BETTOLA – Prima di tutto la metafora, pezzo forte della ditta. «Dobbiamo rimettere il piede nelle radici per far nascere nuove foglie». Dalla sua Bettola Pier Luigi Bersani inizia la corsa verso la leadership del centrosinistra. Un richiamo alla «vita reale», una mozione degli affetti in onore dei «luoghi vivi del Paese». L’enfant du pays ritorna tra i suoi, fresco di firma sulla carta d’intenti del centrosinistra con Sel e Psi.
E poco importa se nelle dieci paginette non c’è un richiamo all’agenda Monti: «Non è che dobbiamo sempre certificare il tasso di montismo ogni volta», dice ridendo. Il segretario del Pd è sereno tra le mura amiche. Si emoziona come un bambino quando passa dal distributore di famiglia, una pompa Esso, ora gestito dal cugino. C’è tutta Bettola ad accoglierlo. «E Bettola oggi è l’Italia», spiega il 62enne ex ministro del Governo Prodi. E allora eccolo il paesaggio famigliare, simbolo di una comunità che deve stare insieme.
E l’Europa? E’ giusto cedere quote di sovranità alla Ue? «Sì, è meglio che darle ai mercati». Dopo le foto di rito dentro e fuori l’officina di famiglia, tra l’odore di grasso e benzina, la carovana si sposta verso piazza Cristoforo Colombo. Lui la raggiunge in auto. Un piccola folla lo aspetta. C’è il governatore dell’Emilia Romagna Vasco Errani, fidatissimo del segretario. Ma anche il vivaio bersaniano: come Patrizio Mecacci, 28enne segretario del Pd metropolitano di Firenze. Qui non ci sono le scenografie americane del suo sindaco.
«Siamo persone semplici – dice Mecacci – siamo un altro mondo, forse anche conciliabile con quello di Renzi». Vicino al palco fa bella mostra una grande chiave inglese che giustifica lo slogan «Costruiamo insieme i futuro». Un’orchestrina intanto suona un valzer degli Appennini emiliani, colonna sonora ufficiale dopo un debutto di U2 poco orecchiabile a queste latitudini. Una domenica all’insegna dell’elogio del pragmatismo: «Perché noi non raccontiamo favole». Il segretario del Pd è voluto dunque ripartire da casa, da Bettola: 3.000 anime, sparpagliate in questo comune collinare della Val Nure.
Una striscia di Emilia atipica: mai stata rosso fuoco, piuttosto democristiana tutto d’un pezzo. Visto che quando Pier Luigi era bambino (qui gli attribuiscono il primo comizio a 5 anni e il primo sciopero da chierichetto contro il prete taccagno nel dividere le offerte) la Dc era un monolite da 80%. Basta scrutare dall’alto la morfologia del paese per capire la vocazione di uomo cerniera: Bettola è divisa dal torrente Nure. A sinistra c’è il rione di San Giovanni (storicamente quello della piccola borghesia), a destra al di là del corso d’acqua c’è San Bernardino, zona più popolare, almeno una volta. Almeno quando ci abitava la famiglia del segretario del Pd.
E proprio qui, lungo la Statale 654, che Giuseppe, detto Pinu, Bersani è stata proprietaria per decenni di una pompa di benzina con annesso meccanico. Fonte di vita per tutta la famiglia: mamma Bruna e fratello Marcello, chirurgo in pensione ritornato a vivere qui. Ma il discorso del capo democrat parte non a caso da piazza Cristoforo Colombo. Proprio davanti la statua del navigatore di cui Bettola rivendica i natali, Bersani prova ad andare alla conquista della sua America: il centrosinistra oggi, Palazzo Chigi domani. «Un presidente, c’è solo un presidente», gli urlano. Lui ride. E giura che «le regole sono importanti».
«Serve una nuova agenda italiana», scandisce per far capire che, con buonapace di Casini, Letta e Renzi, va superata l’agenda Monti. «Welfare, sanità e scuola: così si costruisce il futuro dell’Italia». A conclusione di questa che
dice. «Mi mettono addosso giacche che non sono mie, come quella del burocrate, del politico ingessato. Ma non è così. La politica è coraggio. Mi ricordo il primo comizio in questa piazza. c’erano 20 persone». Poi parla del pd che oggi
festeggia il suo quinto compleanno. «E’ un bambino piccolo, ma è il primo
partito del Paese. L’unica speranza» . Dopo 20 minuti scarsi il comizio finisce. E non ci sono spazio per le polemichedal palco. Nemmeno una punzecchiata a Renzi né a a Vendola. Anzi, sembra un padre di famiglia. E mette a verbale prima di essere assediato dai cronisti: «Ora pensiamo alle primarie, poi alle secondarie. Quando vinceremo ci sarà la ruota del rinnovamento. Non ci sono problemi, si deciderà al congresso. Perché la politica è una questione più alta del tornaconto personale».
Messaggio nemmeno tanto cifrato al competitor Renzi. Del quale però, ai piedi del palco, dice che è “intrinseco al Pd”. Intanto nel paese oggi è festa. La giunta presieduta da 4 mesi dal sindaco civico Sandro Brusca è qui al gran completo. Ha dato buca, invece, il don Camillo della situazione, il parroco Angela Sessena troppo impegnato nel lavoro domenicale. Tutti i ristoranti del paese, per l’occasione, fanno prezzo fisso a 15 euro. E non c’è nemmeno bisogno di iscriversi prima on line alla lista dei clienti.
Nella piazza del paesino dopo un comizio lampo all’insegna del vogliamoci bene – dove si è preferito citare Berlinguer piuttosto che Renzi – non rimangono
nemmeno le polemiche. I bettolesi, dicono dal bar pizzeria La Messicana caffè,
sono fatti così. «Gente pragmatica che ciancia poco». Sergio Bersani, il cugino
del leader democrat, da bambino dava di gomito a Pier Luigi per chi andava
prima a fare il pieno nelle auto dei clienti. «Era il nostro gioco». Se chiudi
gli occhi e lo senti parlare sembra il cugino famoso. «Renzi? E’ una risorsa
per il centrosinistra perché allarga il recinto. Se possono coesistere nello
stesso partito? Ma certo, devono farlo. Un tandem, quando sarà, a Palazzo
Chigi? Magari, ma allora a quel punto uno dei due dovrà essere subalterno
all’altro».
E scivola via così, Sergio. Ridendo e senze polemiche. In un altro
capannello c’è il governatore Vasco Errani, uno dei pochi ad aver accesso al
cerchio magico bersaniano. Spiega: «Pier Luigi mi è piaciuto anche oggi, ha
dimostrato di essere un leader credibile. Cosà faro se dovesse vincere Renzi?
Non ci penso, per me l’unica alternativa credibile è Bersani». La piccola folla
si disperde in un batter d’occhio. La domenica del villaggio è finita.