Post SilvioIl governo sia inflessibile su Eni e banche come sull’articolo 18

Il governo sia inflessibile su Eni e banche come sull’articolo 18

“Sulla riforma del mercato del lavoro andremo avanti anche senza accordo”. Il governo Monti, nelle parole del premier e della ministra Elsa Fornero, non ha mai mostrato tentennamenti. Ha fatto della riforma del mercato del lavoro una sua priorità Vedremo come procederà il cammino di questa riforma, ma un merito di dibattito va senza dubbio riconosciuto. Nella società come nella politica, soprattutto nel centrosinistra, non si potrà più fare finta di niente, e anche il difficile crinale su cui si trova a muoversi Pierluigi Bersani, all’interno del partito e nel rapporto coi sindacati, testimonia che il tema c’era tutto, ed aspettava solo di essere portato alla luce. Il dualismo tra protetti e non, del resto, era e resta uno dei nodi rimossi della nostra epoca.

Proprio perché questo governo ha il diritto-dovere di dare una visione e indicare una linea su tutte le più importanti questioni del paese, è con una certa preoccupazione che guardiamo alle titubanze e frenate che emergono su altri fronti. Parliamo naturalmente delle liberalizzazioni. La prima frenata l’abbiamo già vista arrivare, ed è quella sui taxi. Incalzato da una piccola lobby rumorosa, e dalle paure dei partiti che si avvicinano alle amministrative in tante città importanti, ha delegato ai sindaci il compito di erogare nuove licenze. Una retromarcia a tutti gli effetti, come scrive Marco Giovanniello, che non preoccupa tanto nel merito – non pensiamo che il male più grave dell’Italia siano i taxi – ma nel metodo.
Allo stesso modo e secondo lo stesso schema, infatti, la frenata e la retromarcia rischiano di verificarsi su questioni ben più importanti. Dalla liberalizzazione nel settore bancario e assicurativo, allo scorporo di Snam rete gas, giù giù fino alle farmacie e ai professionisti, gli emendamenti che arrivano da un parlamento assai opaco nel rapporto con gli interessi piccoli e grandi che stanno nel paese sembrano ambire a un obiettivo chiaro: fermare tutto.

Il ministro della Giustizia e avvocato Severino ha detto che le “novità” contenute nel decreto liberalizzazioni: «Non riguardano lo status degli avvocati, ma la trasparenza dei rapporti con i clienti». Quindi “roba vera”, come ebbe a dire Monti, o “non si tocca lo status”? Uno status che non verrà modificato più di tanto è quello dei tassisti: non ci sarà la doppia licenza o quelle part-time. Cancellato anche il ruolo dell’Autorità sulle nuove licenze, si torna ai sindaci e regioni «nell’ambito delle loro competenze». Le farmacie? Si punta ad abbassare il numero delle nuove aperture e – forse – a ridiscutere la liberalizzazione del commercio dei farmaci di fascia C. Le banche potranno continuare ad offrire una polizza vita condizionata al mutuo, solo sarà gratuito il conto per chi dovrà ricevere la pensione fino a mille 500 euro e non può più farlo in contanti, dimenticando peraltro che molti dei redditi bassi li percepiscono giovani precari, che non sono necessariamente più ricchi degli anziani. Sullo scorporo della rete gas si parla già di tempi più lunghi, oltre i due anni proposti dal governo con il decreto e – va riconosciuto – sostenuto in modo convinto da molti esponenti Partito democratico.

Insomma, la scena che rischia di concretizzarsi è questa: scontro aperto coi sindacati con le forze ad essi storicamente legate, e arretramento rispetto agli interessi costituiti di piccoli e grandi potentati italiani, legati in maniera opaca ai partiti nazionali e locali, e in modo risalente ad alcuni esponenti di questo governo.
Queste “due velocità” sono un male che il paese non si può permettere e che, viene da aggiungere, difficilmente accetterebbe. Riformare il mercato del lavoro è un’urgenza. Liberalizzare il paese aprendolo a vera concorrenza per il bene del cittadino consumatore anche. Il governo di Mario Monti si carichi di entrambe le questione con la stessa forza, senza temere i ricatti della politica e senza lasciare nessuno spazio all’impressione che le riforme che si fanno riguardano solo il lavoro, senza mai toccare le rendite. Che sono un problema dell’Italia e uno dei fattori della nostra mancata crescita.
 

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