Jean-Cyril Spinetta, da poco tornato AD di Air France-KLM, ha affermato oggi che non sta cercando di ottenere il controllo di Alitalia. Nelle sue parole diplomatiche «Il futuro di Alitalia sta “certamente” nel rafforzamento della collaborazione con Air France-Klm, ma spetta ai soci italiani decidere su un eventuale acquisto della compagnia da parte del gruppo franco-olandese», come riporta l’agenzia Radiocor – Il Sole 24 Ore. L’affermazione non sorprende affatto, perché il matrimonio in questo momento sarebbe impossibile e, per Air France, inutile.
La crisi economica ha posto sotto pressione sia il gruppo franco-olandese che quello che fa capo al concorrente tedesco Lufthansa. Colonia è stata più lesta nel mettere la marcia indietro nel Risiko europeo. L’acquisto di Swiss è stato un grande affare, molto meno quello di Austrian, che stenta a trovare l’ equilibrio finaziario. Quello forzoso di Bmi, per cui il vecchio proprietario aveva un put, è stato un disastro che si risolve con la vendita del vettore e soprattutto dei preziosi, rari slot a Heathrow che possiede all’ arcirivale British Airways, se ci sarà il placet dell’ Antitrust europeo, dopo quello già ottenuto dall’ OFT britannico. Lufthansa si è già ritirata dall’ infelice campagna d’ Italia, chiudendo la filiale aperta a Malpensa, che mai avrebbe potuto prosperare con Linate dominato da Alitalia.
Air France ha il 25% di Alitalia, con tutti i vantaggi, cioè aspira tutti i passeggeri possibili dagli aeroporti italiani e li smista in tutto il mondo tramite i suoi hub di Parigi e Amsterdam. A parte una cointeressenza che riconosce ad Alitalia, si prende quasi tutto il filetto del lucroso traffico intercontinentale e non avrebbe convenienza a comprare il 75% che è di proprietà degli investitori italiani, capitanati da Roberto Colaninno e Intesa Sanpaolo. Con il 100% non guadagnerebbe un euro in più, tenuto conto che Alitalia non produce profitti, solo si assicurerebbe per sempre la posizione dominante nel mercato italiano, che rischia di perdere.
Colaninno & soci hanno investito, se non ricordo male, circa 1.150 milioni di euro e naturalmente vogliono recuperare l’ investimento e, se possibile, guadagnare qualcosa, non venderebbero certo in perdita. La capitalizzazione del gruppo Air France è scesa moltissimo, da parecchi miliardi a circa 1.240 la scorsa settimana, se non vado errato. Chi comprerebbe mai Alitalia ad almeno 1.150 milioni, quando Air France-KLM ne vale 1.240? Chi valuterebbe, in uno scambio carta contro carta, Alitalia al prezzo che Colaninno richiede per non perdere e Air France al prezzo di Borsa? Nessuno. Il risultato è che questo matrimonio non s’ ha da fare, certo non oggi e domani chissà. Certo prima Air France dovrà passare attraverso una fase di ristrutturazione che incontrerà resistenze sindacali fortissime.
Nel frattempo Alitalia ha perso la prospettiva certa di un matrimonio alla fine del periodo di lock-up annunciato per convenienza politica del fu governo Berlusconi. Alitalia è molto più in forma di tre anni fa, può trovare altri spasimanti e può e forse deve guardarsi intorno, l’ Italia dovrebbe darle una mano, si può trovare di meglio di un marito che ha preteso la soppressione dei parenti del nord Italia o almeno stipulare patti prematrimoniali che tengano conto dei mutati rapporti di forza. Alitalia non è più il brutto anatroccolo e Air France non è più il Principe Azzurro, quello che fu concepito sotto Prodi come matrimonio riparatore a condizioni durissime va rinegoziato, tenendo conto finalmente delle esigenze del Paese, nord compreso e va rinegoziato dall’ Italia, non solo dai soci di Alitalia, che ne sono proprietari ma hanno ottenuto e ottengono dallo Stato favori enormi di cui si devono sdebitare.
Pubblicato originariamente sul blog di Marco Giovaniello, Rotta sul mercato