In Italia ci sono 70 bombe atomiche ma nessuno lo sa

In Italia ci sono 70 bombe atomiche ma nessuno lo sa

La guerra fredda è finita da più d vent’anni, la Seconda guerra mondiale da più di mezzo secolo, eppure le bombe nucleari tattiche statunitensi sono ancora in Europa. Armi con una potenza distruttiva pari a 900 volte quella delle bombe di Hiroshima o Nagasaki. Bombe dislocate anche in Italia, a Ghedi Torre, vicino Brescia e Aviano, in provincia di Pordenone.

«Le armi nucleari tattiche erano state schierate in Europa al fine di prevenire un possibile attacco militare sovietico di tipo convenzionale o nucleare su scala limitata. Tutto questo appare ormai superato sia militarmente, sia politicamente» spiega il professor spiega lo storico e docente universitario Maurizio Simoncelli, vice presidente dell’Archivio Disarmo, tra i massimi esperti della questione. Ma nel nostro Paese, a differenza degli altri, «nessun governo ha mai ammesso la presenza di tali arsenali», nessuno conosce i costi di manutenzione e gestione perché «sui nostri bilanci della Difesa non vi è alcuna indicazione. E’ tutto segreto. Gli italiani sono trattati come minori che non devono sapere» ammette Simoncelli. Inoltre «secondo un rapporto riservato dell’Air Force alcune basi risultano a rischio, a causa della mancanza di misure di sicurezza». Tra queste anche la base italiana di Ghedi di Torre.

Bombe nucleari che «dovrebbero essere trasportate dai nuovi cacciabombardieri monoposto F35». Già. Quelli di cui l’Italia vorrebbe dotarsi per un costo complessivo di 15 miliardi. Anche se con qualche ripensamento del ministro della Difesa Giampaolo Di Paola. Tutto questo benché l’articolo 11 della nostra Costituzione sancisca il ripudio della guerra come strumento di offesa e l’Italia abbia firmato e ratificato il Trattato di non proliferazione nucleare.

Professor Simoncelli, perché nonostante il discorso di Praga del presidente Barack Obama e il clima di distensione maturato in questi ultimi anni, volto al ritiro della armi nucleari, non si è arrivati ancora ad una revisione strategica della posizione dell’Alleanza Atlantica che consenta il ritiro delle armi nucleari tattiche dal territorio europeo?
La Nato con la nuova Dottrina Strategica adottata a Lisbona nel 2010 ha attribuito un ruolo minore alle armi nucleari tattiche statunitensi in Europa, ipotizzandone anche un possibile ritiro. Questa nuova Dottrina Strategica della Nato, però, ipotizza tali ulteriori riduzioni su una base di reciprocità con la Russia, condizione che non si richiedeva negli anni immediatamente successivi alla guerra fredda e che presuppone pertanto Mosca come un nemico. Va notato che la Nato mostra difficoltà ad abbandonare la vecchia mentalità di difesa e deterrenza, di cui le armi nucleari tattiche sono un pilastro. In Europa, ancor più che in America, vi sono alcune forti resistenze ad un cambiamento significativo. D’altro canto, Washington ha compiuto atti significativi, sia ritirando le armi nucleari B-61 da Ramstein (Germania) e da Lakenheath (Gran Bretagna), sia riducendone più della metà (dalle 480 dell’amministrazione Bush alle 200 stimate dell’amministrazione Obama). Il nuovo presidente statunitense ha poi dichiarato nel 2010 con la Nuova Dottrina Nucleare l’intenzione di voler ritirare i circa 320 missili nucleari Cruise mare/terra Tomahawk.

Quante sono le testate nucleari presenti in Europa e in quali Paesi?
Quando parliamo di armi nucleari dobbiamo fare alcune precisazioni. In primo luogo dobbiamo fare la distinzione tra armi nucleari strategiche, di solito a lunga gittata, particolarmente distruttive e con funzioni deterrenti, e quelle tattiche, di minore potenza e gittata, ma il cui utilizzo è previsto in alcuni casi nei campi di battaglia. Inoltre in Europa vi sono tre paesi dotati di tali arsenali, come la Francia, la Gran Bretagna e la Russia. La Francia possiede circa 290 testate nucleari dispiegate (più 10 nei depositi), mentre la Gran Bretagna ne ha 160 (più 65 nei depositi). La Russia ne ha 2.427 dispiegate (di cui 2.000 circa tattiche, più altre 8.570 nei depositi). A questi arsenali vanno aggiunte le bombe nucleari tattiche statunitensi poste sul territorio europee durante il periodo della Guerra Fredda. Si stima che attualmente siano tra le 150 e le 200 bombe Usa B61 dislocate su cinque paesi in sei basi: Belgio (Kleine Brogel, 10-20 bombe). Germania (Büchel, 10-20 bombe), Italia (Aviano, 50 bombe; Ghedi Torre, 10-20 bombe), Olanda (Volkel, 10-20 bombe), Turchia (Incirlik, 60-70 bombe). Tali bombe sono trasportabili da squadroni aerei di F16 e Tornado, con un raggio d’azione massimo di circa 1.400 km (senza rifornimento in volo). Secondo le ipotesi attuali, in futuro tali bombe dovrebbero essere trasportate dai nuovi cacciabombardieri monoposto F35 di quinta generazione con capacità stealth, il cui costo è raddoppiato rispetto a quello previsto inizialmente (da 52,5 milioni di dollari a 92,4 stimati) e di cui l’Italia vorrebbe dotarsi con 131 esemplari per un costo complessivo valutato di oltre 15 miliardi di euro. Infine, va ricordato che, un sottomarino dotato di missili nucleari è una minaccia invisibile e difficilmente individuabile che si può muovere da un mare ad un altro, rappresentando una minaccia superiore sia alle armi nucleari tattiche, sia a quelle strategiche posizionate nei silos, autotrasportate o aviotrasportate.

