Senza voler ledere in alcun modo la dignità femminile, pensiamo che ci sarebbero state tante ragioni per azzerare la giunta Alemanno certamente più valide rispetto a quella stabilita dal Tar. Il tribunale amministrativo, accogliendo il ricorso di alcune consigliere di Comune, Provincia e Regione, ha annullato il governo della città di Roma per imperante maschilismo. Il sindaco non ha rispettato lo statuto che faceva riferimento a un congruo numero di donne in giunta. In effetti, su tredici componenti di donna ce n’era una sola, Svevia Belvisio. Gli altri tutti maschietti. Prima del rimpasto di gennaio c’era anche Laura Marsilio, assessora alla scuola.Probabilmente di questi tempi è decisamente impopolare sostenere che il mancato rispetto delle quote rosa è una condizione non sufficiente per azzoppare il governo della capitale. Ma noi crediamo che in un Paese normale sarebbe stato sufficiente un accordo politico. Non certo l’intervento di un tribunale amministrativo. È francamente ridicolo che in una città alle prese ogni giorno di più con l’emergenza sicurezza, che ha vissuto la pagina triste delle assunzioni all’Atac (azienda di trasporti cittadina) di persone vicine ai collaboratori del sindaco, il problema sia la mancanza di donne in giunta.
I numeri del fallimento di Alemanno sono efficacemente sintetizzati dal segretario del Pd di Roma Marco Miccoli: «tre rimpasti di giunta, tre assessori al bilancio sostituiti, quattro capi di gabinetto mandati via, due vicecapi di gabinetto che sono fuggiti. Stessa sorte anche per due direttori esecutivi del Campidoglio. E poi tre presidenti e tre amministratori delegati di Atac sostituiti, al pari di tre amministratori e tre presidenti della società Risorse per Roma. Il tutto condito dai quattromila assunti, senza concorso e a tempo indeterminato, nelle aziende comunali nel vergognoso scandalo Parentopoli». Più efficace di così, si muore.Per quel che ci riguarda, non avremmo avuto nulla da ridire nemmeno a una giunta composta di sole donne, ovviamente. La suddivisione per generi (o categorie) potrebbe rivelarsi miope. A questo punto sarebbe giusto che anche gli omosessuali avessero il loro rappresentante e potremmo non finire più. Alla fine il risultato pare essere il seguente: Rosella Sensi assessora alle Olimpiadi. E vissero tutti felici e contente.