L’operazione fa comodo agli azionisti di maggioranza, ma che sia davvero market friendly, come sostengono i diretti interessati, è da dimostrare. Il consiglio di amministrazione di Save, società che gestisce l’aeroporto di Venezia, ha deciso di fondere in Save la controllante Marco Polo Holding (Mph). Per gli azionisti di controllo, una mossa vantaggiosa sotto molti aspetti: semplifica la catena di controllo e rimpingua le casse degli azionisti – Comune e Provincia di Venezia – grazie alla distribuzione di un dividendo extra. Così sono tutti contenti.
L’ultima semestrale evidenzia un risultato netto in calo a quota 11 milioni di euro (-6,8% sul 30 giugno 2011), fatturato sostanzialmente stabile a 165,4 milioni di euro e passeggeri in crescita a 4,8 milioni (+6,9% a/a). Come per il 2011, la parte più sostanziosa dei ricavi arriva dalla catena Ristop, che pesa quasi per il 56,8% del totale e apporta 93 milioni, mentre la gestione aeroportuale vera e propria (Venezia, Treviso e Charleroi) ha portato in cassa 61 milioni, il 37% del fatturato complessivo. L’indebitamento, sale a 92,7 milioni rispetto ai 71,8 del giugno 2011 per effetto del «pagamento di importanti investimenti effettuati nell’ultima parte del 2011, dall’andamento stagionale del business ed al pagamento di 21 milioni di dividendi avvenuto nel maggio 2012». In ogni caso, non è tale da impensierire particolarmente gli investitori.
Conti Save al 30 giugno 2011 (Fonte: bilancio Save)
Attualmente la governance del terzo scalo italiano è piuttosto intricata: è controllata al 40,1% da Marco Polo Holding, a sua volta controllata all’87% da Agorà, scatola partecipata da Finanziaria Internazionale (Finint), Assicurazioni Generali e da una holding olandese riconducibile a un fondo della banca americana Morgan Stanley. La Finint, guidata da Enrico Marchi assieme ad Andrea De Vido, è anche azionista di Ferak, che possiede l’1,7% del Leone di Trieste.
La fusione di Marco Polo Holding in Save, si legge in una nota della società, sarà strutturata attraverso l’assegnazione ai soci di Mph sia dei 22,2 milioni di azioni Save detenuti da Mph, sia 1,2 milioni di azioni proprie. Il dividendo distribuito ai soci sarà di 23 milioni di euro, ovvero 0,437 euro per azione, mentre il concambio è stato fissato in 8 euro pre-distribuzione del dividendo e 7,56 euro una volta pagato il dividendo. Ciò consentirà a Save, si legge in una nota, «di valorizzare le proprie azioni ad un importo superiore a quello di mercato e al valore di carico medio (7,61 euro per azione, ndr), e comporta per la Società l’esborso finanziario minimo compatibile con le finalità dell’operazione». Marchi & De Vido sono davvero ottimisti: oggi il titolo vale 6,38 euro, e nell’ultimo anno ha perso il 10,14 per cento.
Sempre nella nota, si evidenzia che «nel bilancio di Mph al momento della fusione non saranno presenti debiti finanziari». La scatola che prende il nome del grande viaggiatore veneto – che ha in carico le azioni Save a 9,16 euro – ha chiuso il 2011 in perdita per 496mila euro e con debiti per 190 milioni, di cui 64 verso Agorà investimenti. Proprio Agorà, una volta completata la fusione, subordinata all’approvazione da parte delle assemblee degli azionisti delle due società, «verrà a detenere una partecipazione complessivamente (considerando anche le azioni già di sua diretta titolarità) pari al 43,0029% del capitale sociale di Save mentre gli attuali soci Save (diversi da Mph) manterranno inalterato il numero di azioni di cui sono titolari». Secondo quanto raccolto da Linkiesta, Mph ha già deliberato e sottoscritto un aumento di capitale che ha portato la posizione finanziaria in attivo, così da rispettare l’impegno preso con la controllata Save: niente debiti all’appuntamento delle nozze.
Gli ultimi conti disponibili di Agorà, invece, si riferiscono al 2010, anno chiuso in utile per 1,72 milioni di euro e con debiti per 47 milioni di cui 38 per finanziamenti alla capogruppo Finint, e mostrano un prezzo di carico delle azioni Save di ben 10 euro. Anche i numeri di Finanziaria Internazionale si riferiscono a due anni fa. L’utile è di 12 milioni di euro, i debiti oltre 200 milioni, mentre il valore medio di carico consolidato di Save è di 7,61 euro per azione. Una cifra per l’appunto vicinissima ai 7,56 euro post pagamento del dividendo.
Agorà, poi, «incrementerà la propria quota di partecipazione indirettamente detenuta in Save dall’attuale 46,668%, corrispondente al 49,039% dei diritti di voto, ad una quota corrispondente a più del 50% dei diritti di voto». Avrà cioè il pieno controllo di diritto di una società quotata. Quest’ultimo è un aspetto importante: Comune e Provincia di Venezia insieme arrivano al 26%, ma da dicembre in poi conteranno come il due di picche. Hanno quindi una sola opzione: fidarsi del management e sperare che il titolo risalga la china. Ma è anche vero che la fusione proposta un’operazione di maggiore rilevanza con parti correlate fra Save e il suo primo azionista Mph. Perciò, senza il loro voto favorevole di Comune e Provincia di Venezia non se ne fa nulla. Raggiunto telefonicamente da Linkiesta, il sindaco di Venezia Giorgio Orsoni ha preferito non commentare: dice di non essere ancora a conoscenza di tutti gli elementi utili per una valutazione.
Twitter: @antoniovanuzzo