Quali sono gli stati Europei contrari alla rimozione e perché?
Il paese che mostra le maggiori resistenze è la Francia, seguita da Ungheria e Lituania. Parigi non intende ridiscutere la politica del nuclear sharing temendo sia che si indeboliscano le garanzie di sicurezza garantite dall’attuale sistema, sia di perdere il proprio ruolo di primo piano nucleare in ambito europeo.

Queste armi sono state «il collante dell’Alleanza». Quali forme più utili di condivisione di oneri o più tangibili della solidarietà dell’Alleanza si potrebbero adottare?
Appare necessario uno sforzo di fantasia, per così dire. Gli alleati Nato dovrebbero cercare sistemi di solidarietà e di unione all’interno dell’Alleanza non basati esclusivamente sulle armi nucleari tattiche. Bisognerebbe preparare un pacchetto di proposte per la Revisione del Potenziale di Difesa e Deterrenza cercando in particolar modo di rassicurare la Francia, in merito al suo ruolo e al suo arsenale nucleare.
 
Quale funzione di sicurezza strategica per i paesi della Nato rivestono le armi nucleari tattiche presenti sul territorio europeo?

Storicamente, le armi nucleari tattiche erano state schierate in Europa al fine di prevenire un possibile attacco militare sovietico di tipo convenzionale o nucleare su scala limitata. Tutto questo appare ormai superato sia militarmente, sia politicamente. La Nato è talmente forte dal punto di vista convenzionale che appare improbabile un attacco russo. Tali armi, forse, potrebbero servire solo per contrattare al tavolo dei negoziati con la Russia una riduzione degli arsenali nucleari tattici. Come è stato notato, in realtà la Russia detiene le sue per cercare di compensare la superiorità convenzionale della Nato e non per bilanciare il dispiegamento delle armi nucleari tattiche statunitensi in Europa. Così di fatto, mantenendo le nostre armi nucleari tattiche, anche la Russia è giustificata a non parlarne. Quindi sono inutili militarmente e politicamente.
 
Perché non si riesce ancora a trovare un accordo con la Russia che  rifiuta di negoziare sulla questione fino a che gli Stati Uniti non avranno trasferito le loro armi nucleari tattiche dall’Europa al proprio territorio?
Non va dimenticato che Mosca, dopo la fine dell’Urss, ha ritirato le proprie armi nucleari tattiche dal territorio dei Paesi dell’Europa orientale suoi ex-alleati, schierandone diverse sui propri confini e costituendo così una minaccia per i Paesi Nato. Teoricamente Mosca potrebbe attaccarci, ma non mi sembra che i rapporti Ue e Nato con la Russia facciano prevedere un’escalation di questo genere. Gli Usa, invece, non hanno ritirato tali armi dall’Europa e Mosca lo avverte come una minaccia. Servono misure di rafforzamento della fiducia e non l’installazione di basi o di missili da una parte o dall’altra.

È vero che il governo italiano né smentisce né conferma la presenza delle testate nucleari in Italia?
Nessun governo italiano di centrodestra o di centrosinistra, non negando e non dicendo, ha mai ammesso la presenza di tali arsenali sul nostro territorio nazionale, anche se all’estero tutti sanno quante sono e dove sono. Gli italiani sono trattati come minori che non devono sapere.
 
Qual è la forza esplosiva e la capacità distruttiva delle bombe nucleari B61 presenti in Italia?

Le armi nucleari tattiche B61 sono bombe gravitazionali, che devono essere lanciate da aerei costruiti appositamente o compatibili (F16 o Tornado). La loro potenza distruttiva è pari a 900 volte quella delle bombe di Hiroshima o Nagasaki, con una potenza variabile (a seconda del tipo) da 0,3 a 170 chilotoni.

