«Non ha senso che i Comuni di Milano e Brescia abbiano la maggioranza di A2a». Secondo quanto rivela una fonte autorevole a Linkiesta, a pochi giorni dall’accordo con Iren sulla nuova Edipower, all’interno del consiglio di amministrazione dell’ex Aem si comincia a riflettere davvero sull’opportunità, per le due municipalità lombarde, di mollare la presa e alleggerire le proprie quote, che oggi sono paritetiche al 27,5 per cento. Bruno Tabacci, assessore al Bilancio della giunta Pisapia, l’aveva detto chiaramente: la diluizione non deve essere un tabù. Il business è troppo complesso per lasciarlo in balìa dello spoil system della politica. Sul tavolo ci sarebbero diverse ipotesi, ma una fusione di Iren e A2a sembra ancora prematura: troppe le parrocchie da accontentare. Più fattibile invece, come ha sottolineato nei giorni scorsi il presidente di Iren, Roberto Bazzano, l’entrata di un soggetto finanziario in Edipower per alleggerire l’onere del debito che grava sui nuovi azionisti di riferimento della compagnia.
Stando agli accordi siglati con i francesi di Edf lo scorso 27 dicembre nell’ambito della cessione di Edison, sarà proprio A2a a controllare il 56% di Edipower, con Iren secondo azionista al 21%, Dolomiti di Energia e Sel al 7%, e gli istituti di credito (Mediobanca, Banca popolare di Milano e Fondazione Crt) complessivamente al 9 per cento. Lo schema approvato il giorno dopo Santo Stefano prevede una partecipazione diretta delle due utilities del Nord in Edipower rispettivamente del 20% per A2a e del 10% di Iren, quote a cui, appunto, va sommato il 51 e il 15% della holding Delmi, che sarà riassorbita in Edipower entro l’estate.
Il nodo che è stato faticosamente risolto consensualmente con Iren riguardava la natura della sua partecipazione in Edipower, che i vertici dell’ex municipalizzata genovese hanno sempre rifiutato di considerare soltanto dal punto di vista finanziario, chiedendo ad A2a un potere effettivo dei propri soci sulle materie che impattano in misura rilevante sul valore patrimoniale della società, ovvero su tre elementi: dismissioni, investimenti e piano industriale. Secondo indiscrezioni non confermate né smentite da Iren, l’accordo prevede il potere di veto su investimenti superiori a 200 milioni di euro.
Assetto societario di Edipower dopo l’operazione Edison – Edf
Dalla definizione del piano industriale passa il rifinanziamento di 1,1 miliardi di euro di debiti maturati da Edipower, che intanto è stato rinegoziato per la parte a breve termine attraverso un prestito soci e A2a affronterà una volta chiusa l’operazione, il 15 febbraio. L’altro punto del contendere tra i soci forti della nuova Edipower concerne le cosiddette tolling fee, che le utilities versano a Edipower per la copertura dei costi fissi e variabili derivanti dalla fornitura di energia da trasformare e successivamente rivendere sulla rete nazionale. A2a preferisce mantenere questa “tassa” a un livello elevato in modo tale da incrementare il margine operativo lordo della controllata e rendere così più sostenibile il suo indebitamento. Un ragionamento che non ha trovato d’accordo Iren per una questione contabile: A2a consoliderà a bilancio la partecipazione in Edipower, mentre Iren la iscriverà a patrimonio netto, non essendo l’azionista di maggioranza.
A parte l’idroelettrico, nessuna società, a detta degli analisti, è in grado di ottenere una marginalità elevata sul gas, il cui prezzo d’acquisto è il segreto industriale di ogni utility. In termine tecnico si chiama spark spread, e stando all’ultima trimestrale di Edison corrisponde a un prezzo medio di settore pari a 12,9 euro a megawatt. È anche dall’altalena di questo valore che dipendono le politiche di A2a in termini di divendi da erogare ai Comuni azionisti di maggioranza: per i prossimi sei anni, ai sensi dell’accordo con Edf, Edison fornirà gas a Edipower a prezzi correnti. È su questo parametro che si calcoleranno i suoi flussi di cassa e il suo margine operativo lordo.
Per quest’anno, intanto, Giuliano Pisapia e l’omologo bresciano Adriano Paroli dovranno accontentarsi. Il prezzo medio ponderato – sul quale la Consob deve ancora esprimersi – al quale Edf lancerà l’Opa obbligatoria su Edison è di 0,84 euro per azione. Delmi, che prima dell’operazione era controllata al 51% da A2a, e a sua volta controllava pariteticamente con Edison Transalpina di Energia, che deteneva il 63,3% di Edison, ha in carico le azioni Edison a 1,5 euro. Al 31 dicembre 2010, ultimo bilancio disponibile, la sua quota in TdE valeva invece 1,7 miliardi di euro, mentre il 50% di Edipower di proprietà di Edison è iscritto nell’ultimo bilancio di TdE a 1,44 miliardi di euro. Cifre che difficilmente saranno rimaste tali, visto che in un anno il titolo ha perso il 60 per cento. Il 23 marzo si riunirà il consiglio di gestione di A2a per l’approvazione del bilancio e la destinazione dell’utile. Sempre che ci sia.
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