BRUXELLES – Cobalto, magnesio, berillio, bauxite, zinco, nickel, alluminio, oro. Altro che turismo, per la Grecia la svolta potrebbe venire dal suo ricchissimo – ma sottosfruttato – sottosuolo, che ne fa, quanto a risorse minerarie, il terzo paese nell’Ue dopo Finlandia e Svezia. Mentre si fanno i conti con i risultato dello swap con i privati e già si parla di terzo pacchetto dopo il secondo da 130 miliardi di euro in dirittura d’arrivo, la Commissione Europea indica una risorsa che potrebbe dare una mano insperata all’Ellade.
L’idea è dei servizi del commissario all’Industria, Antonio Tajani, che si stanno occupando attivamente della spinosa questione degli approvvigionamenti di materiali cruciali per le industrie high tech. Uno studio della sua direzione generale ha individuato 14 materiali «critici» per la crescente penuria a livello mondiale (antimonio, berillio, Cobalto, Fluorite, Gallium, Germanio, Grafite, Indio, Magnesio, Niobium, metalli del gruppo del Platino, tantalo, tungsteno e terre rare). Lo scorso novembre il Centro di ricerca congiunto della Commissione Europea ha lanciato l’allarme: nei prossimi due decenni l’insufficienza di questi materiali potrebbe portare alla netta contrazione della produzione ad esempio nel campo delle tecnologie dell’energia eolica, solare o nucleare, ma anche dei veicoli elettrici, problemi anche per telefonini (iPhone incluso), televisori, missilistica spaziale, satelliti e altri prodotto di altissima tecnologia. Tanto più, spiegano alla Commissione, che per tutti questi prodotti minerari l’Ue è dipendente al 95% dalle importazioni.
Particolari preoccupazioni vengono dalla politica perseguita dalla Cina nel settore. Il colosso asiatico detiene il 97% delle terre rare e ne consuma il 60%, e sta attuando una politica di restrizione all’export. Pechino però minaccia l’Europa anche su alcuni altri dei materiali «critici» attraverso l’Africa, in cui sta attuando un espansione rapidissima: se nel 2001 Pechino era presente nel solo Sudan, nel 2010 era attiva in 44 paesi africani. Basti dire che controlla le principali miniere di cobalto – fondamentale ad esempio per le batterie al litio – nella Repubblica democratica del Congo, e sta dirottando il grosso della produzione per l’uso nella stessa Cina, a sua volta sempre più affamata di materie prime.
Tajani ha già preparato una strategia che punta a trovare alternative alla Cina. Nei prossimi mesi sarà in Groenlandia, considerata ricchissima di terre rare, con l’obiettivo di stipulare un accordo bilaterale. La Commissione, punta molto anche alla ricerca di materiali sostitutivi e al riciclaggio – e infatti parla di «miniere urbane» – ma anche a una mappatura in 3D dei suoli europei grazie ai satelliti per individuare giacimenti ancora non sfruttati.
Secondo stime diffuse da Bruxelles, complessivamente le risorse minerarie nel Vecchio Continente a una profondità di 500-1000 metri ammontano a circa 100 miliardi di euro. Ed è qui che salta fuori la Grecia. Secondo la Commissione, il paese mediterraneo ha delle potenzialità enormi, non solo per le miniere attuali – fortemente sottoutilizzate – ma anche per altri possibili giacimenti ancora non scoperti. In gioco, potenzialmente, sono miliardi di euro che sarebbero più che benedetti per un paese da due anni costantemente sull’orlo della bancarotta. La Grecia, però, è la Grecia, e i problemi che l’affliggono su altri aspetti della sua economia non mancano di colpire anche qui. Alla Commissione ricordano le molte miniere bloccate da lotte sindacali e/o ambientalistiche, alcune addirittura chiuse, il che rende non facile la prospettiva di aprirne addirittura di nuove. E infatti negli ultimi anni l’attività mineraria è andata progressivamente calando.
La crisi, però, potrebbe cambiare le cose e aprire nuove chance. E forse aiuta anche il fatto che il ministro competente, il titolare dell’Ambiente Giorgos Papaconstantinou sia stato ministro delle Finanze fino all’anno scorso. Non a caso, spiegano alla Commissione, Papaconstantinou si è subito mostrato interessatissimo alle attività di Bruxelles in materia, come dimostra l’intenso carteggio tra il ministro e i servizi di Tajani. Nelle lettere il greco ha annunciato un piano strategico di Atene sulla questione, e ha chiesto (e ottenuto) di essere coinvolto nella “Innovation Partnership” sulle materie prime, una sorta di “alleanza“ promossa dalla Commissione tra Ue, Stati membri, imprese e ricercatori per favorire l’esplorazione, l’estrazione e l’elaborazione delle materie prime. Papaconstantinou si sta già dando da fare, ad esempio a luglio ha assegnato al colosso minerario European Goldfield una concessione per creare due miniere per l’estrazione dell’oro nei pressi di Salonicco, per un investimento di 1,3 miliardi di euro.
L’oro, fanno sapere da Atene, non è che l’inizio di una nuova massiccia campagna mineraria. Sperando che questa volta, davvero, funzioni. Come lo swap con i privati.