La classe dirigente americana, quella che esce più appannata dalla crisi finanziaria, non è più un modello per gli aspiranti manager globali, attratti dai Paesi Brics e dall’Asia in particolare, mentre la vecchia Europa riserva ancora delle sorprese. Educare, formare i propri dirigenti d’impresa al meglio, non è un argomento sul quale alcuni paesi intendono derogare. La Francia sia nelle università pubbliche sia nel sistema delle École de Commerce private, fa passi in avanti, in termini di nuovi finanziamenti, corsi di studio post laurea efficaci che fanno guadagnare anche 60mila euro l’anno dopo un master. Un lavoro tenace nel mantenere un solido réseau con le banche, le imprese, le multinazionali, le Camere di commercio, i centri per l’autoimprenditorialità e la ricerca scientifica.
Nel ranking del Financial Times – pubblicato il 19 settembre – che valuta i master internazionali in management nelle business school mondiali, ai quali si può accedere con un primo ciclo universitario
(la nostra laurea triennale), su 65 corsi valutati, 16 sono francesi, e non è certo il primo anno che accade. Da quando, nel 2006, questi master – chiamati anche “Bologna master” ispirati dal Processo di Bologna, la riforma europea che ha diviso in tre cicli l’istruzione universitaria – sono stati presi in considerazione dagli esperti del quotidiano della city, les école de commerce sono state in testa al ranking, a volte in partenariato con altri istituti, anche con l’Italia, e altre con il grande network Cems che consorzia una trentina di business school internazionali, solo quest’anno, per la prima volta c’è un’università svizzera prima classificata, Universität St.Gallen.
Un piccolo movimento in classifica dovuto all’alto peso del salario guadagnato dai diplomati, tra i criteri utilizzati dal Financial Times, gli svizzeri oggi guadagnano in generale certamente di più dei francesi, ma sono rappresentati tra i migliori corsi in management solo da due scuole, una più dell’Italia. La strategia francese, che attiva investimenti da aziende e banche è molto forte, è fatta da dipartimenti che si occupano esclusivamente di relazioni con le imprese, all’interno delle scuole. Uffici dove lavorano 20 persone, in un’école che ha un organico di 250 dipendenti, inclusi i docenti.
Come si attirano gli investimenti? Esistono delle opportunità offerte da leggi dello Stato: a cominciare dalla tassa di apprendistato – taxe d’apprentissage – che ha l’obiettivo di finanziare lo sviluppo di professioni legate alla tecnologia e oggi anche all’innovazione; è una tassa dovuta dalle imprese che assumono dei nuovi dipendenti, e che esercitano un’attività commerciale, industriale o artigianale. L’ammontare della taxe è calcolato sulla base dei salari corrisposti ai dipendenti dal datore di lavoro. Les école de commerce, formano delle figure professionali pronte a essere reclutate dalle aziende, e mettono in atto un lavoro per attirare i fondi dedicati all’apprendistato.
In Francia le aziende hanno una deduzione fiscale del 60% su donazioni o sostegni finanziari che attribuiscono a università o altri Istituti, e sulla ricerca. Se un’azienda decide di sostenere un intero corso di studi, o un progetto di ricerca valutato 200mila euro per produrre risultati innovativi e pubblicazioni internazionali, l’impresa che la finanzia spenderò solo 80mila euro.
E in cambio? Françoise Marcus, direttrice delle relazioni Imprese e Sviluppo, della Grande École Audencia di Nantes, chiamata proprio dal mondo bancario a guidare un team agguerrito, con la missione di sostenere i progetti della scuola e proporre ai diplomati carriere di tutto rispetto, è sicura dei vantaggi che le imprese hanno finanziando la formazione, l’educazione, l’istruzione a tutti livelli. “Da parte nostra, le aziende partner possono sviluppare i risultare delle ricerche scientifiche prima che siano pubblicate, scegliere tra i migliori studenti i prossimi neomanager, e soprattutto migliorare la propria reputazione, sedere nei forum accanto agli accademici più seguiti, contribuire al dibattito sociale, economico, pubblico. E’ molto importante tutto questo in Francia, per la loro crescita, e per quella del Paese”, sostiene Françoise Marcus
Come negli Stati Uniti, stanno nascendo le fondazioni, che hanno qualche difficoltà a puntare sugli ex laureati, gli alumni, che invece nel Regno Unito e nel Nord Europa contribuiscono finanziando le università che hanno frequentato. Il cuore delle fondazioni francesi per l’Education sono le banche e le multinazionali.
Aziende come Microsoft, Danone, Groupe Société Générale, BNP Paris Bas, L’Orèal, sono investitori abituali delle business school da Parigi a Grenoble, Bordeaux, Rouen, sino a Nizza e Tour Poitier. Se tutto questo è cambiato durante la crisi ? O almeno nell’ultimo anno ? “E’ curioso, non ce l’aspettavamo, ma le richieste – sono aumentate – rispondono da Nantes – nel nostro Forum de recrutement che organizziamo ogni anno il 16 ottobre si sono iscritte 90 imprese, 12 le abbiamo escluse, l’anno scorso ne avevamo settantatre”.