Nonostante il Sudamerica, Telecom Italia è ferma. Come previsto, il nodo dello scorporo della rete in rame, che la società valuta 15 miliardi di euro, non è stato toccato nel cda odierno. Nel corso della conference call, rispondendo a una domanda di un analista di Exane-Bnp Paribas, il presidente Bernabè ha sottolineato che al prossimo cda di dicembre sarà affrontato l’argomento, a patto che l’evoluzione del quadro normativo consenta di creare valore per la società. In altre parole, bisognerà vedere se, per alleggerire il fardello del debito monstre sulle spalle dei grandi azionisti – Telefonica, Intesa Sanpaolo, Mediobanca e le Generali – la Cassa depositi e prestiti, e quindi il ministero dell’Economia, e quindi tutti noi, acquisiremo un’infrastruttura considerata da tutti obsoleta.
I conti del gruppo Telecom Italia al 30 settembre parlano chiaro: l’utile non cresce, il margine cala del 3% rispetto ai nove mesi del 2011 e la cassa si riduce di quasi 400 milioni, a quota 4,1 miliardi. Per fortuna il debito scende da 30,9 a 29,9 miliardi di euro e da 30,4 a 29,4 miliardi escludendo gli effetti contabili della valutazione di mercato dei derivati. Su ricavi complessivi per 22 miliardi, praticamente invariati rispetto al settembre 2011, Brasile e Argentina ne portano in dote poco meno della metà, 8,3 miliardi, il 38,1 per cento del totale, in crescita rispetto al 35% di un anno fa. In percentuale cresce più Bueno Aires rispetto a Brasilia, ma in termini di volumi il secondo è quasi doppio del primo, con 5,5 miliardi rispetto ai 2,8 miliardi. Tuttavia, anche i due Paesi non sfuggono al leggero calo della marginalità in percentuale sui ricavi.
L’Italia rimane in affanno: i ricavi scendono del 4,7% a 13,4 miliardi, con la clientela aziendale che vale 2,1 miliardi (-8,5%) rispetto ai 6,5 miliardi (-3,3%) di quella consumer. A ulteriore riprova, se ce ne fosse ancora bisogno, che il mercato è saturo e che si cerca di tenere la barra dritta «grazie alle azioni intraprese per la difesa della base clienti e dell’Arpu, tra cui nuove politiche d’offerta e lo sviluppo di nuovi servizi», come dichiara Bernabè nella nota stampa diramata qualche ora fa, in cui il presidente sottolinea, oltretutto, come i conti nel terzo trimestre abbiano risentito «dell’entrata in vigore del nuovo listino di terminazione mobile con una riduzione della tariffa del 53% e dell’introduzione di nuovi ‘tetti’ al roaming in Europa».
Il debito, nonostante la riduzione di 1 miliardo e gli 88 milioni di beneficio derivante dalla cessione di Matrix, continua a non far dormire sonni tranquilli ai grandi soci riuniti nella holding Telco, come Intesa Sanpaolo e le Generali. Telefonica, che è il principale azionista di Telco con il 46% delle quote, l’altroieri ha infatti ulteriormente svalutato di altri 542 milioni di euro la quota nell’ex monopolista dopo l’altra maxi svalutazione da 500 milioni di euro iscritta a bilancio nel 2011. In nove mesi il titolo non è mai andato oltre 90 centesimi, passando dagli 84 cent del primo gennaio 2012 agli attuali 69 centesimi (+3,3% alle 13.00). Da inizio anno a oggi la società ha emesso 2,5 miliardi di bond con una durata media di due anni e mezzo e un rendimento al 5% circa, e ne ha rimborsati 2 miliardi nello stesso lasso di tempo. Meglio essere creditori che azionisti della società. La quale può vantare una privilegio non comune: l’assenza di covenant finanziari sui circa 9 miliardi di euro di linee bancarie sindacate.
L’altra incognita si chiama Ti Media. Il debito dell’editore di La7 è cresciuto da 133 a 224 milioni di euro, e la perdita netta da 15 a ben 54 milioni di euro. Una situazione che lascia ben pochi margini di manovra. Le indiscrezioni indicano favorite le offerte presentate da Clessidra e Hutchinson, per tutto il gruppo e non solo le torri di trasmissione, il vero asset remunerativo. L’operazione, in ogni caso, andrà in porto entro fine 2012. In generale, il management ha confermato gli obiettivi del piano industriale al 2014, che prevedono un’ulteriore riduzione del debito di 2 miliardi, a quota 27,5 miliardi di euro. Assicurando, soprattutto sul lato della riduzione dei costi, che non è intenzione del management creare una situazione di «licenziamenti in massa», parola dell’amministratore delegato Marco Patuano, ma che ci sono margini per poter internalizzare operazioni esternalizzate senza un’ulteriore aggravio sui bilanci. Si prospetta un finale d’anno in volata.