Clinton “torna al lavoro” e bacchetta i democratici

Clinton “torna al lavoro” e bacchetta i democratici

NEW YORK – «Ho scritto questo libro perchè amo il mio Paese e sono preoccupato per il suo futuro». Parola di Bill Clinton che “rispolvera”, nell’introduzione al suo ultimo libro Back to work – Why we need strong government for a strong economy, un’immagine usata spesso durante la campagna elettorale per la presidenza del 1992, «L’America è un’idea, l’idea che, non importa chi sei o da dove vieni, se lavori duramente e segui le regole, avrai la libertà e l’opportunità di perseguire i tuoi sogni e lasciare ai tuoi figli un Paese dove potranno perseguire i loro».

Un’idea che, oggi, con un’economia ancora in difficoltà e un tasso di disoccupazione, sempre attestato al 9.1%, sembra molto difficile mantenere viva. Per questo, Clinton, partendo da un suo articolo, apparso lo scorso giugno nel settimanale Newsweek, “torna al lavoro” per indicare quali dovrebbero essere le strade da percorrere per riportare l’economia degli Stati Uniti sul binario giusto e farle riprendere il cammino.

Senza fare politica in senso stretto, Clinton punta a indicare soluzioni, talvolta nuove, talvolta prese in prestito, che potrebbero aiutare l’America a rimettersi in moto, proprio come negli anni della sua presidenza che pure – precisa l’ex Presidente – non vanno messi a confronto con quella di Obama perché sarebbe «ingiusto nei suoi confronti». Perlomeno non gli ultimi, quando finalmente i Repubblicani accettarono di smetterla di fare muro contro muro e iniziarono ad appoggiare una politica bipartisan.

«È chiaro – ammette Clinton – che l’attuale GOP (Grand Old Party, ndr) non ha alcuna intenzione di sottoscrivere nulla che arrivi dal Presidente». Con l’attuale Presidente, fra l’altro, Clinton mostra di avere più punti in comune che divergenze tanto da esserne diventato, dopo i numerosi “battibecchi” durante le primarie che lo vedevano contrapposto a sua moglie Hillary, uno dei suoi più convinti sostenitori. «Obama sta facendo un ottimo lavoro – ha precisato Clinton – e la maggior parte delle sue scelte economiche sono ottime per spingere il Paese nella direzione giusta».

Non vuole, dunque, giocare con i se e con i ma, l’ex Presidente, parlando di come poteva essere se alla Casa Bianca fosse tornato lui, sebbene come First Husband. «Io guardo alla realtà delle cose e solo a quella», dichiara, considerando, proprio come il Presidente attuale, assolutamente negative per l’economia americana le politiche dell’era Bush con le due guerre e la riduzione delle tasse ai ricchi.

Le sue posizioni, in definitiva, si distaccano da quelle di Obama solo relativamente all’energia nucleare sostenuta dall’attuale inquilino della Casa Bianca. Per lo più le critiche sono rivolte ai Democratici nel loro insieme, soprattutto per non aver saputo trarre il giusto vantaggio dalla situazione quando detenevano la maggioranza assoluta all’interno del Congresso, maggioranza poi persa con una sconfitta cocente durante le elezioni di medio termine del 2010. Quello sarebbe stato, infatti, per Clinton, il momento ideale per innalzare il tetto del debito evitando poi la devastante negoziazione della scorsa estate che ha portato il paese sull’orlo della bancarotta, mostrandolo «debole e confuso» al resto del mondo.

L’ex Presidente sottolinea anche come, parte della vittoria repubblicana del 2010, sia attribuibile alla capacità del GOP di trovare un linguaggio comune, laddove i Democratici si muovevano come delle entità singole, portavoci spesso di messaggi contrastanti. Questa coesione, in definitiva, ha costituito la chiave di successo del Tea Party, che però Clinton liquida con un rifiuto a tutto tondo e senza possibilità di appello. Ripetutamente l’ex Presidente sottolinea il periodo d’oro vissuto dal Paese sotto la sua presidenza, quasi a cercare in quei dati il conforto per quel titolo suscettibile di diverse chiavi di lettura.

«Di nuovo al lavoro», infatti, può essere riferito all’auspicio rivolto a tutti coloro che sono alla ricerca di un impiego ma può essere anche inteso come un monito, rivolto a se stesso, a rimboccarsi le maniche e «correre in soccorso» dell’attuale governo. Proprio come avvenne durante l’ultimo periodo della campagna elettorale del 2008, quando Clinton si spese senza risparmio per l’elezione di Obama, affiancandolo anche in diversi comizi.