Il biscotto elettorale. Questa ci mancava. Era l’ultimo tassello che ancora, chissà forse per pudore, non avevamo ancora aggiunto al nostro, caro, mosaico all’italiana. Giuseppe Tomasi di Lampedusa si starà scompisciando da qualche parte, le sue irrefrenabili risate si sentiranno ovunque in quell’aldilà dove lui proverà a raccontare quotidianamente il nostro Paese. Un Paese, l’Italia, dove l’immobilismo è la regola aurea, e il silenzio è l’amico più prezioso. Dove se non ti accodi, se magari osi scandalizzare con principi blasfemi quali concorrenza e competizione, sei guardato con diffidenza e invitato, con garbo sia chiaro, a dare fastidio da un’altra parte.
Oggi i quotidiani sprizzano gioia, è palpabile al solo sfogliarli. I cronisti politici sono in sollucchero. Te li immagini ieri nelle redazioni, finalmente felici, tutti intenti a consegnare i grafici delle nuove galassie che tracciano gli schieramenti dello scacchiere politico.
Ormai è chiaro, lo hanno compreso anche i bambini, il candidato alla guida del prossimo governo è Mario Monti, presidente del Consigli in carica. Ma, sia chiaro, Monti non si candida. Cioè, è candidato. Ma non si candida. E più non si candida più è candidato. Chi non è italiano si astenga da qualsiasi tentativo di comprensione. È una questione di dna: o ce l’hai o non ce l’hai.
Leggete, anzi leggiamo quanto scrive Ugo Magri oggi su La Stampa: «Da personaggio super partes, Monti si guarda bene dal compiere gesti che possano trascinarlo nell’arena, o dare la falsa sensazione che ci sia un piano, un disegno da lui stesso architettato per restare al centro della scena. Monti si tiene rigorosamente fuori da tutto ciò. Tace e osserva». Sembra la descrizione di un leone nella foresta. «Giorno dopo giorno – prosegue l’articolo – sul suo programma si vanno aggregando personalità dell’economia, dell’impresa, della buona politica (quale sarebbe la cattiva? Ndr), oltre a spezzoni importanti della cosiddetta società civile». Ma eccoci al passaggio chiave: «È sufficiente che nelle elezioni dell’aprile 2013 nessuno ottenga la maggioranza assoluta dei seggi».
Beh, è semplicemente sublime. Del resto, non siamo per caso il Paese di Machiavelli. Un pareggio. Si va alle urne per pareggiare. Il biscotto elettorale. Con un candidato di fatto, e persino largamente favorito. Che però non farà campagna elettorale, né tantomeno si sporcherà le mani (che volgarità) a spiegare agli italiani quale Paese vorrebbe costruire. Queste sono comportamenti da americani, da rozzi e ingenui maverick della politica. È lo stesso Mario Monti a evitare di fare chiarezza. Lui non spiega nulla, tutt’al più rilascia qualche intervista a un giornale straniero e poi i suoi virgolettati vengono interpretati manco fossero il mistero della Sfinge.
Persino un giornale non certo sovversivo come il Corriere della Sera si chiede, in un editoriale di Pigi Battista, se un largo endosrsement a favore dal Monti-bis possa esimere “una forza politica dalla fatica della proposta, dall’agenda che si vuole suggerire, dalle scelte dolorose che si devono compiere”.
Ma da noi funziona così. Ed è francamente inutile provare a cambiare il corso delle cose. Tanto vale mettersi alla finestra e osservare, magari concedendosi una risata. Di fatto siamo un Paese fondato sul patto di sindacato. Ci sono azioni che valgono più di altre. E se non stai nella stanza che conta, girerai per sempre al largo. Dovrai fare il doppio o il triplo della fatica.
Quindi stiamo alla finestra e godiamoci questi mesi di non detto e di non candidature. Vedremo e assisteremo a un film (la campagna elettorale) già sapendo che al momento opportuno sarà cambiata la pellicola. Sarà montata quella pregiata, preservata dal contatto coi cittadini proprio per non contaminarla. È per il nostro bene. E per il futuro dei nostri figli. Ah, e non vi dimenticate di andare a votare, l’Italia ha bisogno di voi.