Quali costi di manutenzione ci sono per queste testate?
Ovviamente, sui nostri bilanci della Difesa non vi è alcuna indicazione circa i necessari costi di manutenzione di queste bombe, dato che servono personale di sorveglianza, edifici, manutentori ecc. È tutto segreto, almeno per i cittadini italiani. I costi rientrano probabilmente nella voce di spesa relativa alla partecipazione alla Nato, ma non sono disponibili i dati analitici. Il non far conoscere tali informazioni non è casuale, poiché in una società democratica i cittadini potrebbero aver qualcosa da obiettare in merito, come, ad esempio, sta avvenendo adesso in Italia nel caso dei 15 miliardi di euro destinati ad acquistare i cacciabombardieri F35, per di più in un momento di gravissima crisi economica e di tagli drammatici allo stato sociale, alla sanità e all’istruzione.
 
I siti nucleari in Europa rispettano gli standard di sicurezza o come affermano alcuni documenti del Dipartimento della Difesa USA e numerosi attivisti?
Secondo un rapporto riservato dell’Air Force degli Stati Uniti, già nel 2008, risultavano a rischio alcune basi Nato in Europa, a causa della mancanza di misure di sicurezza considerate come standard dal Pentagono e non messe in atto dai paesi alleati. Tra queste veniva segnalata la base di Ghedi di Torre, in Provincia di Brescia. E questo è stato ribadito in un recente rapporto di Greenpeace del febbraio 2011.
 
Perché allora se l’Italia ha firmato e ratificato il Trattato di non proliferazione nucleare – che si basa su tre principi, ossia disarmo, non proliferazione e uso pacifico del nucleare – ci troviamo ad avere decine di ordigni nucleari americani sul nostro territorio?
Qui tocchiamo un nodo nevralgico della nostra politica e della nostra Costituzione. Da un lato si affermano solennemente il ripudio della guerra (art. 11 della Costituzione) e l’impegno a non dotarsi o ospitare armi nucleari (artt.1 e 2 del Trattato di Non Proliferazione Nucleare), dall’altro si opera in tutt’altra direzione, sia partecipando a vere e proprie guerre, sia ospitando tali arsenali nucleari, sia acquisendo sistemi d’arma (come gli F35) utili per un bombardamento nucleare. Le nostre forze politiche si dimostrano così clamorosamente contraddittorie ed incoerenti, anche quelle d’ispirazione cattolica o progressista, quando, pur essendo al potere, non riescono a operare in sintonia con i principi in cui affermano di credere (almeno a parole). Quando poi altri governi come quello di Teheran si muovono nello stesso senso, i governi occidentali si fingono indignati per il comportamento minaccioso dell’Iran. Insomma, due pesi e due misure. Per di più, in Italia un dibattito politico ampio e approfondito sul modello di difesa e sulle conseguenti opzioni non è mai stato presente in tempi recenti nei programmi delle nostre forze politiche.

Di fatto gli Stati Uniti possono decidere l’impiego delle armi nucleari senza il permesso del governo italiano?
Ufficialmente si è sempre parlato di “doppia chiave”, per cui le bombe B-61 statunitensi di Ghedi Torre potrebbero essere utilizzate solo se noi fornissimo il mezzo di trasporto, cioè i caccia bombardieri italiani Tornado. Quelle di Aviano sarebbero, invece, esclusivamente ad uso degli aerei americani. Parlo sempre con il condizionale, poiché non so effettivamente cosa avverrebbe in caso di crisi.

Precisazione del professor Maurizio Simoncelli

Strettamente collegato a tale tema, quello della sicurezza dei siti militari italiani che ospitano armi nucleari statunitensi.Sulla base di informazioni comparse sul sito web della Federation of American Scientists, due interrogazioni (3-00095 Mogherini Rebesani e 3-00139 Ferrari e Corsini) hanno sollevato dubbi in merito al rispetto degli standard internazionali di sicurezza. A tali interrogazioni il governo in Aula il 23 settembre 2008. Il Sottosegretario di Stato per la difesa, Giuseppe Cossiga, ha dichiarato che le denunce riportate nelle due interrogazioni non trovano riscontro ufficiale in alcun documento, nonostante le fonti indicate dal sito web citato siano il Dipartimento della difesa ed il Governo americano. Sia per quanto concerne la base militare di Ghedi, che dal 1951 è sede del 6° stormo dell’Aeronautica militare, sia per la base di Aviano, Cossiga ha rassicurato che, sulla base degli elementi forniti dai competenti organi tecnico-militari, la cooperazione nelle attività del personale statunitense e italiano, nonché le infrastrutture della base e gli equipaggiamenti utilizzati, rispondono pienamente agli standard richiesti dalle direttive NATO e dalle regolamentazioni nazionali vigenti. Si può consultare anche Il dibattito sulle armi nucleari tattiche in Italia: tra impegni di disarmo e solidarietà atlantiche di Paolo Foradori (IAI), p. 6, nonché Le Armi Nucleari Tattiche USA in Italia di Laura Spagnuolo (BASIC), p. 6. Rimane ignota, a quel che mi risulta, l’esatta consistenza tipologica in kt delle bombe B61.

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