Quello dei giornalisti è un mestiere difficile, in cui sbagliare è la cosa più facile, mentre fare bene richiede lungo esercizio e sempre un po’ di fortuna. Non piace, insomma, fare quelli che insegnano il mestiere ai colleghi, perchè sbagliare si sbaglia tutti, e figurarsi se non sbagliamo anche noi. Ma dei nostri datori di lavoro – lettori, telespettatori, in definitiva cittadini – abbiamo un rispetto contrattuale che, in questo caso, ci obbliga a dire qualcosa.
Parliamo, naturalmente, di quanto andato in onda su alcuni tg nazionali ieri, ancora nel pieno della prima onda emotiva seguito al naufragio della Costa Concordia. I telegiornali nazionali, abboccando a un amo invero piuttosto grossolano che girava in rete, hanno proposto l’interno di una nave da crociera durante una tempesta, come se fosse l’interno della Costa Concordia al momento dell’impatto fatale, sotto la costa del Giglio. Il “falso” peraltro era già stato per tale definito nelle ore precedenti, su diversi blog e tra diversi opinion makers della rete.
A ritrarre tra i primi l’intera vicenda, a ricostruirla nella sua interezza un po’ allarmante, è stata la nostra blogger Anna Simone, che ha ben dimostrato la “patacca” e la sua tardiva circolazione sui telegiornali. Sul suo blog si è poi scatenato un dibattito che riporta le scuse di alcuni telegiornali e il silenzio imbarazzato di altri. Un dibattito che da ore attraversa tutta la rete e all’interno dei quali – comprensibilmente – a uscire con le ossa rotte è la categoria dei giornalisti.
Già, perché il tanto bistrattato “popolo della rete” aveva capito prima la patacca. Aveva fatto il fact checking, il controllo di realtà, e aveva smontato – come fanno i giornalisti veri – un’ipotesi di notizia. Ma il giornalismo “vero”, quello della televisione, ha tirato dritto per la sua strada, esponendosi a un ludibrio doppio: non solo dando per vero il falso, ma non accorgendosi che per un segmento importante di cittadini la falsità dell’informazione era già evidente, o quantomeno assolutamente a portata di mano.
Il presidente dell’ordine nazionale dei giornalisti Iacopino, giusto oggi, interviene sulle pagine del Corriere della Sera per rendere pubblica e cristallizzata la visione dell’ordine rispetto alle proposte di liberalizzazioni di Monti. Dedica nel suo scritto anche un passaggio a Giovanni Tizian, nostro collaboratore minacciato dalla Ndrangheta – e qui ci corre l’obbligo di precisare che non siamo tra quanti remunerano il lavoro dei collaboratori 4 euroi all’articolo, ma circa dieci volte di più -, prima di spiegare le funzioni presenti e passati dell’Ordine: anzitutto, la tutela della deontologia. Il tutto, naturalmente, garantito da un esame di stato senza il quale – dice testualmente Iacopino – non si potrà “dirsi giornalisti”.
L’esame di stato non l’hanno fatto i blogger che hanno scovato la patacca, mentre sicuramente un attestato è in tasca a tutti, nelle redazioni dei tg che l’hanno data per buona. Come la mettiamo?