La Lega ha salvato le Province e i doppi incarichi dei suoi

La Lega ha salvato le Province e i doppi incarichi dei suoi

“Se mi toccano la provincia di Bergamo dobbiamo fare la guerra civile”. Il Senatùr, riguardo all’abolizione delle province, è sempre stato chiaro: questione di “richiamo all’ identità” perché avverte minaccioso: “Se vai a tagliarle, la gente può ribellarsi”. Ancora una volta l’ha spuntata, le province sono salve fino a data da destinarsi, e con loro giunte, assessori e presidenti. Insomma, nella nuova manovra di Arcore si parla anche della loro abolizione: ma va cambiata la Costituzione, il cammino è lungo e tortuoso e di alleati improvvisati, in parlamento, non ne mancano mai su questi temi…

Perchè per la Lega la partita è così importante? Perchè si rischiava la rivolta: c’è il presidente che ogni settimana si divide tra Brescia e l’aula di Montecitorio, quello che incassa il gettone in Finmeccanica, quelli più virtuosi che riescono a occupare tre, quattro poltrone contemporaneamente.

Comuni, province, enti locali su cui sventola il vessillo dell’Alberto da Giussano devono essere protetti, perché il mantra padano è uno solo: la tutela del territorio. E per farlo al meglio, il popolo in camicia verde da sedici anni si è impegnato in una partita a risiko che ha come obiettivo l’invasione del Sole della Alpi. Muoversi dal territorio e occupare il potere. Consigli di amministrazione, multiutilities, aeroporti, strade, autostrade, tangenziali, Expo, fiere, Rai, fondazioni, enti pubblici, banche, Asl, partecipate di varia natura. Quel che conta è una nomina, una presidenza, una prebenda, una cadrega in più. Da conservare, proprio ora che da Roma ladrona minacciano di ridurre, tagliare, eliminare…

Senza considerare i doppi e tripli incarichi di sindaci, consiglieri comunali e di oltre la metà dei parlamentari leghisti e senza tener conto della parentopoli padana, abbiamo provato a guardare all’”operosità”dei presidenti di provincia del Carroccio.

In primis quelli Roma-Padania andata e ritorno. Deputati e presidenti di provincia per i quali l’articolo 122 della Costituzione non esiste. Nessuna incompatibilità per il doppio incarico, anzi. Loro sono dotati di ubiquità. Come Ettore Pietro Pirovano, presidente della Provincia di Bergamo che nel luglio del 2009 è stato capace di votare alla Camera pur stando a Bergamo. Pirovano è in buona compagnia. Doppio incarico anche per il presidente della provincia di Biella, Roberto Simonetti, un miracolato delle liste bloccate e per Daniele Molgora. Quest’ultimo fino a maggio 2010 era riuscito persino ad essere uno e trino: alla guida della provincia di Brescia, deputato e sottosegretario all’Economia. All’ultimo incarico ha rinunciato, ma per gli altri due nessun problema.

Ma i presidenti di provincia leghisti desiderano soprattutto dedicarsi allo sviluppo del Paese. In società strategiche, ovviamente.
A partire dalle strade. Perché il Carroccio ama posare prime pietre, inaugurare caselli, presentare progetti innovativi di asfalto con il sorriso volto a favore di camera e di urna. Bre-Be-Mi, Tangenziale Est di Milano, Pedemontana, Serenissima. E per ogni collegamento in più, un posto riservato in prima fila nel Cda. A Leonardo Muraro, l’impiegato dell’Enel arrivato alla presidenza della Marca di Luca Zaia, è stata affidata la vice-presidenza di Veneto Strade, mentre al presidente della ricca provincia di Vicenza Attilio Schneck, che ha definito il taglio dei consiglieri previsto in manovra dal suo governo “pura demagogia, perché minano il controllo democratico”, è stato riservato lo scranno più alto della Serenissima, la Brescia-Verona-Vicenza.

Due neofiti della poltrona, rispetto a Leonardo Ambrogio Carioni. Lo chansonnier delle feste estive della Lega, grazie alla sua laboriosità riesce ad essere contemporaneamente presidente della Provincia di Como, sindaco di Turate, presidente dell’Unione delle Province lombarde, presidente di Sviluppo Sistema Fiere, la società creata da Fiera Milano per la valorizzazione e la gestione del sistema fieristico milanese e consigliere d’amministrazione della società che organizza l’Expo. Non solo, ovviamente anche lui ha la sua strada e il suo posto nel Cda di Pedemontana, la società che gestisce il grande progetto autostradale che cambierà il volto della circolazione lombarda.

Si difende bene nel ruolo di collezionista di poltrone anche Paolo Marchioni. L’avvocato amico di Calderoli, e in ottimi rapporti con il presidente della regione Piemonte Cota, è vice-presidente della provincia di Verbano-Cusio-Ossola, assessore al Bilancio, consigliere di amministrazione dell’Eni con un compenso da 135 mila l’anno e presidente della Finpiemonte Partecipazioni, una holding da 33 partecipazioni e che tiene i delicati rapporti con i privati, che spesso figurano come azionisti delle controllate.

E al consiglio di amministrazione di un’altra società strategica dello Stato, quella Finmeccanica entrata nell’inchiesta P4 e da poco amministrata dal leghista Giuseppe Orsi, partecipa anche Dario Galli. Lui, presidente della provincia di Varese, non solo ha un posto nel Cda, ma è persino presidente del comitato di remunerazione del colosso pubblico della difesa e dell’aerospazio. Tutto in nome dell’indipendenza.
“Nessuna incompatibilità”, ha fatto sapere pochi giorni fa Galli alla trasmissione televisiva de la7 “Omnibus”, “io ho i numeri per ricoprire l’incarico, sono lì per curare gli interessi del territorio”. Sia chiaro.