Affitti una casa? Finanzierai tu la riforma del lavoro

Affitti una casa? Finanzierai tu la riforma del lavoro

O la cedolare secca o il nero, con tutti i rischi che comporta. Per finanziare la riforma del lavoro il Governo ha ridotto dal 15 al 5% la deduzione per chi dichiara con l’Irpef il reddito che deriva dagli affitti, aumentando quindi del 10% l’imponibile per i locatori. Una misura che garantirà 627 milioni di euro nel 2014 e altri 365 l’anno dal 2014 fino al 2021. Nulla cambia, invece, per i proprietari in regime di cedolare secca, che a fronte di un’aliquota forfettaria del 21%, non pagano le imposte di registro e di bollo né sul contratto né sulle successive proroghe, mentre gli inquilini hanno il vantaggio di non dover vedersi rivalutato il canone annuo in base all’inflazione calcolata dall’Istat.

Anche per gli affitti, dunque, si va verso un contratto predominante. Questa almeno sembra la ratio del provvedimento, al netto delle immediate esigenze di cassa. Eppure, il grande rischio insito nella norma è di aumentare ulteriormente l’evasione fiscale immobiliare. Rischio che, in teoria, dovrebbe essere eliminato proprio dalla legge 23 del marzo 2011, che introduce la cedolare secca e prevede la possibilità, per chi denuncia il proprietario evasore, di godere di un affitto calmierato per otto anni. I primi esposti non si sono fatti attendere, ma è ancora presto per fare un bilancio.

Secondo uno studio dell’Agenzia del Territorio basato sulle dichiarazioni dei redditi dei contribuenti, nel 2009 gli affitti registrati regolarmente erano 2,8 milioni, più altri 122mila immobili affittati da società e 850mila immobili di proprietà statale, per un numero complessivo di 3,8 milioni. Tuttavia, le famiglie in affitto nello stesso anno erano 4,3 milioni. Di conseguenza, un milione di abitazioni sono affittate in nero, pari a un miliardo di euro in meno nelle casse statali. Sempre nel 2009 il Sunia, il sindacato degli inquilini, ha calcolato che le abitazioni locate senza alcuna registrazione sono 1,5 milioni, per un mancato gettito di 3,5 miliardi di euro, che corrisponde a un imponibile di ben 13 miliardi. Come tutte le stime, si tratta di cifre piuttosto imprecise.

Molto più chiari, invece, i numeri sulla ricchezza delle famiglie italiane, calcolati da Bankitalia, e a cui ovviamente concorrono anche gli immobili. Secondo via Nazionale, infatti, alla fine del 2010 la ricchezza lorda delle famiglie italiane era pari a circa 9.525 miliardi di euro, corrispondenti a poco meno di 400 mila euro in media per famiglia. Le attività reali rappresentavano il 62,2 per cento della ricchezza lorda, mentre le attività finanziarie il 37,8 per cento. Palazzo Koch mostra inoltre che, nel confronto internazionale (dati 2009), la ricchezza delle famiglie italiane è pari a 8,3 volte il reddito disponibile, contro l’8 del Regno Unito, il 7,5 della Francia, il 7 del Giappone, il 5,5 del Canada e il 4,9 degli Stati Uniti. Nello specifico, la ricchezza in abitazioni, a prezzi correnti, è cresciuta tra la fine del 2009 e la fine del 2010 dell’1 per cento (circa 48 miliardi di euro), un tasso piuttosto inferiore al decennio 1999-2009 (+5,9%), ma tale da determinare un rapporto tra attività reali in rapporto al reddito disponibile lordo (5,6) superiore alle famiglie residenti in Francia (5,5), nel Regno Unito (5,1) negli Stati Uniti (2,1) e in Giappone (3,3), segno di una maggiore propensione all’investimento immobiliare. 

Se, com’è noto, gli italiani preferiscono investire nel mattone, l’aumento dell’imponibile Irpef sugli affitti è la terza misura, dopo la rivalutazione del valore catastale degli immobili e l’Imu, che tocca direttamente la casa agli italiani dopo la simbolica eliminazione dell’Ici voluta dal Governo Berlusconi. Nelle scorse settimane Mario Monti aveva lodato i risultati dell’Agenzia delle Entrate, che nel 2011 ha recuperato 12 miliardi di euro grazie alla lotta all’evasione fiscale, mentre il ministro Passera aveva sottolineato l’urgenza di «Sanzioni sociali». Se non ci saranno i necessari controlli, l’aumento della tassazione sugli affitti del 10% rischia soltanto di aumentare i proprietari che preferiscono sfidare la sorte e l’intraprendenza degli inquilini per rimanere nell’ombra.

Twitter: @antoniovanuzzo 

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