“Con Pisapia la sinistra si è accorta che esistiamo”

“Con Pisapia la sinistra si è accorta che esistiamo”

Secondo le prime rilevazioni sugli elettori che hanno portato alla vittoria Giuliano Pisapia, emerge che molti appartengono alla categoria, piuttosto ampia, degli autonomi di seconda generazione. Non commercianti né contadini, ma professionisti non protetti da albi, partite Iva che cercano di farsi sttada con le proprie conoscenze. Nel manifesto di Acta (Associazione Consulenti Terziario Avanzato), presieduta da Anna Soru, si definiscono «quelli più moderni, figli di un sistema chiamato “postfordismo”». Secondo l’opinione comune, votano a destra. Stavolta, però, la loro preferenza è andata a Pisapia.

Anna Soru, ci può spiegare questo cambiamento di rotta, da parte dei lavoratori autonomi?
Direi che non si tratta di un cambiamento di rotta. E lo dico perché ritengo che sia sbagliato pensare che i lavoratori autonomi siano di destra. O che lo siano stati prima e che poi abbiano cambiato.

Però non si può dire che fossero di sinistra.
No, esatto. Il nuovo lavoro autonomo non era mai stato intercettato da nessuna delle due parti, in passato. Da sinistra, ci accusavano di essere evasori fiscali. Da destra, non hanno mai applicato leggi a nostro favore. Hanno perlopiù fatto condoni, che ai lavoratori autonomi non hanno portato vantaggi di nessun tipo.

Ma qualcosa dev’essere cambiato, nel frattempo. Almeno da parte della politica.
Si qualcosa sì. Penso a Veltroni, qualche anno fa. Ha contribuito a cambiare un po’ la percezione che c’era a sinistra, aprendosi alle nostre esigenze, ed esprimendosi in modo positivo sul lavoro autonomo. C’è stata anche una certa autocritica. Penso anche a Giuliano Amato: ha affermato che la sinistra non era stata in grado di capirci.

E per questo molti autonomi, a Milano, hanno scelto Pisapia?
Non prenderei il voto locale come una scelta indicativa. Le motivazioni possono essere state molteplici, diverse, personali. Non siamo un gruppo omogeneo. Quello che è certo, è che si tratta di un elettorato attento, che guarda con attenzione e poi decide. Ma, ripeto, non prenderei il voto locale di Milano come un esempio di politica. Siamo un elettorato mobile.

Però qualcosa avrete visto in Pisapia, per decidere?
Di sicuro, ci ha ascoltati. Questo è stato importante. Abbiamo fatto anche un incontro, Non si è parlato di incarichi in modo assoluto. Né di rappresentanza, né di partecipazioni a consulenze o commissioni. Si può dire che Pisapia sia stato attento alle nostre esigenze. Ha prestato orecchio. Una cosa che la sinistra ha cominciato a fare prima della destra, senza dubbio. Anche perché, avendo perso le elezioni, aveva bisogno di cercare una nuova sintonia con l’elettorato. E di conoscerlo meglio.

E la destra non ha fatto nulla?
Gli esponenti della sinistra, durante queste elezioni, ci hanno contattato diverse volte. Per incontri, o riunioni. La destra mai. Nessuno.

Ma che interessi può avere il lavoratore autonomo sulla politica locale?
È chiaro che le nostre istanze non possano venire risolte a livello locale. Però si può dire che ci sia un movimento da parte della cittadinanza che ha provato a fare qualcosa per il programma. Di sicuro, per noi è un vantaggio se si migliorano le iniziative culturali, se Milano torna a essere capace di attirare i talenti, di evitare che vadano via. E poi, come categoria, Pisapia ci ha ascoltato. Adesso vediamo.

Ma secondo lei si può parlare di un nuovo spirito della classe degli autonomi, in cui prevale il senso di cittadinanza rispetto a quello professionale?
Nel caso delle elezioni di Milano, il senso di cittadinanza è stato importante. L’elettore, come le ho detto, è attento. Ma non ne trarrei spunti più ampi. La realtà è più complessa, le questioni sono molto più ampie per essere comprese in un quadro locale.

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