Tremonti e Zaia litigano anche per la benzina

Tremonti e Zaia litigano anche per la benzina

L’ennesimo colpo a Tremonti è partito ancora una volta dalle file della maggioranza. Responsabile della nuova grana per l’ormai depotenziato superministro è stato il governatore della Regione Veneto Luca Zaia, notoriamente vicino a Maroni. Con l’ordinanza n. 2829 del 28 luglio scorso il Tar del Lazio, accogliendo un ricorso presentato dalla Regione Veneto, ha bloccato l’efficacia del cosiddetto «bonus idrocarburi», introdotto dalla legge omnibus sullo sviluppo del luglio del 2009. 
Tale legge, all’art. 45, prevede che «per le produzioni di idrocarburi liquidi e gassosi ottenute in terraferma, ivi compresi i pozzi che partono dalla terraferma, a decorrere dal 1º gennaio 2009, l’aliquota di prodotto che il titolare di ciascuna concessione è tenuto a corrispondere allo Stato annualmente, è elevata dal 7 per cento al 10 per cento».

Grazie a un emendamento della Lega Nord, all’originaria previsione dell’articolo 45, fortemente sponsorizzato dai parlamentari della Basilicata (sede di imponenti pozzi petroliferi nella Val D’Agri), sono state aggiunte le attività estrattive «di idrocarburi liquidi e gassosi nonché le attività di rigassificazione anche attraverso impianti fissi offshore»: una ulteriore previsione mirante ad assoggettare alla misura anche il Veneto, dove è attivo dal 2009 il rigassificatore di Porto Viro (in provincia di Rovigo).

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Le somme ricavate dallo Stato attraverso l’aliquota aggiuntiva del 3% hanno così consentito l’istituzione del Fondo per la riduzione del prezzo alla pompa dei carburanti nelle regioni interessate dalla estrazione di idrocarburi liquidi e gassosi. Un tesoretto che, attraverso modalità definite con successivi decreti ministeriali, avrebbe dovuto essere ripartito, a partire dal 2010, tra i residenti delle regioni e dei territori impattati da attività estrattive. Dopo quasi due anni, pareva proprio che fosse arrivato il fatidico momento della distribuzione delle risorse. Il decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze di concerto con il Ministero dello Sviluppo Economico del 12 novembre 2010 individuava le modalità di erogazione del fondo, prevedendo due diversi canali distributivi: alle Regioni nel caso in cui il beneficio economico fosse di importo pari o inferiore, su base annua, a 30 euro per beneficiario residente nel territorio della provincia o del comune interessato dalle attività di estrazione; direttamente ai maggiorenni muniti di patente di guida residenti nella regione impattata, attraverso una carta elettronica qualora l’importo del bonus pro capite superasse i 30 euro.

Il successivo decreto interministeriale del 21 febbraio 2011 identificava le Regioni beneficiarie dei 38,5 milioni di euro raccolti dalle società estrattive e la loro esatta distribuzione: al Molise venivano assegnati 214.726 euro, alla Calabria 558.534 euro, alla Puglia 1.896.091 euro, all’Emilia Romagna 365.863 euro, al Piemonte 2.456.859 euro, alle Marche 87.257 euro. Va detto che la gran parte del fondo è stata dirottata sulla Regione Basilicata (32.929.972), dove, dai 68 pozzi presenti, Eni e Shell estraggono annualmente circa 3,5 miliardi di kg di greggio e 80 mila barili al giorno: l’80% della produzione nazionale, equivalenti a circa il 6 per cento del fabbisogno nazionale.

È proprio la mancata previsione del Veneto tra le regioni beneficiarie del Fondo nel decreto interministeriale firmato da Tremonti e Romani del febbraio scorso, ad aver mandato su tutte le furie Zaia, che dunque vedendo accolto il proprio ricorso dal Tar del Lazio, ha reso ancora più tormentata, in particolare per i lucani, l’intera vicenda.

In Basilicata sono stati finora in 130 mila (su 350 mila aventi diritto) a consegnare negli uffici postali la richiesta del cosiddetto bonus benzina. Nonostante le code agli sportelli, tra la gente pare però prevalere la frustrazione per l’irrisoria somma prevista (90 euro), che forse avrebbe potuto essere maggiore se non fosse stata prevista da Tremonti la creazione, a opera di Poste Italiane, di una sorta di carta di credito sul modello della social card e se non fosse stato scelto il costoso Mastercard quale circuito attraverso il quale far transitare i bonus.

«Considerando che le attività estrattive hanno letteralmente devastato un’area di grande pregio naturalistico – dice Mario, in attesa del suo turno all’ufficio postale di Matera – ci saremmo aspettati che a fronte di 8 milioni di euro di ricavi al giorno per i petrolieri, le royalties incassate dalla Regione (65.552.971 euro nel 2010, ndr), producessero benefici tangibili, tipo scuole, case popolari, asili nido, di cui non c’è traccia…i 90 euro, sempre che arrivino, sembrano costituire un’ulteriore beffa… E ora ci si è messo pure Zaia con il suo ricorso al Tar!».

Il Tribunale amministrativo ha ritenuto di dover accogliere l’istanza cautelare proposta dal Veneto in quanto sarebbe dimostrato il «concreto pericolo che una quota rilevante del fondo possa essere distribuita nelle more della decisione di merito del presente giudizio senza alcuna possibilità di successivo ristoro e che deve essere mantenuta ferma la garanzia della integrità delle posizioni soggettive alla cui tutela è rivolto il presente giudizio».
La decisione del Tribunale Amministrativo ha, dunque, congelato l’operatività del decreto interministeriale del 12 gennaio 2010 rinviando l’esame del merito addirittura all’udienza del 21 marzo 2012.
Nel frattempo, gli uomini di Tremonti hanno presentato pochi giorni fa un ricorso urgente al Consiglio di Stato per ottenere l’annullamento della sospensiva del Tar. Qualunque sarà la decisione del Consiglio di Stato, rimane il dato politico: nel centrodestra, ormai, per dirimere semplici questioni, le carte bollate vengono preferite ai chiarimenti.

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