«Impariamo dalla Germania che fa interi quartieri vietati alle auto»

«Impariamo dalla Germania che fa interi quartieri vietati alle auto»

Nel mondo dell’architettura, il dibattito è cambiato. Meno autoreferenziale e più attento a problemi moderni, come l’ambiente e il sociale. Tra le archistar che si sono distinte in questo senso, senz’altro figura Mario Cucinella. Non ama atteggiarsi a primadonna, ma propone idee innovative. Linkiesta ha chiacchierato un po’ con lui di architettura e altro.

Professor Cucinella, sembra che le tendenze contemporanee dell’architettura siano cambiate.
Io non parlerei di tendenze. È un mondo complesso e perciò parlerei di filoni. Diciamo che, le vecchie scuole legate agli stili o a scelte estetiche, non funzionano più. La questione riguarda il tipo di dibattito che si vuole creare, con la propria architettura.

E tra i filoni, quali individua?
Di sicuro ce ne’è uno, legato a esperienze del nord Italia (parlo dell’Alto Adige), che è molto legato a temi ecologici. Attento al materiale, all’utilizzo e al rispetto dell’ambiente. Un approccio nuovo

Che poi è quello che anche lei ha sposato, se non sbaglio.
Senz’altro. Mi interessa il tema ambientale. È una cosa che ha risvolti importanti, anche sociali, economici. Un nuovo linguaggio che per me è stata anche una fonte di ispirazione: ti fa uscire dai canoni tradizionali, ti costringe a soluzioni diverse, o ti spalanca proprio un mondo nuovo di applicazioni.

Ad esempio?
Ad esempio progetti che uniscano il risparmio energetico all’utilizzo di materiali di riciclo. Ho realizzato una casa eco-sostenibile, che costa, nella sua interezza, 100.000 euro, ma che ha in sé apparecchi per il fotovoltaico, per l’energia, e utilizza materiali di riciclo e non inquinanti. Il tutto in nome del risparmio energetico. L’abitare, nel suo complesso, consuma molto. Il risultato è una quantità di anidride carbonica superiore a quella industriale. Allora perché non pensare a case che siano autosufficienti dal punto di vista energetico? Ci si adatta all’ambiente con concetti nuovi. Nella sostanza, è un elemento di continuità nella costruzione degli edifici.

In Italia questo approccio però non sembra molto sviluppato.
I veri pionieri sono all’estero, dove l’attenzione a queste tematiche è molto più alta. In Italia qualcosa si muove, però. Hanno iniziato docenti universitari, e alcuni professionisti. L’iniziativa si allarga, e può diventare un punto di riferimento per i giovani.

Mentre, nel mondo delle archistar, le cose sono rimaste ferme.
No, non è così. Ci sono architetti che seguono questi dibattiti, che si interessano. Penso a Renzo Piano, che con la California Academy of Sciences, ha costruito uno degli edifici più eco-sostenibili del mondo. Ma non solo lui: anche Stefan Behnisch, per fare un altro nome.

Non tutti però.
Be’, ci sono ambienti in cui il dibattito non riguarda questi temi. Soprattutto la generazione dei settantenni ha una cultura diversa, e il dibattito è diverso.

Per esempio chi? Fuksas?
Di sicuro nel suo caso il dibattito è diverso. Ma non è quello. La direzione cambia. Per esempio a Friburgo, esiste un intero quartiere ecologico, il Vauban. Una cosa nuova, che permette di pensare un modo di vivere diverso, ecologico. Dove le auto sono bandite, e limitate, dove il consumo è ridotto al minimo e il riciclo incoraggiato. Ed è stato realizzato chiamando 60 architetti.

Chiaro. Però siamo in Germania. Altri paesi sono diversi, e penso a Cina e India.
Lì la spinta speculativa è più alta, ma è solo questione di tempo. La svolta non è una questione di coscienza, è necessaria. E la Cina sa già che l’ambiente è una questione cruciale, sa che non possono continuare a crescere, se non si curano dell’ambiente. Una logica di puro profitto non è sufficiente. E allora, prima o poi prenderanno decisioni anche in questa direzione. Ma non solo loro. Tutti.

E voi che farete?
In questo senso, le idee sono chiare… La cura dell’ambiente è anche una questione sociale. L’intenzione è di creare nuove case, ecologiche, ovvio. Ma a basso costo. Cioè, per tutti. L’ambientalismo non è un tema per le élites. Ma è, ovviamente, una cosa per tutti. L’architettura non deve più restare autoreferenziale. Deve aprirsi a queste tematiche, all’ambiente, al sociale. Deve diventare un nuovo modo di fare ambientalismo e occuparsi della società. Diventare un nuovo modo di fare architettura.

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