«La gente è stanca della vessazione fiscale, è ora di fare la riforma». Parole di oggi, parole di Silvio Berlusconi. Diciassette anni fa il primo annuncio. «Arriverà l’aliquota unica al 33%». Era il 1994 e Silvio Berlusconi si affacciava per la prima volta sulla scena politica italiana. Oggi l’ultimo rilancio, l’ennesimo di lunga lista. Eppure, guardando il calendario, non devono stupire queste dichiarazioni. In tempo di elezioni, ogni promessa è valida. E quelle sulle imposte sono sempre le più funzionali allo scopo ultimo: vincere la tornata elettorale.
Oggi l’ufficio di presidenza del Pdl si è riunito per definire la via da seguire per vincere i ballottaggi elettorali. E come sempre tornano i leit motiv della presidenza Berlusconi. Tasse, piano per il Mezzogiorno, riduzione dei costi della politica: sono questi i temi ricorrenti del Governo di cui nell’ultimo decennio continua a promettere la realizzazione senza metterla poi in atto. Il tutto spesso in contrasto con il ministro dell’Economia, Giulio Tremonti.
Il bilancio della riforma fiscale, la rivoluzione che fin dalla sua discesa in campo è stato il primo punto di Berlusconi, non è roseo. Nel Contratto con gli italiani, la previsione era quella un’esenzione sotto gli 11.362 euro e poi due aliquote: 23% sotto i 103.290 euro e 33% al di sopra. A dieci anni di distanza, l’esenzione è sotto i 4.800 euro per i lavoratori autonomi e sotto gli 8.000 per i dipendenti, le aliquote sono cinque, dal 23% al 43% per chi supera i 75.000 euro. Ma non solo la promessa delle aliquote non è stata rispettata. Anche la pressione fiscale è aumentata nell’ultimi decennio. A certificarlo è l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse) che, per l’ultimo anno, ha registrato un carico tributario superiore del 43,5%, in rapporto al Prodotto interno lordo (Pil), per il nostro Paese. Un valore che ci garantisce il terzo posto dei più tartassati dell’area Ocse. Dieci anni fa, la quota era del 42,5%, sempre secondo l’organizzazione parigina. Quindi, non solo le tasse non sono state abbassate, ma sono perfino aumentate di un punto percentuale. E oggi il presidente del Consiglio nazionale dei commercialisti, Claudio Siciliotti, durante l’assemblea nazionale di Roma, ha rimarcato come la strada verso un fisco virtuoso sia ancora lunga. «La pressione fiscale reale in Italia è giunta al 51,63% e non ci sono segnali di miglioramento nei prossimi anni», ha detto Siciliotti.
Gli ostacoli alla rivoluzione fiscale tanto decantata da Berlusconi e Tremonti non sono stati pochi, almeno nelle loro parole. In primis troviamo la crisi finanziaria internazionale. Eppure, ogni recessione è foriera di opportunità di cambiamento, di trasformazioni. Caso più unico che raro è quello italiano: non solo abbiamo continuato, nonostante un’ampia maggioranza di governo, ad adottare «lo stesso sistema fiscale del 1971», come ha ricordato Paolo Bonaiuti, sottosegretario alla presidenza del Consiglio, nei primi giorni del gennaio 2010. Ma abbiamo anche evitato come la peste tutte le riforme possibili. Eppure, dopo le parole di Bonaiuti, qualcosa sembrava essersi smosso. Passa una settimana e arrivano le repliche di Berlusconi, «riforma fiscale e semplificazione entro fine anno», e Tremonti, «la riforma fiscale arriverà nel 2013». E in queste ore si continua a parlare di questa chimera. L’ultimo in ordine temporale è stato il ministro del Lavoro Maurizio Sacconi: «La riforma è sostanzialmente pronta e sarà strutturata su una fiscalità del salario collegata ad aumenti di produttività».
Sono passati quasi diciassette anni e svariate legislature da quel 1994 in cui un’imprenditore di successo decise di entrare in politica. Diciassette anni in cui la pazienza del bacino primigenio di Berlusconi, il mondo imprenditoriale, è andato sempre più assottigliandosi. Colpa delle promesse mancate, piuttosto che del malgoverno. E non c’è peggior aspettativa inattesa di quella che colpisce il portafoglio, specie durante la maggiore crisi economica dal Secondo dopoguerra. Qualcosa è stato fatto con l’ultimo decreto Sviluppo dello scorso 5 maggio: 18 mosse volte a semplificare la vita fiscale delle imprese. Tuttavia, si tratta di un gesto simbolico. Rimane da fare la rivoluzione fiscale. Oggi è arrivato l’ennesimo annuncio. Come sempre, saranno i fatti a parlare.