Gheddafi sempre più solo. Nel giorno del suo compleanno

Gheddafi sempre più solo. Nel giorno del suo compleanno

Per la prima volta dall’inizio della missione in Libia, i bombardamenti aerei hanno colpito Tripoli durante il giorno. Hanno provocato una decina di morti (secondo fonti, non confermate, provenienti da ambienti vicini al colonnello) e un incendio nella zona di Bab Al-Azizyia, dove si trova il bunker del colonnello.

Da lì, per ore, è salita una colonna di fumo che ha offuscato il cielo della capitale libica: un presagio negativo per Gheddafi. Che, però, non si vuole arrendere: «Rimarrò a Tripoli vivo o morto», ha dichiarato in un messaggio audio alla televisione di regime al Jamahiriya. E poi ha chiamato a sé la popolazione libica, per riunirsi attorno al suo compound e dimostrare, con il loro coraggio, che non temono l’artiglieria degli alleati. Subito dopo il suo messaggio, i raid aerei hanno ripreso a colpire Tripoli, in quelle che sembrano, ormai, le ultime ore per il presidente libico.

La morsa, del resto, si sta facendo sempre più stretta anche sugli altri fronti. Oltre al fuoco aereo, la Ue ha deciso da Bruxelles di estendere sanzioni anche su altri sei porti libici (Tripoli, Zuara, Zawiyah, Al-Khoms, Ras Lanuf e Brega). Sono scali che potranno essere utilizzati solo per ragioni umanitarie.

Si rafforza in questo modo l’isolamento economico del regime, e anche l’Algeria ha deciso di congelare i beni di Muammar Gheddafi e della sua famiglia. Una mossa significativa non dal punto di vista economico (le riserve della famiglia del raìs in Algeria sono esigue) ma importante sul piano politico. L’Algeria era sospettata di essere un regime amico del colonnello, e di avere inviato rinforzi contro le armate dei ribelli. Un’accusa sempre smentita e mai confermata. Ora, però, anche Algeri scarica Gheddafi.

Intanto anche il governo del colonnello si sfalda. L’ultimo ad abbandonare la nave è il Ministro del Lavoro libico Al Amin Manfur, che da Ginevra annuncia il suo addio al raìs. «Il regime di Gheddafi è ormai finito. I suoi metodi immorali. Mi son chiesto che senso avesse continuare a rappresentarlo», spiega, mentre passa agli insorti, ai quali dichiara la sua simpatia e solidarietà.

Dal canto loro, le truppe dei ribelli chiudono il cerchio all’assedio a Gheddafi, e sono sempre più vicine. Dopo aver messo in fuga le truppe del raìs a Jabal el Gharbi, si sono riuniti nella città di Yefren, a 100 kilometri da Tripoli e si preparano a sferrare l’attacco finale, marciando sulla capitale libica.

Il futuro di Gheddafi è sempre più scuro. E oggi, che è la data prescelta per il suo sessantanovesimo compleanno (Gheddafi è nato nel deserto, in un giorno e in un luogo sconosciuti), la sentenza su di lui arriva dalla Casa Bianca, nelle parole del presidente Barack Obama insieme al cancelliere tedesco Angela Merkel: «la partenza di Gheddafi è questione di tempo», dice. Lui, dal suo bunker bersagliato dalle bombe, continua a dire di no. 

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