parlato con Umberto Bossi. E di aver ricevuto rassicurazioni sul futuro del Governo. Eppure da Montecitorio raccontano che i leader leghisti avrebbero già chiesto al premier – come contropartita per restare fedeli all’alleanza con il Pdl – almeno l’indicazione del suo successore. Ipotesi a cui il Cavaliere, per il momento, sembra non voler nemmeno pensare.
La maggioranza è a rischio? Il capogruppo alla Camera Fabrizio Cicchitto non nasconde la tensione: «Bisogna tenere i nervi a posto». Un dirigente del Pdl a Montecitorio confida: «Adesso speriamo che nessuno faccia colpi di testa». Di certo non c’è solo la Lega a preoccupare i berlusconiani. Tanti i fronti interni. Numerosi i soggetti che potrebbero creare qualche problema alla tenuta della maggioranza. Ci sono gli ex An raggruppati attorno al sindaco di Roma Gianni Alemanno e al sottosegretario Andrea Augello. Pronti – rivela qualcuno – a chiedere la formazione di un nuovo gruppo parlamentare. Ma ci sono anche gli uomini di Claudio Scajola. Al termine del primo turno l’ex ministro aveva espressamente chiesto a Berlusconi maggiore considerazione (sarebbe in via di definizione un suo ingresso al coordinamento del partito). Ieri Antonio Martino, tessera numero 2 di Forza Italia e vicepresidente della fondazione scajoliana Cristoforo Colombo ha lanciato l’affondo: «Il Pdl – la sua dichiarazione – non può basarsi solo sul carisma personale di Berlusconi».