La fine del carbone «pulito» per l’Italia? Una scelta che farà discutere la sentenza della sesta sezione del Consiglio di Stato che ha dichiarato illegittimo il decreto con cui il 29 luglio 2009 il ministero dell’Ambiente ha dato parere positivo sulla compatibilità ambientale al progetto di riconversione a carbone della centrale Enel di Porto Tolle (nel cuore del Parco del delta del Po, in provincia di Rovigo). I giudici hanno annullato il decreto accogliendo un ricorso presentato da Wwf, Greenpeace, Italia Nostra e una serie di associazioni di operatori del turismo e di cittadini della zona di Porto Tolle. La sentenza ribalta l’esito del verdetto del Tar del Lazio, che il 6 giugno dello scorso anno aveva inizialmente respinto il ricorso delle associazioni ambientaliste e degli operatori del turismo.
Nella sostanza il Consiglio di Stato ha bocciato le scelte del Ministero dell’Ambiente in tema di Valutazione d’impatto ambientale (Via), una procedura obbligatoria per individuare, descrivere e valutare gli impatti ambientali prodotti dall’attuazione di un determinato progetto. Contro la decisione, pubblicata il 23 maggio, la Regione Veneto e i lavoratori della centrale di proprietà di Enel che con l’amministratore delegato Fulvio Conti ha dichiarato che «continueremo a lavorarci. Ci sono spazi di manovra per portare avanti questo progetto nonostante l’atarassia dell’amministrazione italiana».
Lo stesso Conti che risulta indagato (insieme a Leonardo Arrighi, ad di Enel Produzione) nel filone d’inchiesta della Procura rodigina sulla riconversione a carbone dell’impianto con dieci componenti della commissione Via nazionale e di quella regionale. Nel mirino dei magistrati vi sarebbero le procedure e i documenti che hanno permesso alle commissioni di dare l’ok alla riconversione. Un’indagine separata da quella dei giudici amministrativi di Roma che verte su due aspetti: progressivo aumento delle malattie respiratorie e cardiovascolari e la presunta correlazione tra il consumo di olio combustibile (con la quale si alimentava la centrale) e alcune morti anomale nella zona circostante Porto Tolle.
Una vicenda complicata nella quale Regione Veneto ha preso le parti di Enel, fino a spingere il Presidente Luca Zaia a dire che «il Veneto vuole la riconversione della centrale di Porto Tolle». Anche se nella sentenza si mette l’accento su l’omessa e viziata valutazione tra l’alimentazione dell’impianto a gas metano e quella a carbone: in pratica non si è affatto dimostrato che il carbone risulta preferibile dal punto di vista ambientale. Piuttosto, dai pareri espressi a suo tempo sul progetto dall’Agenzia per la protezione dell’ambiente del Veneto e della Commissione regionale sulla Via, emergono evidenze contrarie. Come la violazione della legge regionale del Veneto (n. 36/1997) che consente l’alimentazione degli impianti nei Comuni del Parco del delta del Po soltanto con gas metano o con una fonte alternativa di pari o minore impatto ambientale.
In pratica la giunta della Regione Veneto non rispetta una legge scritta proprio dalla Regione per tutelare il Parco. Ma c’è di più: per favorire la conversione al carbone «pulito» la Regione forza la mano con due delibere. Nel primo caso a luglio 2009 nell’autorizzazione alla costruzione la Giunta dà parere positivo rispettando alcune prescrizioni, concetto ribadito anche dalla delibera successiva (marzo 2010) con le parole «si esprimeva favorevolmente sulla compatibilità del progetto rispetto delle prescrizioni formulate». Peccato che le prescrizioni sono state apertamente non rispettate dal Ministero dell’ambiente nel decreto del 29 luglio 2009 e da qui la secca bocciatura del Consiglio di Stato.