Un telecomando è il viatico migliore per la democrazia. E oggi è acquisibile in rete. Basta digitare televoto e si incappa in diverse aziende che producono strumentazione per prendere decisioni a distanza. In alcuni casi sono le stesse ditte che promuovono anche la tecnologia per trasformare un normale telefono in un 899 e creare così business.
La strumentazione per il televoto è acquisibile comodamente e può essere utilizzata anche in maniera privata. Assemblee di condominio particolarmente agitate, riunioni dell’oratorio e normali convention aziendali oggi possono essere disciplinate, con una spesa contenuta, con un semplice telecomando. Si arriva fino a mille persone nella stessa assemblea. A questi viene data la possibilità di esprimere la propria preferenza schiacciando un tasto sul telecomando e vedendo il proprio voto in tempo reale su un maxi schermo. I radicali ormai lo usano da tempo, Beppe Grillo ci ha eletto i suoi parlamentari, usando però internet, e all’Ibm di Segrate hanno appena votato l’elezione della rappresentanza sindacale.
La democrazia insomma viaggia on line, ed è stato così che il televoto consente di decidere tutte le cose più importanti per gli italiani come il festival di Sanremo e i vincitori dei reality. A questo punto perché non affidargli anche l’elezione del presidente del consiglio, visto che le normali consultazioni di voto l’ultima volta non hanno dato risultati poi così certi?
Forse non lo sanno tutti, ma quella del televoto è una storia lunga, iniziata da un foglio di carta ruvida, sottile, di colore giallino e verdognolo. Si chiamava Totip ed era l’abbreviazione di Totalizzatore Ippico. Era un concorso nato nel 1948 riservato alle corse di cavalli, molto in voga negli anni ’80. Arrivò addirittura a insediare la popolarità del Totocalcio.
La schedina del Totip venne utilizzata per votare da casa il vincitore del Festival di Sanremo, adottando una pratica che in precedenza era stata soltanto dell’Eurofestival, il concorso canoro internazionale (poco in voga in Italia ma molto seguito all’estero). L’arrivo della novità venne annunciato in pompa magna. Finalmente gli italiani potevano giudicare ed eventualmente contraddire il voto della giuria. Era il 1983, anno ricordato soprattutto per la performance polemica di un giovane Vasco Rossi finito all’ultimo posto, e il Totip come specchio della volontà popolare venne introdotto in via sperimentale.
Quell’anno vinse Toto Cutugno per la classifica Totip, seguito da Gianni Morandi e al terzo posto si piazzò Giorgia Fiorio. Il podio finale fu di tutt’altro tipo. Al primo posto si classificò Tiziana Rivale con “Sarà quel che sarà”, al secondo Donatella Milani con “Volevo dirti” e chiuse Dori Ghezzi con “Margherita non lo sa”. Insomma un risultato che avrebbe potuto aprire un dibattito sul reale funzionamento della democrazia. I preferiti della critica (le élite borghesi) non corrispondevano a quelli del pubblico (il popolo), ma uno solo ha resistito al giudizio della storia (Vasco Rossi), mentre la leggenda tramanda ancora di colui che cantava “L’Italiano”, forse la miglior analisi sociologica in versi mai redatta sullo spirito delle italiche genti.
Il meccanismo, seppur difettoso come tutte le democrazie, che sono notoriamente il minore dei mali, venne però adottato dalla gestione sanremese e fu così che il Totip divenne ben presto un punto di riferimento per i musicofili di casa nostra, che accettarono addirittura qualche puntata trash (Fiordaliso in abito da sposa voluminoso, che entra su un cocchio trainato da cavalli) pur di poter esercitare il proprio diritto di voto.
Quando si dice che la democrazia è una conquista, che spesso si paga a caro prezzo. E il televoto in Italia continuò. Dopo i primi rudimentali esperimenti con le schedine, arrivarono le telefonate. Miss Italia e il vincitore del Festival potevano essere scelti solo componendo un numero, che in breve tempo si sarebbe trasformato nell’invio di un sms, a un numero spesso a pagamento. Del resto con 1 euro puoi scegliere il vincitore del Grande Fratello e cambiare la vita a uno come te. Costa la metà delle primarie del Pd, non si deve neanche uscire di casa, e lì qualche possibilità ce l’ha anche Renzi.
Oggi il televoto decide tutto, “Ballando sotto le stelle”, il miglior calciatore in campo nel derby, il più resistente dei sedicenti famosi sull’Isola dei famosi e con l’approdo di Grillo, anche i parlamentari. Il sistema più sicuro è quello sperimentato dal Movimento Cinque Stelle, che ha concesso una possibilità di voto solo a chi era già iscritto da tempo al blog di Beppe Grillo, ma attenzione: gli hacker sono sempre in agguato e con il Partito dei Pirati in giro non si sa mai.
Certo che l’iscrizione a un blog non è vincolante all’adesione all’ideologia che questo professa. Ad esempio, alcuni candidati al Parlamento per il Pd – testimonianze da noi raccolte – avrebbero avuto diritto a votare alle parlamentarie dei Cinque Stelle, scegliendosi di fatto gli avversari. Per cavalleria poi non l’hanno fatto, ma anche questo metodo di elezione è problematico. E poi si sa che da sempre il televoto è un’arma a doppio taglio e i mariuoli sono solito voler influenzare gli esiti elettorali.
Non è di molti giorni fa la notizia che la figlia di un boss della camorra ha vinto il televoto della trasmissione “Ti Lascio una canzone” grazie agli sms degli affiliati. La stessa ditta Zodiak, che gestisce le consultazioni sanremesi, se l’è dovuta vedere con la finanza e comunque durante il festival della canzone lo stesso Consiglio Nazionale degli Utenti ha fatto presente che alcune parti d’Italia sono penalizzate dal fatto che comunque l’assenza di banda larga segna un vero proprio problema di digital divide, che esclude parte della popolazione votante da una consultazione equilibrata e imparziale come il Festival di Sanremo dev’essere.
Quindi sul televoto, come sulla democrazia è bene scrivere “maneggiare con cura” e non dimenticare che l’istituzione che da più tempo resiste è la Chiesa, che in questi giorni darà il via alle elezioni per il futuro papa chiudendo i cardinali in conclave, e non allestendo per loro un gruppo aperto su Facebook dal titolo “Scegli il tuo papa”.