Per la prima volta, l’azione della Banca d’Italia è stata troppo aggressiva. La Popolare di Milano non è così messa male, almeno non quanto i recenti articoli sulla stampa lascerebbero intendere. Piazza Meda gode di 3,9 miliardi di euro di mezzi propri. Scremando gli asset intangibili, i crediti per le imposte differite e i Tremonti bond, la cifra scende a 2,1 miliardi di euro, cioè il 3,8% degli asset totali.
Un livello effettivamente molto basso, ma simile al 4% di Mps dopo l’aumento di capitale. Aggiungendo però gli effetti dell’aumento di capitale da 1,2 miliardi di euro e del convertendo, i mezzi propri crescono a quota 3,7 miliardi, il 6,7% degli asset: tra i livelli più elevati dell’intero sistema bancario italiano. Sebbene non sia così scontato che la banca guidata da Massimo Ponzellini necessiti di 1,2 miliardi di mezzi freschi, con 600 milioni di euro probabilmente ritornerebbe allo stesso livello dei suoi pari.
Come va il coefficiente di patrimonializzazione Tier 1 ratio? Attualmente è pari al 7% escludendo le azioni privilegiate, e scenderà al 5,8% dopo aver restituito i Tremonti bond. Ma la vendita di Bpm Vita aggiunge 44 punti base al Tier 1 e insieme all’aumento di capitale porta il suo livello al 9,2%, non incluso il convertendo. E le attività ponderate per il rischio, inoltre, sono il 69% dell’attività totale, rispetto al 45% di Monte dei Paschi. Se faccio scendere gli asset a rischio, che direi è possibile guardando al portafoglio prestiti, il Tier 1 sale al 13.9%. Ancora una volta sembra che il maxi aumento di capitale renderà la Popolare di Milano più forte rispetto ai competitor.
Da ciò che è trapelato finora, è evidente che a spaventare Bankitalia sono proprio i prestiti. Le sofferenze lorde e gli incagli di Piazza Meda ammontano a circa un miliardo di euro ciascuno. Ma le sofferenze nette iscritte a bilancio, 500 milioni di euro, sono il 24% del patrimonio tangibile, una misura più ridotta rispetto al 96% di Rocca Salimbeni.
Considerando uno scenario in cui tutti gli incagli netti diventassero sofferenze, la Popolare di Milano avrebbe le sofferenze al 65% del capitale. Ancora una volta, meglio di Mps. C’è qualcos’altro di nascosto nel bilancio? Lo scorso 7 giugno, la banca ha confermato che «il bilancio annuale 2010 e la prima trimestrale 2011 riflettono già le osservazioni dell’organo di vigilanza».
Davvero un amministratore delegato può compiere un’affermazione del genere dopo un’ispezione della Banca d’Italia se il bilancio non è al posto? E, non era forse meglio, qualora i problemi fossero più profondi del previsto, renderlo noto al mercato prima di deliberare un aumento di capitale?
La vera questione, per Bpm, sta nella sua liquidità. La posizione debitoria interbancaria è pari all’8,6% degli asset alla fine del 2010, risultando a quota 5,8% alla chiusura del primo trimestre 2011, per un debito totale di 3,2 miliardi di euro. Numeri ben poco salutari. Nella nota di bilancio, tuttavia, l’istituto ha spiegato che 3,3 miliardi nel portafoglio trading sono finanziati da operazioni di pronti contro termine o con la Bce. Tolte queste operazioni, la posizione debitoria interbancaria risulterebbe a quota 122 milioni di euro. Sembrerebbe che, semplicemente chiudendo o riducendo le operazioni repo, la Bpm risolverebbe gran parte dei suoi problemi di liquidità. Se la liquidità non c’è, è infatti piú efficace ridurre le posizioni che fare un aumento di capitale, per risolvere problemi di solvibilità.
In conclusione, non sembrano esserci buone ragioni per porre un aumento di capitale così rilevante: 600 milioni di euro bastavano e avanzavano.
*analista indipendente