Tempo di vacanze per la scuola italiana. Sabato prossimo quasi tutti gli istituti del Paese sospenderanno le lezioni per la pausa estiva. Mentre gli studenti – esclusi quelli impegnati con gli esami – torneranno in aula a settembre, diverse migliaia di insegnanti resteranno a casa. Anche in autunno. Per l’anno scolastico 2011-12 il Governo ha deciso di tagliare 20mila posti per il corpo docente e 15mila per l’organico Ata (amministrativi, tecnici e ausiliari). Nessuna novità. La sforbiciata era già prevista dal decreto 112 del 2008 – convertito dalla legge 133/2008 – nella parte relativa alle disposizioni in materia di organizzazione scolastica. Un «processo di razionalizzazione» del settore che in tre anni ha già interessato 130mila posti di lavoro.
Dall’anno scolastico 2008/09 gli insegnanti si sono visti tagliare 87.400 posti, pari all’11,9 per cento del totale. Una riduzione trasversale: secondo i dati pubblicati da Cisl Scuola 27.111 riguardano gli organici di diritto della scuola primaria, 23.739 della secondaria di primo grado e 30.719 della secondaria di secondo grado (a cui si aggiungono i posti tagliati in organico di fatto). Ma non ci sono solo i docenti. Una quota rilevante della “riorganizzazione” riguarda il personale Ata. Rispetto all’anno scolastico in corso, in questo caso, ci saranno 14.166 posti in meno. Circa 45mila rispetto a tre anni fa.
L’ultima riduzione degli organici «inciderà con tagli assolutamente insostenibili – spiega la parlamentare del Pd Manuela Ghizzoni, firmataria di un’interrogazione in commissione Cultura alla Camera – che danneggeranno fortemente la qualità della scuola». Da qui al prossimo autunno, solo nelle scuole elementari, ci saranno 9.200 cattedre in meno. La prima conseguenza? «Non sarà più possibile soddisfare le effettive richieste delle famiglie di tempo pieno e tempo lungo» spiega Manuela Ghizzoni. Lezioni più brevi e meno materie. Stando ai dati presentati dalla parlamentare, il piano del Governo sancirà la scomparsa dello «specialista per l’insegnamento della lingua». Il maestro di inglese.
I docenti della scuola secondaria italiana dovranno fare i conti con 1.300 posti in meno. «Ne conseguirà una riduzione del numero delle classi e un sovraffollamento delle medesime – continua Ghizzoni – in violazione delle norme sul tetto stabilito di alunni per classe e di quelle sulla sicurezza e sull’edilizia scolastica». Il taglio più significativo riguarda però le secondarie di secondo grado: dove mancheranno all’appello 9mila cattedre.
In alcune realtà i tagli saranno particolarmente evidenti. Un’interrogazione depositata a Montecitorio una settimana fa dall’Idv Pierfelice Zazzera si sofferma sulla situazione della provincia di Roma. Nelle scuole primarie della Capitale scompariranno 111 classi. E questo nonostante si siano iscritti 1.600 alunni in più rispetto allo scorso anno. Le scuole si adeguano come possono. Ad esempio aumentando il numero di bambini nelle aule. Secondo le stime del parlamentare dell’Idv, a Roma saranno inseriti in ogni classe 29 scolari, «anche se la normativa vigente ne prevede un massimo di 23».
«Abbiamo previsto un ridimensionamento della pianta organica legato al fabbisogno effettivo di cattedre – spiegava lo scorso marzo il ministro dell’Istruzione Mariastella Gelmini sulla Repubblica – Ma la scuola è in grado di reggere». I sindacati non sembrano essere d’accordo. I Cobas hanno indetto uno sciopero degli scrutini. Nessuna pagella: il 14 e 15 giugno gli insegnanti aderenti incroceranno le braccia. Negli stessi giorni i sindacati di base manifesteranno a Roma, davanti al ministero dell’Istruzione. Una protesta «contro la scuola-miseria – spiega il portavoce nazionale Piero Bernocchi – per la cancellazione dei tagli degli organici di docenti e Ata, l’assunzione di precari su tutti i posti vacanti e disponibili, l’apertura immediata della trattativa per il contratto con adeguati aumenti salariali».
Il Governo prova a correre ai ripari. Il 5 maggio scorso il Consiglio dei ministri ha approvato alcune norme – contenute nel decreto Sviluppo – a favore della scuola. Il provvedimento sarà votato dalla Camera dei deputati la prossima settimana. All’interno, tra le altre cose, l’Esecutivo ha previsto un piano triennale di immissioni in ruolo. «Un piano – spiegano dal ministero dell’Istruzione – per l’assunzione a tempo indeterminato di personale docente, educativo e Ata, su tutti i posti disponibili e vacanti in ciascun anno». A questo si aggiungono gli incrementi nel finanziamento del settore. Stando ai dati forniti dal ministero, nel 2011 sono stati messi a disposizione per il fondo di funzionamento delle scuole 774 milioni di euro. «Il massimo storico mai raggiunto negli ultimi quattro anni».
Per le parti sociali non è sufficiente. «Il decreto Sviluppo fissa criteri generali – questo il punto di Cisl Scuola – ma demanda la puntuale definizione del piano a successivi provvedimenti». Gianna Fracassi, segretaria nazionale FLC Cgil, spiega: «Abbiamo presentato alcune proposte ma fino a oggi il Governo non ci ha voluto ascoltare. Il problema principale è che il piano del decreto Sviluppo non è stato quantificato. Non prevede nessun numero di assunzioni. Paradossalmente gli insegnanti interessati potrebbero essere 100mila o solo 10».
A preoccupare i sindacati, poi, è un passaggio dell’articolo 9 del provvedimento. Poche righe in cui si legge che il piano di assunzioni è vincolato da «una specifica sessione negoziale concernente interventi in materia contrattuale per il personale della scuola». «Temiamo che in cambio delle assunzioni – continua la dirigente Cgil – il Governo ci chieda di derogare rispetto ad alcune parti del contratto, magari quelle relative alla progressione economica di carriera. Ovviamente di fronte a una contropartita del genere non c’è spazio per alcuna trattativa».