Una cosa possiamo dirla subito: la propaganda disfattista di chi dipingeva la Milano di Pisapia come una città aperta all’invasione di rom e moschee sembra già smentita dai fatti. Giuliano Pisapia non è un pericoloso estremista amico degli estremisti e nemico dello sviluppo, ma piuttosto un riformista pragmatico e che sa contemperare ideali e promesse, con interessi e bisogno di sviluppo e di ossigeno finanziario per una città che deve ricominciare a crescere. Sa fare e far accettare compromessi, che in politica non sono una brutta parola ma un ingrediente della realtà.Così, pragmaticamente ha confermato la guida dell’Expo e ha ratificato nella sostanza le decisioni ereditate dalla giunta di Letizia Moratti e, piuttosto, ha deciso di aprire a una revisione del Piano di Governo del territorio, che ha un impatto meno immediato su un settore – quello dell’immobiliare – in cui tanti eccessi e l’abuso del ricorso alla leva finanziaria hanno paralizzato lo sviluppo del mattone a prescindere da qualunque piano edilizio del prossimo futuro. “Se volevamo non perdere il treno dell’Expo, non c”erano alternative”, è la sostanza delle motivazioni con cui l’entourage del sindaco e lui stesso hanno spiegato la rotta tenuta. La sostanziale continuità è dimostrata, una volta di più, dal voto unanime del consiglio comunale, con tutte le opposizioni di centrodestra compatte. Significative le parole dell’ex assessore all’urbanistica, Carlo Masseroli, che ha invitato la giunta e la maggioranza ad essere orgogliosi del voto e dell’Expo.A rompere l’unanimismo, insieme alla scontata opposizione del grillino Mattia Calise, è arrivato il voto contrario di Anita Sonego (Sinistra per Pisapia) e soprattutto quello di Basilio Rizzo, presidente del Consiglio comunale eletto dal centrosinistra e decano dei consiglieri di Palazzo Marino.È un voto, questo, che non ha nessun rilievo pratico e ha però un qualche peso politico. Perché lascia intravedere, aldilà delle propagande leghiste e del centrodestra, il vero rischio strategico del centrosinistra di governo: la confusione, e qualche personalismo. Le polemiche con l’assessore alla cultura e agli eventi collegati all’expo, Stefano Boeri, sono appena sopite. Ed È già il momento di un nuovo fronte, con l’ala movimentista e che ha da sempre fatto della lotta alla speculazione e all’affarismo una bandiera. Naturalmente, speculazione e affarismo non piacciono neanche a noi: ma viene il dubbio che ogni occasione, di qui in poi, sia l’occasione per agitare la propria bandiera.È un dubbio, tanto per essere chiari, che riporta a un passato recente: quello del governo Prodi. Anche allora c’era chi viveva agitando il vessillo della purezza a ogni occasione, ed era quella sinistra che poi sparì dal Parlamento italiano. Anche allora c’era chi vegliava con rigore assoluto sui conti (oggi è Bruno Tabacci, allora erano Tommaso Padoa Schioppa e Vincenzo Visco), e in assenza di una coesione politica tra forza troppo diverse non ebbe alternative alla chiusura dei cordoni e al mantenimento di una tassazione elevata. Sono elementi che in nuce, e ancora senza nessuna certezza per il futuro, abbiamo intravisto nel voto di oggi su Expo in Consiglio Comunale.Sono rischi di cui il centrosinistra di governo dev’essere ben cosciente, da subito, per evitare che, nel prosieguo del cammino, mettano a rischio la sostanza della coalizione. In un centrosinistra lombardo che rischia di essere travolto dagli scandali del recente passato (pensiamo naturalmente all’inchiesta monzese su Filippo Penati e le aree Falck), è importante una testimonianza di buona politica, di progettualità, di riformismo, e il governo cittadino è l’occasione per fornirla. Serve al centrosinistra, naturalmente, ma serve anche da stimolo al centrodestra. Anche di là, presto o tardi, sarà ora di rifondare, di ripartire: e fare opposizione a un buon governo, di solito, obbliga anche l’opposizione a dare il meglio.
25 Luglio 2011