E Barroso vuole il carcere per gli “speculatori”

E Barroso vuole il carcere per gli “speculatori”

Non solo ricapitalizzazioni, Tobin Tax, limitazione delle vendite allo scoperto. La Commissione Europea tra il suo armamentario per cercare di fare un po’ di ordine nel far west dei mercati punta anche alle sanzioni penali. L’idea è del presidente dell’esecutivo comunitario José Manuel Barroso.

Il portoghese, in un’intervista pubblicata dal quotidiano “Le Parisien”, ha proposto una normativa Ue, comune dunque a tutti gli stati membri, che istituisca il concetto di «responsabilità penale individuale degli attori finanziari» e preveda esplicitamente, appunto, «sanzioni penali». «Abbiamo visto comportamenti abusivi sui mercati – ha denunciato Barroso – alcuni hanno provocato la crisi attuale. Allora regoleremo queste pratiche. Coloro che le violeranno, incorreranno in sanzioni penali. Sarà una prima nella legislazione europea e un segnale forte». L’idea di fondo, spiegano alla Commissione, è che le normative attuali sono insufficienti ad affrontare un fenomeno che ha raggiunto dimensioni colossali con anche possibili effetti devastanti.

In una bozza che sta circolando in questi giorni a Bruxelles, si parla di «regole minime sulla definizione degli abusi di mercato più gravi» e «livelli minimi di sanzioni penali». L’obiettivo è in realtà anzitutto armonizzare una messe di pratiche molto diverse. Così numerosi stati prevedono sanzioni penali in caso di insider trading (l’Italia sono penali solo per gli insider primari, solo amministrative per quelli secondari) e di manipolazione di mercato. In altri paesi ci sono misure solo per una delle due fattispecie (e il caso Austria, Slovacchia, Repubblica Ceca, Estonia, Finlandia e Slovenia) mentre in Bulgaria nessuna delle due è punita. In alcuni stati, inoltre, le sanzioni sono puramente amministrative, in altre sono invece anche penali. Per questo Bruxelles vuole trovare almeno standard minimi, lasciando poi agli stati nazionali di precisare le relative pene. Resta però – qualora la proposta dovesse passare – che i reati definiti penali in sede Ue dovrebbero diventarlo anche a livello nazionale. Il modello, spiegano varie fonti, è anzitutto la Fsa (Financial Services Authority) britannica.

La Commissione si avvale, nella sua proposta, di uno strumento del nuovo Trattato di Lisbona, e cioè l’articolo 83, che consente a Bruxelles di fissare standard e sanzioni minimi per gli Stati membri se necessario «per assicurare l’effettiva attuazione» delle politiche Ue. Se la direttiva passasse, inoltre, potrebbe essere inclusa nel mandato di arresto europeo (finora limitato a terrorismo, traffico di stupefacenti e riciclaggio del denaro sporco), visto che il trattato prevede la possibilità di allargare questo strumento giudiziario anche ad altri crimini se hanno una dimensione transfrontaliera.

Siamo solo agli inizi. Dopo la presentazione ufficiale della proposta, giovedì a Bruxelles, partirà il lungo iter che vede coinvolte altre due istituzioni, il Parlamento Europeo, in massima parte molto favorevole a una più severa regolamentazione dei mercati, e il Consiglio Ue, che rappresenta gli Stati. I problemi saranno qui: non mancheranno paesi decisamente restii a inasprire le proprie pene, o a introdurle ex novo. Proprio la legislazione più “compiacente” per loro è un asset prezioso per attirare investitori. Magari anche quelli meno limpidi. E’ probabile che ci voglia tempo.

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