L’inchiesta sul crac Cirio è arrivata a una prima, sia pur non definitiva, verità. Sergio Cragnotti, il finanziere che ha gestito il gruppo, è stato condannato a nove anni dalla prima sezione penale del tribunale di Roma, mentre per Cesare Geronzi – il banchiere ex presidente della Banca di Roma (poi Capitalia) che aveva finanziato la Cirio – i giudici di primo grado hanno sentenziato una pena di quattro anni.
L’accusa verteva sulla bancarotta fraudolenta per le varie ipotesi previste dal codice (per distrazione, documentale e preferenziale) e sulla truffa. I pubblici ministeri Rodolfo Sabelli e Gustavo De Marinis avevano chiesto 15 anni di reclusione per Cragnotti e 8 anni per il banchiere romano, che da ultimo è stato presidente delle Generali. Fra gli altri imputati Filippo Fucile, genero di Cragnotti che ha avuto un ruolo di dirigente nell’azienda, condannato a 4 anni e 6 mesi, i figli di Cragnotti, Andrea (4 anni), Massimo ed Elisabetta (entrambi a 2 anni).
A carico di Unicredit, che ha ereditato tutto il contenzioso di Capitalia (assorbita nel 2007), è stata stabilita una provvisionale di 200 milioni di euro. La somma andrà versata come risarcimento all’amministrazione straordinaria del gruppo agroalimentare.
L’inchiesta cominciata nel 2003 si concluse a metà del maggio 2005 e ha coinvolto inizialmente 45 persone. Il dissesto, per complessivi 1.125 milioni, ha danneggiato 13mila persone che aveva sottoscritto le obbligazioni emesse dalla Cirio.
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