Dopo un lungo vertice a Palazzo Chigi, la maggioranza sembra essersi ricompattata. In vista del voto in Parlamento sulla missione in Libia, Pdl e Lega hanno trovato un’intesa: l’intervento nel paese nordafricano può proseguire, a patto che il governo si impegni a fissare una data per il termine delle operazioni. Tutti d’accordo, tranne gli automobilisti. Che rischiano di doversi sobbarcare l’onere finanziario della campagna militare.
L’aveva annunciato una settimana fa il ministro per la Semplificazione legislativa Roberto Calderoli: «L’evoluzione della nostra partecipazione alla missione libica porterà a nuove rilevanti spese. A un aumento delle tasse o delle accise sulla benzina». Rincari sul carburante che lo stesso titolare dell’Economia Giulio Tremonti – così raccontano i bene informati – in Consiglio dei ministri aveva sempre proposto come unica fonte di finanziamento dell’intervento.
La Lega Nord tranquillizza i cittadini. Poche ore fa, uscendo dal vertice di maggioranza, il capogruppo del Carroccio alla Camera Marco Reguzzoni ha confermato che le operazioni in Libia non comporteranno l’introduzione di nuove tasse. I soldi per finanziare il nostro impegno militare arriveranno da «una razionalizzazione delle missioni italiane all’estero». Il dubbio resta. Anche perché il ministero della Difesa ha pianificato la riduzione dei nostri contingenti da tempo. Una decisione strategica – ha spiegato ieri il ministro Ignazio La Russa – presa d’accordo con i nostri alleati. Ben prima che l’Italia prendesse parte alla missione in Nordafrica. Resta il fatto che prima di oggi nessun finanziamento è stato ridimensionato.
L’ipotesi di finanziare la missione in Libia aumentando le accise sul carburante è ancora in piedi? I rappresentanti dei gestori dei distributori non nascondono la preoccupazione. «Tutto il settore – racconta Fabrizio Parrotta, segretario nazionale della Figisc – chiedeva da tempo di abbassare la tassazione sulla benzina. Ma finora il governo ha fatto tutto l’opposto. E adesso ci troviamo anche con il problema della missione in Libia».
Il prezzo della benzina potrebbe crescere di un paio di centesimi a litro. Un aumento non marginale, considerato che già oggi la componente fiscale sul carburante è pari a 0,83 euro/litro (0,5713 euro di accisa e 0,258 di Iva). È il risultato di una serie di piccole tasse di scopo accumulate negli anni. La prima – pari a 1,90 lire – risale addirittura al 1935. Un balzello introdotto per finanziare la guerra in Abissinia. Dal regime fascista alla Repubblica: 14 lire per la crisi del canale di Suez del 1956; 10 lire per il disastro del Vajont del 1963; 10 per l’alluvione di Firenze del 1966. Una parte delle imposte serve per far fronte ai terremoti del Belice, Friuli e Irpinia. Un’altra per finanziare le missioni militari in Libano (1983) e Bosnia (1996). «Tutte tasse – spiega il Codacons – introdotte in via temporanea, ma che non sono mai state tolte».
L’ultimo incremento di prezzo risale a meno di un mese fa. Il 6 aprile scorso il governo ha stabilito un ulteriore aumento dell’accisa su benzina e gasolio per finanziare il mondo della cultura e dello spettacolo. Pochi spiccioli, per carità. E poi, come ha sottolineato il sottosegretario Gianni Letta in quei giorni: «Tutti gli italiani saranno lieti di fare questo minimo sacrificio, che non incide in maniera significativa sul portafoglio di nessuno».
Non sono d’accordo le associazioni dei consumatori. «A pagare le conseguenze – continua il Codacons – non saranno solo gli automobilisti. Nessuno pensa alle ripercussioni di queste politiche: se aumenta il prezzo della benzina, aumenta anche il costo dei beni trasportati su gomma. Passino le tasse di scopo che hanno una ricaduta positiva sul Paese, specie in termini di migliori servizi per i cittadini. Ma investire nella missione in Libia a chi giova?».