Man mano che aumentano le possibilità che anche Paesi di prima grandezza dell’Unione europea possano ritrovarsi nelle condizioni di chiedere l’attivazione dello scudo anti-spread (pur essendo a tutt’oggi un meccanismo più vago che compiutamente definito), cresce il dibattito sullo scambio che l’Europa a trazione teutonica vuole imporre tra solidarietà e sovranità.
Chiedi la solidarietà dell’Europa?Allora ti rassegni a un parziale sacrificio di sovranità, accettando alcuni dettami da parte di chi ti aiuta ed i relativi controlli. In verità, si fatica davvero a comprendere come si possa ritenere opinabile un approccio di questo tipo.
Se il dibattito attiene al merito dei vincoli di indirizzo che l’Europa pretende di imporre in cambio della solidarietà, ci può stare eccome e, da questo punto di vista, più di qualche posizione della Germania pare suscettibile di perplessità. Se però il dibattito attiene proprio al metodo della contropartita “acquisizione di aiuti – cessione di sovranità”, allora non ci siamo davvero.
Perché mai un soggetto che si è ritrovato nelle peste, evidentemente per la sua scarsa oculatezza gestionale, dovrebbe pretendere aiuti a scatola chiusa? Anche le imprese, quando vanno in difficoltà e chiedono di essere ammesse a piani di risanamento, subiscono più o meno pesanti limitazioni alla sovranità gestionale dei loro organi apicali.
Noi italiani, in particolare, invece che dibattere sulla opportunità di questa sacrosanta impostazione a livello europeo, dovremmo cominciare seriamente a dibattere sulla scelleratezza della sua totale assenza a livello nazionale. Nel nostro Paese, sono una manciata le regioni che producono un gettito superiore a quello che trattengono o vedono restituito sul loro territorio.
Queste regioni, tuttavia, non hanno alcuna voce in capitolo quando si tratta di operare redistribuzioni di risorse, come recentemente avvenuto con gli 800 milioni di allentamento del patto di stabilità a favore dei Comuni. Perché una regione, che di fatto contribuisce al sostentamento di altre, non dovrebbe poter pretendere che il suo avanzo fiscale venga quanto meno destinato alle sole regioni che, ad esempio, non presentano addirittura incidenze di dipendenti regionali sulla popolazione maggiori dei propri e nemmeno livelli remunerativi dei medesimi addirittura superiori a quelli che loro, regioni ricche e sceme, applicano ai propri?
Più passa il tempo e più si fa insostenibile, per queste regioni, la circostanza di essere, al tempo stesso, da un lato parte debole insieme a tutta l’Italia di un’Europa che, per dare, giustamente pretende e dall’altro parte forte di una Italia in cui chi chiede non è disposto a dare nulla. Prima che sia troppo tardi, la smettiamo di criticare quello che ragionevolmente accade in Europa e cominciamo a fare semmai in modo che proprio questo accada pure in Italia?
Si chiama federalismo. Quello vero, non la patacca che ci è stata sino a qui propinata.