Gli Usa contro la Nutella ma che mondo sarebbe senza?

Gli Usa contro la Nutella ma che mondo sarebbe senza?

Che mondo sarebbe senza Nutella? Probabilmente senza l’America. Per i prodotti di punta della Ferrero, infatti, il mercato statunitense sta diventando sempre più complicato. È di poche ore fa la notizia dell’accordo extragiudiziale da 3 milioni di dollari siglato dalla controllata Usa dell’azienda di Alba nell’ambito di una class action promossa da alcuni consumatori californiani contro una campagna pubblicitaria che definiva “salutare” la Nutella. Tutto è partito da un esposto presentato lo scorso febbraio dalla signora Athena Hohenberg, residente a San Diego e madre di una bimba di quattro anni, che ha denunciato gli spot secondo cui Nutella sarebbe sinonimo di una colazione «equilibrata, gustosa e sana».

La Hohenberg si è detta «scioccata nell’apprendere che la Nutella era, di fatto non “cibo sano e nutriente” ma la cosa più vicina a una barretta di cioccolato, e contiene quantità elevate e dannose di grassi saturi». La presa di posizione della mamma di San Diego ha suscitato più di qualche ilarità, tanto che la rivista L.A. Weekly si è permessa di suggerire alla diretta interessata di leggere sul retro della confezione la lista degli ingredienti: zucchero, olio di palma, nocciole, cacao, latte scremato, siero di latte, come lecitina di soia, vanillina, etc. e di giudicare da sé se fossero meglio o peggio di altri prodotti con cui nutre normalmente la sua pargoletta. Della serie: non ci voleva molto per capire che di Nutella, come peraltro ben sanno per esperienza i bimbi di mezzo mondo, non è bene abusarne. 

Nel dettaglio, l’accordo prevede che Ferrero Usa sborserà 4 euro per ogni barattolo di Nutella acquistato tra il 2009 e il gennaio 2012 in California, e nel resto degli Usa dal 2008 al febbraio 2012. Per aderire c’è tempo fino al 5 luglio prossimo, per un massimo di cinque barattoli. Ferrero Usa, inoltre, si è impegnata a rivedere le proprie politiche di marketing, evitando pubblicità a rischio di interpretazioni equivoche. 

Non c’è solo la Nutella: di recente sono finiti nel mirino, stavolta della polizia Usa, anche gli ovetti Kinder. I quali possono essere consumati sul posto, ma non essere portati con sé come merenda. A dirlo una legge che risale al 1938, che vieta di porre materiali non commestibili all’interno di dolciumi confezionati: troppi rischi d’ingestione da parte dei più piccini. Così, chi entra in territorio statunitense con degli ovetti in valigia, rischia multe per centinaia di migliaia di dollari. Sembrerà incredibile, ma il pericolo non è da sottovalutare, come dimostrano i 66mila ovetti sequestrati dalle dogane statunitensi nel corso del 2010. Anche in questo caso, molte associazioni dei consumatori si sono mosse per chiedere l’annullamento della legge, ma senza ottenere alcun risultato. In realtà, più che per timore che a qualche pargoletto vada di traverso la sorpresina dell’ovetto, la battaglia sembra più orientata a prevenire il traffico di sostanze illegali all’interno degli involucri di plastica in questione. 

Negli ultimi anni le autorità federali statunitensi hanno preso così sul serio la loro lotta contro gli ovetti Kinder che, in occasione della Pasqua 2008, un comunicato diramato dal Department of Homeland Security, equiparabile grosso modo al nostro ministero dell’Interno, si vantava di esser riuscito ad evitare che «questi giochi potenzialmente pericolosi finissero nei cestini pasquali dei bambini», rinnovando il solenne impegno a «Vigilare affinché prodotti dannosi non entrino all’interno dei confini degli Stati Uniti».

Nonostante veti e i divieti, Ferrero si può consolare con i numeri del bilancio 2011 – chiuso il 31 agosto scorso e approvato a fine febbraio – che evidenzia un fatturato in crescita del 9,1% sul 2010, a 7,2 miliardi di euro, seppure con un utile ante imposte in calo del 4,1% a quota 856 milioni di euro. Il tutto grazie a risultati «particolarmente brillanti», almeno a quanto si dice nel sito del gruppo (che, non essendo quotato, non ha l’obbligo di pubblicare i conti nel dettaglio) «in Russia, Stati Uniti d’America e Brasile». Insomma, gli americani continuano a mangiare pane e Nutella a colazione. Tranne, forse, la figlia della signora Hohenberg.

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