Panico tra i dipendenti vaticani: il Papa li tasserà?

L’art. 17 dei Patti Lateranensi

C’è tensione tra i dipendenti laici del Vaticano. Con il nuovo Papa potrebbe oltrepassare le mura Leonine un ospite mai accolto prima: il fisco. Lo rivelano alcune fonti a Linkiesta. I redditi dei lavoratori laici della Santa Sede, infatti, sono esentasse. Lo prevede l’art. 17 dei Patti Lateranensi, che recita: 

Le retribuzioni, di qualsiasi natura, dovute dalla Santa Sede, dagli altri enti centrali della Chiesa Cattolica e dagli enti gestiti direttamente dalla Santa Sede anche fuori di Roma, a dignitari, impiegati e salariati, anche non stabili, saranno nel territorio italiano esenti, a decorrere dal 1° gennaio 1929, da qualsiasi tributo tanto verso lo Stato quanto verso ogni altro ente.

Si tratta di circa tremila “frontalieri” impiegati nelle varie congregazioni. Ai quali lo stipendio viene accreditato presso lo Ior, la banca vaticana. Certo, non si tratta di emolumenti esorbitanti: per un impiegato lo stipendio base è di 1.300 euro, e sale a circa 2.300 euro per un dirigente. Puliti, senza Irpef e addizionali varie. Anche se, a onor del vero, la Finanziaria 2013 ha abbassato la franchigia da 8mila a 6.700 euro per l’esenzione dei dipendenti vaticani residenti a Roma, ma non è chiaro se sia effettivamente applicata.

Nel 1995 era andata in scena un’inedita protesta guidata da Pietro Cocco, caporedattore di Radio Vaticana, che chiedeva un aumento delle retribuzioni, ferme dal lontano 1985. Allora, i dipendenti si erano riuniti in una sorta di sindacato, l’Associazione dipendenti laici vaticani (Adlv),  una dura lettera ai 15 cardinali responsabili della commissione bilancio della Santa Sede per chiedere un adeguamento, minacciando adirittura uno sciopero di tre ore. Contattato da Linkiesta per avere qualche delucidazione, Cocco si è limitato ad affermare che «da allora è passata molta acqua sotto i ponti», lasciando intendere che le loro richieste sono state accolte ma senza spiegare in quali termini.

Rimane la preoccupazione per una riforma delle finanze vaticane data ormai per inevitabile, che potrebbe includere la tassazione sul lavoro. D’altronde il Vaticano ha chiuso il 2011 in rosso, come ha illustrato lo scorso luglio Padre Lombardi, per 14,8 milioni di euro. E i capitoli di spesa più impegnativi «sono stati quelli relativi al costo del personale che, al 31 dicembre, contava 2.832 unità, e ai mezzi di comunicazione sociali, considerati nel loro complesso». Perché dunque non tassarli?