Pisapia il garantista: la sua riforma avrebbe salvato Dell’Utri?

Pisapia il garantista: la sua riforma avrebbe salvato Dell’Utri?

«Nel maldestro tentativo di rimediare al grossolano errore della Moratti, il centrodestra si complica ulteriormente la vita accusando Pisapia di aver frequentato brutte compagnie». Qualche giorno fa il segretario dei Comunisti italiani Oliviero Diliberto difendeva così, a Milano, il candidato sindaco del centrosinistra. E ancora: «Non ci risulta che Pisapia avesse uno “stalliere” mafioso come Mangano. Non ci risulta che il principale collaboratore di Pisapia sia stato condannato per concorso esterno in associazione mafiosa come Dell’Utri».

Una citazione quanto mai sfortunata. Perché, almeno in area Pdl, uno dei maggiori estimatori di Giuliano Pisapia è proprio il senatore Marcello Dell’Utri. Il fondatore di Forza Italia lo ha ribadito pochi giorni fa in un’intervista al quotidiano online Lettera43. «Pisapia è una persona per bene – ha spiegato – un garantista. Mi è spiaciuta la gaffe della Moratti durante il faccia a faccia su Sky».
A ripercorrere la storia politica del candidato sindaco di Milano, è facile scoprire che le sue posizioni in tema di giustizia hanno conquistato la simpatia non solo di Dell’Utri, ma anche di buona parte dell’elettorato liberale. «Un garantista di quelli veri, ma veri-veri», lo aveva definito all’indomani della sua candidatura a primo cittadino il giornalista Filippo Facci.

In passato Pisapia ha condiviso l’idea della separazione delle carriere e il divieto di appello in caso di assoluzione. Tra le tante battaglie di principio, spicca quella per l’abolizione del reato di concorso esterno in associazione mafiosa. Le cronache del Parlamento ricordano persino una proposta di legge in materia. Un progetto che, se fosse andato in porto, avrebbe forse risparmiato a Marcello Dell’Utri i sette anni di condanna della corte d’Appello di Palermo (in attesa di una sentenza della Cassazione).

«Il concorso esterno in associazione mafiosa è un reato che che neppure esiste – aveva spiegato Pisapia nel 1996, quando era presidente della commissione Giustizia della Camera – Il frutto di una dilatazione interpretativa del concorso». Risale al giugno del 2001, invece, la presentazione di una proposta di legge ad hoc. La 854 della XIV legislatura: «Introduzione dell’articolo 378-bis del codice penale in materia di favoreggiamento o agevolazione delle associazioni di tipo mafioso».

Una norma studiata di punire coloro che «non essendo organicamente inseriti nell’organizzazione criminale, pongono in essere condotte che, anche indirettamente, ne agevolano o favoriscono l’attività». Pensata per ridurre le incertezze legate all’applicazione del codice penale, che talvolta hanno determinato «la contestazione del concorso esterno in associazione mafiosa – si legge nel preambolo della proposta di legge – nei confronti dei medici responsabili di aver curato persone successivamente ritenute partecipi ad un’associazione mafiosa o di sacerdoti per aver pestato assistenza spirituale alle medesime persone».

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