Ora che Silvio è “commissariato” a Bruxelles si sentono rassicurati

Ora che Silvio è “commissariato” a Bruxelles si sentono rassicurati

BRUXELLES – Fino a poco tempo fa i bisticci della politica italiana divertiva i partner europei. Il semestre di presidenza Ue del 2003 fu occasione di frizzi e lazzi tra giornalisti e diplomatici. Al massimo, qualcuno scuoteva la testa con sussiego, ma finiva lì. Adesso, con l’eurozona nella tempesta e l’orrido scenario di un possibile Sos del Belpaese, non è più così. A Bruxelles i risolini hanno lasciato il posto a facce serie, mentre cresce l’irritazione per le liti tra Silvio Berlusconi e Giulio Tremonti. «Ti stupisci – diceva seccato a chi scrive un diplomatico tedesco a Bruxelles – se i mercati non si fidano più, quando il vostro premier manda pubblicamente a quel paese il proprio ministro delle Finanze, in un momento come questo?». Il riferimento è alla famosa intervista di Berlusconi a Repubblica a inizio luglio. A Bruxelles ha fatto il giro della copertina dedicata dal settimanale Der Spiegel all’Italia, intitolata: “Ciao Bella (in italiano, n.d.r.) – Sul declino del più bel paese del mondo”, con Berlusconi gondoliere dell’Italia tra due sirenette a seni scoperti.

Nei corridoi delle istituzioni Ue può capitare di sentir citare, dopo oltre un quindicennio, gli antichi dubbi sull’affidabilità dell’Italia nutriti da Theo Waigel, il ministro delle Finanze di Helmut Kohl che patrocinò al battesimo dell’euro. Proprio questi dubbi avevano spinto Waigel, nel 1995, a imporre il patto di Stabilità e crescita, il ministro tedesco avrebbe voluto anzi sanzioni automatiche per chi non rispetta le regole – quello che peraltro chiedono oggi la Commissione Europea e il Parlamento Europeo. Quando Romano Prodi impose la tassa sull’euro, l’allora primo ministro cristiano-sociale della Baviera Edmund Stoiber chiese verifiche sulla possibilità che l’Italia avesse centrato il criterio del deficit grazie a una “contabilità creativa”. «L’Italia – scriveva allora il settimanale di Monaco Focus – è considerata un fattore di rischio dell’unione monetaria. I critici ritengono che Roma abbia fatto opera di cosmesi con i propri conti pubblici».

Soprattutto, però, qualcuno rievoca le parole dell’allora presidente della Bundesbank, Hans Tietmeyer – fortemente contrario a un’Unione monetaria non accompagnata da un’unione politica – ancora nel 1999 in un’intervista a Deutschlandfunk. «Per un paese non in grado di mantenere la proprio competitività al livello degli altri – avvertiva profeticamente –l’Unione monetaria potrebbe rivelarsi un corsetto d’acciaio che lo strangola». I paesi ad alto debito, ammoniva Tietmeyer, a lungo termine potrebbero non farcela a sostenere il peso degli interessi.

A Bruxelles tutti sanno che la partita è ben altra che in Grecia. A molti, soprattutto nella rigorosa Europa del centro-nord, la parola “governo italiano commissariato” (respinta seccamente dalla Commissione Ue) suona rassicurante: gli indisciplinati italiani hanno bisogno di controllo e pressione. «L’Italia deve assolutamente farcela a salvarsi da sola, dove peschiamo i soldi per un salvataggio di un paese così grande?» si sfogava un altro diplomatico. Come si fa ad allargare le disponibilità del fondo salvastati (Efsf), se ora anche la Francia scricchiola ed entra nel mirino dei mercati? «Il fatto – dice a Linkiesta Simon Tilford, capo economista del Centre for European Reform (Cer) di Londra, un grosso think-tank Ue– è che Berlusconi sembra molto più preoccupati dei fatti propri che delle difficoltà del paese che governa». Di fronte ai bisticci interni, a Bruxelles molti citano l’esempio di Portogallo e Irlanda, che in pieno rischio default e sotto elezioni sono riusciti a trovare compattezza politica, non solo tra le fila del governo ma anche con l’opposizione. Altro che risse tra premier e ministro delle Finanze. 

Le newsletter de Linkiesta

X

Un altro formidabile modo di approfondire l’attualità politica, economica, culturale italiana e internazionale.

Iscriviti alle newsletter