C’è una nazionale che litiga, e perde, quella del nuoto, ed un’altra che ha litigato, ha fatto pace, ed ha vinto, quella del fioretto maschile. Arriva da lontano, da Pechino 2008 la storia di due dei protagonisti della squadra che ha vinto l’oro olimpico. Livornese, classe ’85, Andrea Baldini fu escluso dalle Olimpiadi del 2008 perché trovato positivo ad un diuretico, il furosemide. Professò la sua innocenza in mille modi, denunciò un complotto e riuscì a ottenere giustizia ma l’appuntamento della vita di un atleta, le Olimpiadi era ormai persa, irrimediabilmente alle spalle. Con Marisa Poli, giornalista della Gazzetta dello Sport, ha anche raccontato le sue emozioni nel libro “Pechino, la Città Proibita”.
Al suo posto va Andrea Cassarà, oggi compagno sul gradino più alto del podio di Londra. Polemiche al vetriolo tra i due visto che per il livornese era proprio il bresciano l’autore del complotto. Poi un sms di pace, proprio alla vigilia di Pechino. Il tempo passa, lenisce ogni dolore anche se non cancella il ricordo. Oggi sono insieme a festeggiare. Baldini è diventato un campione grazie alla nonna Iole. È iniziato tutto in un pomeriggio d’inverno nel salotto della casa della nonna a Milano. Per tutto il giorno Andrea rincorse il fratello Matteo con la spada di plastica in pugno e mascherina di Zorro sul viso, senza dargli un attimo di tregua. La sera la nonna gli disse: «Basta Andrea, adesso ti iscrivo a scherma così smetti di spaccarmi tutta la sala! ». E così fece. Partì e arrivò a Livorno per portare personalmente sia Andrea che il fratello Matteo in palestra, al circolo della scherma Fides. Il resto è storia di oggi e un palmares che si arricchisce anno dopo anno. Andrea Cassarà è nato a Passirano di Brescia. Si è presentato come il numero uno del ranking mondiale della scherma, specialità fioretto: campione del mondo in carica, fresco vincitore della sua terza Coppa del mondo, argento europeo e bronzo olimpico ad Atene 2004 (oro a squadre), tanto per citare allori recenti. Fa parte di un gruppo testato dalle difficoltà e dalle finali. Un esempio? Ai mondiali del 2011, subito dopo la finale vinta contro Aspromonte si ritrovò a chattare alle quattro di mattina proprio con il suo avversario di finale oggi compagno di podio. Finì che andarono alla stazione a mangiare un panino. Giorgio Avola è “il conte” di Modica. Un soprannome che per la prima volta usò per lui un giornalista. Modica era una contea, lui vinse una gara con una grandissima nobiltà e da allora è il Conte.
A cinque anni la prima lama in mano strappandolo al calcio. Una fortuna per la scherma italiana «All’inizio ero, come penso il 99% dei bambini della mia età, affascinato dal calcio, infatti chiesi ai miei genitori di portarmi a scuola di calcio, ma loro non erano molto d’accordo perché preferivano uno sport che insegnasse dei valori utili anche nella vita, non che il calcio non li abbia, ma oggi ne comprendo il significato». Amante del tennis, appassionato dei fumetti di Ironman ha un motto: “Cu non fa nenti non sbagghia nenti”, come dire per non sbagliare non devi fare. E lui qualcosa lo ha fatto se è vero che a ventitré anni ha all’attivo, oltre a questa medaglia olimpica, anche un bronzo mondiale e tre ori europei. Vive a Livorno e tra un allenamento e l’altro lo trovate sempre collegato ai social network, al blog, a facebook, a twitter, proprio per la mancanza di tempo per rapportasi fisicamente anche con gli amici o i familiari. Frascatano, venticinque anni, Valerio Aspromonte è l’ultimo del quartetto azzurro premiato a Londra nel fioretto a squadre. Un campione che l’Italia ha trovato grazie alla sinergia scuola-scherma. Tre mesi di corsi gratuiti alla scuola elementare che frequentava. Poi una garetta, vinta, e altri due mesi a tirare con un maestro e senza spendere nulla. Valerio Aspromonte nasce con questa intuizione. Ah, se lo sport entrasse di più nella scuola.