C’è un che di paradossale nelle vicende politiche del Pdl. O di grottesco, dipende dai punti di vista. E, come spesso accade, gli psicodrammi hanno sempre lo stesso inizio: un’ipocrisia, un non detto, un qualcosa che fortemente ci ostiniamo a non riconoscere. Un falso, direbbero gli ingenui, che però nel corso del tempo si irrobustisce e si autoalimenta al punto da far credere ai protagonisti che sia tutto reale.
La salvezza, si sa, è di chi quel filo iniziale non lo smarrisce mai. Di chi non confonde la realtà con la finzione. Di chi non si lascia cullare dai sogni fino a chiudere gli occhi. Il risveglio è, e sarà sempre brusco.
È proprio quel che sta accadendo nel Pdl, creato – non lo dimentichiamo – da un uomo che un giorno salì su un automobile nel bel mezzo di una piazza molto famosa a Milano. Dopo aver, tredici anni prima, conquistato Palazzo Chigi mettendo una calza su una telecamera tra l’ilarità dei soliti conoscitori del Paese. In altri contesti quell’uomo sarebbe stato considerato un folle. In Italia la storia ha dimostrato, certificato, che poi così pazzo quell’uomo non è mai stato. E, questo è il succo, salendo sul predellino di un’automobile ha convinto gli italiani a votarlo. Votare lui. Perché era lui. Al suo fianco, dispiace dirlo, potevo esserci io, voi, la signora di fronte, l’inquilino del piano di sotto. Poco sarebbe cambiato. Un uomo solo sopra una macchina. Il resto al rimorchio. Un rimorchio, si badi bene, ben retribuito. In tutti i sensi.
Ah, qui ci si potrebbe sbizzarrire riportando articolesse e articolesse di opinionisti, benpensanti, analisti, esponenti di quell’Italia bene che “io mai, dico mai, lo voterei, ci mancherebbe”. Lui se n’è sempre fregato. Ha tirato dritto. E ha vinto.
Certo, anche la forma in qualche modo va salvaguardata. E così, dopo essere salito su una macchina e aver vinto le elezioni, il Capo ha cercato anche di vestire la sua creatura. Con un consignio nazionale che definire ridicolo è poco. Ma non ve lo ricordate più che Alfano è stato acclamato segretario col Capo che aizzava la folla come fanno le star ai concerti? O come le aziende premiano il rappresentante che ha totalizzato il maggior fatturato del trimestre? Qualcuno lo ha forse dimenticato? Solo uno, uno, alzò la mano per manifestare la sua contrarietà.
Perché facciamo tutti finta di vivere una realtà parallela? Ma quale partito? Quale segretario? Quali correnti? Quale patrimonio politico? Di che cosa stiamo parlando? È comprensibile Alfano, certo. Non è facile il suo ruolo, non è carino sopportare questa pantomima, vestire panni di un qualcuno che nella realtà non esiste, non conta. Ma era nei patti. Nessuno lo ha obbligato.
Di fatto, non ci sono mai stati incarichi nel Pdl. Così come non sono mai esistiti in Forza Italia. C’è sempre stato lui, il Capo. Due amici fidati, i signori Marcello Dell’Utri e Cesare Previti, oltre al presentabile della compagnia, Fedele Confalonieri. Questa è la realtà. Il resto sono chiacchiere, teatrino, sovrastrutture con cui noi giornalisti sbarchiamo il lunario, riempiamo le nostre giornate illudendoci che gli italiani ci credano.
Agli italiani, agli elettori, i rapporti di potere sono ben chiari. Sempre. È la prima cosa che capisce un bambino, persino un cane, figuriamoci persone maggiorenni.
Ci ha provato ieri Berlusconi, sì a un certo punto va anche nominato, a ridestare i suoi dal torpore. Ci ha provato a richiamarli alla realtà. “Ma davvero volete fare questa baracconata delle primarie? Ma non siete nessuno, ve ne siete dimenticati?”. Ovviamente noi giornalisti abbiamo scritto l’impensabile, la sconfitta di Berlusconi, i ribelli del Pdl, roba da ammazzarsi dalle risate.
La realtà è sotto gli occhi di tutti. Berlusconi oggi è la destra in Italia. Può morire politicamente, probabilmente è morto, gli esperti siete voi. Ma con lui, è ovvio, si chiude una pagina. Non ci sono eredi. Non c’è un progetto politico. Non c’è mai stato. Chi è stato eletto per acclamazione indotta, accetti serenamente che quando il Capo esce, spegne la luce. Anche perché, particolare non irrilevante, le bollette le ha sempre pagate lui. Ah, un’ultima cosa, cari ribelli, non dimenticatevi di ringraziarlo.