A denti stretti, ma alla fine lo ammette: «La spesa improduttiva va tagliata». E subito dopo aggiunge: «Ci sono aspetti positivi della spending review che riguardano l’acquisto di beni e servizi e la chisura di società pubbliche, e vanno portati avanti con determinazione». Stefano Fassina, responsabile del settore Economia e lavoro del Partito democratico, cerca di chiarire a Linkiesta alcuni aspetti di “Italia. Bene comune”, la Carta d’Intenti presentata ieri da Pierluigi Bersani. Un documento da cui partire per aggregare le forze democratiche riformiste in vista delle elezioni 2013 – tra le quali ci sarà anche l’Udc di Casini –volutamente generico e con un tabù apprentemente irrisolto: il taglio della spesa pubblica.
Sulla spesa pubblica manca la parola “riduzione”. Il partito deve chiedere una riduzione della spesa pubblica? Si o no?
«La spesa pubblica italiana, al netto della spesa per pensioni e interessi, è già tra le più basse d’Europa. Abbiamo un problema di qualità da ridefinire, da innalzare attraverso le riforme che consentano alla spesa di poter essere produttiva e far crescere il Pil. Il problema oggi è la contrazione del Pil. La spesa pubblica corrente e quella in conto capitale sono state tagliate male con tagli orizzontali in parte ripetuti anche nella spending review. Dobbiamo impegnarci, con interventi di ristrutturazione della Pa, a rendere la spesa pubblica funzionale a obiettivi di equità. Non dimentichiamo che, per quanto poco efficiente e segnata da sprechi, la spesa pubblica interviene a sostenere la vita delle persone più deboli».
Quindi secondo il Pd non va tagliata.
«L’abbiamo già pesantemente tagliata, ma non si vede perché il Pil continua a scendere. Il Pd non taglierà ulteriormente la spesa, perché va riallocata. La spesa pubblica è un fattore propulsivo dell’economia. Con la spending review non tagliamo soltanto gli sprechi, ma anche risorse a pezzi di welfare come l’assistenza agli anziani, gli asili nido, il trasporto pubblico locale».
Ammetterà che la spesa legata alle società partecipate pubbliche e ai nominifici vari va ridotta. Perché non la nominate nel documento?
«Quella parte di spesa va tagliata. Ci sono aspetti positivi della spending review che riguardano gli acquisti di beni e servizi e la chiusura delle società pubbliche. Quella parte la va portata avanti con determinazione ma poi, ribadisco, è necessario riallocare le risorse, con un’opera di bonifica».
È accettabile questo livello di tassazione? Si o no?
«No, è troppo elevato. Il problema della tassazione legato alla spesa pubblica è però un altro: a confronto con la media europea la spesa italiana è bassa, ma il livello di evasione è il doppio».
Lei sostiene che il debito pubblico lei dice che si risolverà solo con la crescita, che però non è prevista per almeno altri 2 o 3 anni, secondo le organizzazioni internazionali. Quindi, è necessario fare misure straordinarie per l’abbattimento del debito. Quali?
«Questo è il paradigma sbagliato che ci sta portando a fondo. Per ridurre il debito dobbiamo puntare sullo sviluppo. Se continuiamo a fare manovre recessive ci avviteremo in una spirale. L’anno prossimo le manovre di Berlusconi e Monti peseranno per oltre 100 miliardi, dopo i 75 miliardi di quest’anno».
Non sarebbe meglio provare a ridurre il debito pubblico visto che sul mercato non ci sono compratori?
«I compratori sono preoccupati dalla recessione, non dalla finanza pubblica. La crisi nasce da debiti privati, non da debiti pubblici, non è che se eliminiamo democrazia e continuiamo ad aumentare le tasse ci saranno più compratori sul mercato».
Con la patrimoniale che avete proposto aumenteranno le entrate, di quanto?
«Nei parametri che abbiamo indicato nell’emendamento all’Imu dello scorso dicembre sono previsti 5 miliardi, da impiegare nella riduzione delle imposte sui redditi da lavoro e impresa».
Nel documento si parla anche di razionalità e valorizzazione degli enti locali:
In questo disegno la maggiore razionalità e la valorizzazione del tessuto degli enti locali sono essenziali, non solo per la funzione regolativa che sono chiamati a svolgere, ma perché il presidio di democrazia, partecipazione e servizi che assicurano è in sé uno dei beni più preziosi per i cittadini. Superare le duplicazioni, riqualificare la spesa, devono perciò accompagnarsi ad un nuovo e rigoroso investimento sul valore dell’autogoverno locale che, soprattutto nella crisi, non va visto, così come ha fatto la destra, come una specie di malattia, ma piuttosto come una possibile medicina.
Ma cosa significa in concreto?
«Intanto bisogna dire che in questi giorni è stata approvata la legge di conversione del riordino delle Provincie, che porterà al loro dimezzamento. La norma nei prossimi giorni sarà legge dello Stato dopo il passaggio alla Camera. Per i piccoli Comuni razionalizzare significa ad esempio insistere sull’erogazione integrata dei servizi come la raccolta rifiuti, i vigili o le funzioni amministrative, che vengono mantenute ma gestite collettivamente generando risparmi e migliorando l’efficienza».
Uno scenario che implica il licenziamento di dipendenti pubblici. Come vi confronterete con la Cgil su questo?
«Con il blocco del turnover nella Pa ci sarà un ridimensionamento che non implica licenziamento, e comunque il Pd non ha mai sostenuto una Pa come datore di lavoro di ultima istanza. Il personale va determinato affinché ci siano servizi adeguati, la fase transizione si gestisce come nelle grandi aziende, ma senza creare prolbemi sociali. Per la Pa questo viene abbastanza inerzialmente perché essendoci blocco c’è un consistente flusso in uscita».
Insomma bisogna ringraziare Brunetta.
«Questo non c’entra. Il nostro obiettivo è riqualificare gestendo tutti i processi in modo da non creare drammi sociali».
Come?
«Abbiamo già fatto altre volte ristrutturazioni impegnative, ad esempio quando c’è stata privatizzazione di aziende importanti gli esuberi sono sempre stati gestiti al meglio».
Perché un giovane precario trentenne dovrebbe votare Pd alle prossime elezioni? E un pensionato?
«Perché il Pd è il partito del lavoro, e quindi offre la migliore opportunità di rappresentanza a un giovane precario, e perché il Pd è il partito dell’equità, e quindi è attento a chi versa in condizioni più difficili in questa crisi».