Idi: sequestri e ville, la fine di un ospedale modello

La crisi dell’ospedale dermatologico Idi di Roma

La Guardia di Finanza è entrata di nuovo in azione nel caso dell’Idi, l’Istituto Dermopatico dell’Immacolata, travolto da scandali finanziari e indagini giudiziarie. Da ultimo sono stati sequestrati a scopo preventivo beni per 6 milioni di euro, in parte su conti correnti in parte come beni immobili – soprattutto ville – tra Roma, Anzio, Zagarolo e l’Aquila. Ancora una volta al centro dell’intervento delle Fiamme gialle su richiesta della Procura di Roma, personaggi noti: Domenico Temperini, ex direttore amministrativo dell’Istituto, e a padre Franco Decaminada, Consigliere Delegato della “Provincia italiana della Congregazione dei Figli dell’Immacolata Concezione” dal 2004 al dicembre 2011, incaricato della gestione del comparto “Idi–Sanità”. A loro sarebbero riconducibili i beni sequestrati, entrambi fra l’altro sono stati arrestati lo scorso 4 aprile, il secondo è ai domiciliari.

La Congregazione religiosa dei padri concezionisti, è stata poi di recente commissariata dal Vaticano intervenuto dopo che ripetutamente gli stessi dipendenti dell’ospedale avevano chiesto una parola della Santa Sede per evitare il crac e il licenziamento. Ci sarebbe anche un’evasione fiscale da parte della Congregazione per circa 3,3 milioni di euro, e in effetti la questione giudiziaria aperta relativa ai padri concezionisti mette a rischio la stesso futuro della Congregazione per la quale, ora, si potrebbe profilare anche lo scioglimento e di certo ora lo stesso Papa Francesco dovrà essere informato accuratamente dei fatti con l’ausilio della Congregazione degli istituti di vita consacrata che già si era occupata della vicenda.

L’intervento della Guardia di Finanza segna un nuovo capitolo in una vicenda che va avanti ormai da tempo, quella delle fortissime difficoltà economiche dell’Idi è infatti una storia complessa nella quale s’incrociano petrolio, mattoni, sanità, truffe, ville in toscana e appartamenti di lusso nel cuore di Roma. È lungo questo percorso che si snoda la di cronaca giudiziaria dell’Idi, l’Istituto dermopatico dell’Immacolata, di proprietà della congregazione dei padri concezionsiti, finito in crisi con circa 500 milioni di debiti e dirigenti e manager finiti agli arresti. I processi in corso diranno il resto, ma intanto il quadro è quello di una storia, nemmeno così oscura, di speculazioni avventate finite male. Anzi a precipizio. Per questo strutture considerate fino a non molto tempo fa d’eccellenza – l’Idi per la cura della pelle e l’ospedale San Carlo di Nancy che ha ospitato più di un papa – sono in fortissime difficoltà economiche, la loro capacità d’azione, nonostante i tentativi di salvataggio in corso, è ormai destinata a un forte ridimensionamento, e questo nel migliore dei casi.

Oltre al profilo strettamente giudiziario, però, quella dell’Idi è una vicenda che s’intreccia da vicino con la crisi vissuta nel corso degli ultimi due anni nei sacri palazzi d’Oltretevere. Documenti trafugati e pubblicati, lotte interne, tentativi di operare in favore della trasparenza finanziaria e insabbiamenti; e ancora la battaglia sulla sanità, un tempo pezzo forte del potere ecclesiale e cattolico in Italia, e oggi fonte di mille di problemi. Del resto è intorno ai poli sanitari di Roma e Milano che si è svolto, durante il pontificato di Ratzinger, un conflitto duro interno alla Chiesa e alla stessa Curia romana nel quale prima si sono confrontate la Cei alla Segreteria di Stato per il controllo della Cattolica (e di conseguenza del Policlinico Gemelli a Roma), poi sono sorte diverse posizioni all’interno dello stesso Vaticano. Nel frattempo si consumava la breve e cruenta stagione del San Raffaele, il sogno megalomane di don Verzè naufragava fra gli scandali sanitari lombardi, poi falliva il progetto di acquisizione da parte Vaticana guidato dal cardinale Tarcisio Bertone e dal fidatissimo Giuseppe Profiti; senza dimenticare il drammatico suicidio di Mario Cal, il braccio destro di Verzè.

