Pronta la macchina, Renzi punta a conquistare il Pd

Pronta la macchina, Renzi punta a conquistare il Pd

Scalpitano, stanno preparando tutto al dettaglio, ma continuano a lavorare sotto traccia. Sono i renziani sparsi in tutto lo stivale: sono in tanti, ma prima di rompere gli indugi, aspettano il “si” dal loro leader. Un “sì” che è nell’aria, sopratutto dopo le parole del segretario nazionale del Pd Pierluigi Bersani durante la direzione nazionale dello scorso 8 giugno. In quell’occasione Bersani è stato chiarissimo: «Primarie aperte entro l’anno per la scelta del candidato dei progressisti e dei democratici italiani alla guida del Paese». Una data? Il 14 ottobre potrebbe andare bene.

Ma Renzi «non è ancora in campo», fa sapere uno strettissimo collaboratore del rottamatore. «Se le regole rimarranno le stesse delle precedenti primarie, Matteo si candiderà certamente». Però nella newsletter che ha inviato ai supporter la sua discesa in campo è minimizzata: «Ma più che candidarmi io, è importante che ci candidiamo noi, tutti insieme», aveva scritto. Anche se in un virgolettato apparso il 9 giugno sulla Repubblica, il sindaco confermava la discesa in campo in qualunque condizione: «Anche se volessi tirarmi indietro, anche se non mi piacesse qualche regola nuova, anche se trovassero un candidato particolare per farmi perdere voti, non ho alternative. Devo partecipare, non posso permettermi la diserzione».

In sostanza la cosiddetta “renzi-machine” sta scaldando i motori. Ma «prima dell’assemblea nazionale del Pd, quando conosceremo finalmente le regole delle primarie, non scopriremo le carte». «Vi posso dire che abbiamo tante persone al seguito, tanti amministratori, ma non abbiamo una vera e propria rete organizzativa», fa sapere a Linkiesta uno stretto collaboratore del sindaco di Firenze.

E Giorgio Gori, Alessandro Campo dall’Orto, Giuliano da Empoli, cosa rappresentano per la cosiddetta renzi-machine? «Giorgio Gori ha un ruolo molto attivo. Ma non è lo spin doctor di Matteo. Gli abbiamo fatto fare alcune esperienze. Ha seguito Davide Faraone durante le primarie di Palermo. E poi ha seguito la campagna elettorale di un giovane di Reggio Calabria». E in sostanza qual è il ruolo di Gori? «Gori è uno che vede spesso Matteo, più di una volta a settimana. Ha delle qualità gestionali indiscutibili. Potrei definirlo il responsabile organizzativo».

Mentre Giuliano da Empoli, che è già stato assessore cultura di Renzi fino al gennaio scorso, presente al BigBang dello scorso ottobre, ha un ruolo differente: «Da Empoli è più politico. È il consigliere politico del sindaco». Un discorso a parte merita Alessandro Campo dall’Orto, attuale vice-presidente di Mtv Internationale: «È un caro amico, ma lui ha un lavoro serio che lo impegna. Di certo darà una mano a Matteo, ma si vedono poco, ogni tanto ci viene a trovare a cena». Stessa cosa per Luigi Zingales, economista ed editorialista de L’Espresso, che «vive a Chicago. È il consigliere economico di Matteo, ma si vedranno tre/quattro volte l’anno».

Poi ci sono una serie di amministratori che hanno seguito “Matteo”, e che si ritroveranno sabato prossimo a Firenze con Renzi. Il “Big Bang Italia”, così è stato chiamato questa volta, chiamerà a raccolta mille fra sindaci, assessori e consiglieri: «L’assemblea di Firenze non sceglierà un candidato alle primarie, ma candiderà gli amministratori per cambiare l’Italia». Ad esempio dalla Sicilia, racconta il renziano palermitano Davide Faraone a Linkiesta, «saliranno una cinquantina di amministratori, comunque una porzione piccola rispetto a quelli che siamo nell’isola». D’altronde, continua Faraone, «è giugno, a noi siciliani viene difficile».

Tra i big sponsor, che prenderanno parte al “Big Bang Italia”, ci saranno il sindaco di Reggio Emilia e presidente dell’Anci Graziano Del Rio, e poi i sindaci di Novara e Savona. E, come segnala il Corriere della Sera, ci potrebbe anche un nome di peso, il sindaco di Salerno Vincenzo De Luca, che proprio un paio di settimane fa ha presentato il libro del sindaco fiorentino in quel di Salerno. E in quell’occasione non fu tenero con il segretario nazionale Pierluigi Bersani: «Il segretario di un grande partito non può fare il vigile urbano per regolare il traffico delle correnti interne». 

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