Secondo Banca d’Italia, il Pil italiano nel 2012 subirà una contrazione in termini reali dell’1,5 per cento. Nell’ultimo aggiornamento del Documento Economico Finanziario, diramato dal Governo lo scorso 4 dicembre 2011, all’indomani dell’approvazione del cosiddetto “Decreto Salva Italia”, le previsioni per il 2012 prevedevano già un decremento del Pil in termini reali, ma nella più contenuta misura dello 0,46 per cento.
Che riflessi determina questo peggioramento sui principali saldi e indicatori di finanza pubblica? Il Pil dovrebbe attestarsi a fine 2012 a 1.595 miliardi di euro, invece che agli attesi 1.612. Il deficit dovrebbe salire a poco più di 27 miliardi di euro, rispetto ai previsti 19,5. Il rapporto deficit / Pil passerebbe quindi da 1,21% a 1,70 per cento. Nonostante le previsioni di crescita del Pil sui successivi anni 2013 e 2014 siano state per ora confermate, il significativo peggioramento del dato sul 2012 determina riflessi anche per tali anni. Nel 2013, in luogo del preventivato pareggio di bilancio, dovrebbe esserci un deficit di poco superiore ai 7 miliardi (pari allo 0,44% del Pil). Nel 2014, in luogo del preventivato avanzo di 3,5 miliardi, dovrebbe esserci un deficit di 4,5 miliardi (pari allo 0,27% del Pil).
Anche il rapporto debito/Pil dovrebbe inevitabilmente peggiorare nel triennio 2012-2014, passando dal preventivato 120,15% → 118,68% → 114,15% al 121,89% → 120,41% → 115,84 per cento. Si rende dunque necessaria un’ulteriore manovra finanziaria per la correzione dei conti? Per il momento, fortunatamente, la risposta sembra poter essere negativa. Una parte dei circa 7,5 miliardi di peggioramento del saldo finale del bilancio dello Stato potrebbe venire compensata, sia sul 2013 che sul 2014, da una spesa per interessi passivi inferiore a quella stimata nel Def dello scorso 4 dicembre 2011, ove proseguisse e si consolidasse la riduzione dello spread sui titoli del debito pubblico, rispetto ai picchi massimi fatti registrare alla fine di novembre 2011, quando il documento fu redatto. Anche a prescindere da questo fatto, il peggioramento dei saldi e degli indicatori (dovuto alla previsione di una riduzione del Pil reale di 1,5 punti percentuali sul 2012 rispetto al 2011), pur non consentendo all’Italia di raggiungere il pareggio di bilancio sul 2013, la mantiene comunque all’interno dei vincoli imposti dal “Fiscal compact”, sottoscritto lo scorso 30 gennaio 2012 insieme ad altri ventiquattro Paesi dell’Unione europea.
Elaborazioni Eutekne.Info su dati Ministero dell’Economia e delle Finanze e Banca d’Italia
Il “Fiscal compact”, si ricorda, obbliga i Paesi firmatari, a partire dal 2013, a non chiudere il bilancio con un deficit superiore allo 0,5% del Pil e a ridurre annualmente il proprio rapporto debito / Pil di un ventesimo della differenza tra il rapporto effettivo e il rapporto “ideale” del 60 per cnto. Si può quindi essere tranquilli sul fatto che non sono in arrivo altre manovre? Tutto dipende dal fatto che, almeno per il 2013 e il 2014, le dinamiche del Pil evidenziate nel Def del 4 dicembre 2011 e (a differenza di quella già “sconfessata” per il 2012) per ora confermate dalla Banca d’Italia, non vengano a loro volta riviste al ribasso nel prossimo futuro.
Da questo punto di vista, se si guarda al recente passato, serve davvero un notevole esercizio di ottimismo per non temere questa ipotesi. Lo scorso 13 aprile 2011, il Def prevedeva tassi di crescita reale del PIL pari all’1,05% per il 2011, all’1,26% per il 2012, all’1,50% per il 2013 e all’1,59% per il 2014. Già nell’aggiornamento del 22 settembre 2011, il Def aveva rivisto al ribasso i tassi di crescita reale del Pil, portandoli allo 0,75% per il 2011, allo 0,63% per il 2012, allo 0,81% per il 2013 e all’1,12% per il 2014. Anche queste stime sono però state oggetto di rivisitazione al ribasso in occasione del Def del 4 dicembre 2011. In particolare, in tale occasione i tassi di crescita reale del Pil furono ridotti a 0,64% per il 2011, -0,46% per il 2012, 0,34% per il 2013 e 0,93% per il 2014.
Ora che ci siamo arrivati, tocca all’anno 2012 subire l’ennesima revisione al ribasso ed è quindi evidente lo scetticismo che accompagna la contestuale rassicurazione sull’invarianza delle previsioni di crescita relative al 2013 e 2014. Anche perché, non va dimenticato, da giugno 2012 in avanti, tra prima e seconda rata Imu ed incremento di due punti percentuali delle attuali aliquote Iva del 10% e 21%, cittadini e imprese dovranno versare nelle casse dello Stato, per il solo anno 2012, circa 14 miliardi di euro in più che saranno così sottratti ai consumi e all’economia privata.