Le liberalizzazioni rendono i notai ancora più ricchi

Le liberalizzazioni rendono i notai ancora più ricchi

E dire che le liberalizzazioni, in teoria, dovrebbero favorire i consumatori. Almeno secondo il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Antonio Catricalà, secondo cui, per i notai e i farmacisti, «Non si tratta di ampliare i mercati ma di ridurre i prezzi». Il via libera all’ingresso di 1.500 nuovi notai da qui al 2014, rischia invece di scatenare l’effetto opposto: l’aumento delle parcelle. Se la tariffa minima non esiste più dal 2006, all’epoca delle lenzuolate di Bersani, quella massima, fissata da un decreto del ministero della Giustizia risalente al lontano novembre 2001, è stata eliminata soltanto di recente, cancellando il riferimento alle tariffe. La forchetta, rimasta tale e quale sul sito del Consiglio nazionale del notariato, ma soltanto a titolo orientativo, cresceva all’aumentare del valore dell’immobile. Ora, dopo il liberi tutti di Palazzo Chigi, bisognerà verificare se ad aumentare – anziché la concorrenza – saranno i costi a carico dei cittadini. Per questo, secondo quanto risulta a Linkiesta, sembra che alcuni consiglieri dell’ordine si siano già raccomandati con gli iscritti: occhio a non caricare troppi oneri sulle spalle dei cittadini. 

Gabriele Noto, consigliere nazionale dell’ordine, spiega a Linkiesta: «Dalla Lettonia alla Spagna, in 20 Paesi europei su 21 che adottano il notariato le tariffe sono fissate dai rispettivi ministeri. Siamo in controtendenza quindi rispetto agli altri paesi Ue, ma il rischio è di finire come l’Olanda – unico Stato comunitario che ha liberalizzato le parcelle – dove i costi non hanno fatto altro che aumentare». Il compenso, secondo le nuove misure, è parametrato “all’importanza dell’opera”: un discrimine alquanto aleatorio che tiene conto di parametri da verificare caso per caso rispetto alla vecchia tariffa ministeriale (che al contrario prevede a monte qual è l’attività standard). Il problema, secondo i notai, è che ogni questione accessoria, legata ad esempio alla conformità urbanistica, al diritto di famiglia, all’eredità, al diritto internazionale, all’intestazione ai minori, o ancora alla normativa antiriciclaggio, probabilmente sarà valutata caso per caso in base all’impegno a al lavoro svolto con il rischio di costi in più che i cittadini dovranno versare nelle loro tasche. Al netto della maggiore concorrenza, che dovrebbe consentire ai contribuenti di scegliere il professionista che presenta il miglior rapporto qualità/prezzo.

La differenza tra valore catastale e di mercato degli immobili, che il Governo Monti mira a ridurre con il ricalcolo dei valori catastali, completerà un percorso nato per evitare qualsiasi sperequazione fiscale. La base imponibile ai fini delle tasse da versare allo Stato, calcolata sul valore catastale, che fino a ieri pari a 3,73 volte il prezzo dell’immobile sul mercato (mentre a fini Irpef varia da 3,59 a 3,85 volte) è infatti il risultato dell’art. 497 della legge 266 del 23 dicembre 2005, che calcola «la base imponibile ai fini delle imposte di registro, ipotecarie e catastali […] indipendentemente dal corrispettivo pattuito indicato nell’atto». Tradotto: nel caso di compravendita tra privati, la tassazione si basa sul valore catastale della casa, che per inciso non viene aggiornato dalla caduta del Muro di Berlino, e non sul suo prezzo di mercato. «La normativa sul pagamento delle tasse sul valore catastale è stata spinta dal notariato perché eravamo stanchi di dover assistere a teatrini tra venditori e acquirenti nei quali il prezzo dichiarato non era mai quello reale», osserva ancora Noto, che rivendica: «Grazie a noi il mercato è diventato più trasparente, e di colpo il prezzo degli immobili è aumentato perché la gente non aveva più nessun vantaggio fiscale nel comportarsi in maniera poco virtuosa».

Rivalutazione catastale, nuova Imu, diminuzione della deducibilità Irpef sugli affitti. Tre misure con cui Monti modificherà le norme del 2005, che a sua volta provavano a cancellare il rischio del nero nelle transazioni tra acquirente e venditore, per mantenere la base imponibile più bassa possibile. Il risultato di questi provvedimenti andrà ad aggravare il bilancio del settore tracciato di recente da Nomisma: le compravendite nel settore residenziale sono previste nel 2012 a 594.037, da 598.224 nel 2011. Nel 2006 si era arrivati al picco di 845.051 transazioni. Nelle grandi città, invece, i prezzi sono stimati in calo dell’1,6 per cento. Gli ottimisti potrebbero obiettare che il mercato è in tenuta, i pessimisti che in sei anni le compravendite si sono poco più che dimezzate. Allineare il valore catastale con quello reale degli immobili è un obiettivo con cui si sono confrontati i governi degli ultimi 15 anni, e stavolta Monti pare esserci riuscito. Al contrario dell’annunciata scure sugli ordini professionali. 

Twitter: @antoniovanuzzo
 

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