Nel frattempo il crollo finanziario di molte regioni italiane induceva i governatori a intervenire sulla prima causa del profondo rosso in bilancio, cioè la sanità. Si procedeva subito al taglio delle convenzioni con le strutture private il che metteva in difficoltà crescenti ospedali virtuosi e non; questi ultimi, che si erano approfittati delle risorse pubbliche pompando denaro dalle casse regionali, si trovavano all’improvviso indebitati fino al collo e insolventi verso i tanti creditori i rubinetti pubblici erano stati chiusi all’improvviso. Il resto è storia di questi mesi. L’Idi rientra nel quadro del domino andato in pezzi con una variate significativa in più: il suo stretto legame con il Vaticano. Un rapporto fatto di conoscenze, incontri, colloqui, amicizie, frequentazioni. Nulla di male, insomma, se non fosse che tale groviglio di personaggi e legami rende assai poco fondata l’ipotesi che ai piani alti del Vaticano non si sapesse fin troppo bene quale fosse la situazione finanziaria del gruppo dell’Idi e, ancor di più, quale fosse il modus operandi di padre Franco Decaminada, consigliere delegato dell’Idi, cioè a lungo il “padrone” dell’istituto.

La vicenda dell’Idi si trascinava già da tempo quando nell’autunno scorso, i circa 1.400 lavoratori senza stipendio, vedevano la vertenza andare avanti senza risultati reali. Una tragedia sociale come tante – forse particolarmente grave – nell’Italia di questi anni. Eppure il fatto che all’origine vi fosse una poco nota ma potente congregazione religiosa con legame forti all’interno delle mura leonine, induceva i lavoratori ad andare più volte in piazza San Pietro dal Papa per denunciare la situazione e chiedere l’intervento del Vaticano. Un aspetto, quest’ultimo, che forse è stato sottovalutato. La protesta di piazza era infatti un danno che la Santa Sede, già gravemente colpita nella propria immagine pubblica, non poteva permettersi. Quando l’otto dicembre, festa dell’Immacolata concezione e quindi della Congregazione dei Figli dell’Immacolata, i lavoratori dell’Idi hanno preso parte all’angelus del Papa si è compreso che la misura è quasi colma. Gli stipendi mancavano da mesi, un gesto eclatante diventava possibile e poteva avvenire proprio sotto gli occhi del Pontefice.

Non solo: di lì a poco arrivavano, inaspettate per molti, le dimissioni di Benedetto XVI. È evidente che la stanchezza del Papa, i problemi dell’età, si sono sommati alla sequela di scandali che ha sconvolto la vita della Chiesa nel convincere l’anziano Pontefice a scegliere la strada della rinuncia. Lo stesso Ratzinger il mercoledì delle ceneri, il 14 febbraio, chiedeva agli uomini di chiesa di rinunciare al carrierismo e alle smanie di potere. Era un messaggio che arrivava diritto al cuore della Curia vaticana e non solo. Insomma la vicenda dell’Idi, così tipicamente italiana e vaticana, s’intreccia con quella di una Chiesa universale che non sopporta più il susseguirsi di notizie relative a malversazioni, ruberie, colpi bassi, lotte interne.

La stessa visita apostolica della congregazione, cioè l’indagine interna voluta dalla Santa Sede e condotta dal vescovo vicegerente di Roma, Filippo Iannone (con diversi incarichi in Vaticano), sembrava improvvisamente dare i suoi frutti – cioè il commissariamento dei concezionisti – quando il Papa arrivava alle dimissioni, e però nei mesi precedenti tutto taceva. Del resto i concezionisti vantano amicizie e buoni rapporti anche con l’attuale Sostituto per gli affari generali della Segreteria di Stato, monsignor Angelo Becciu e con il ministro degli Esteri monsignor Dominique Mamberti. Nulla di male, ancora, se appunto non fosse esploso un bubbone clamoroso di debiti e intrallazzi che certo coinvolge le persone oggetto oggi di indagine, ma che è che è pur sempre avvenuto sotto gli occhi del Vaticano.

Un capitolo a parte, poi, è quello dell’impresa petrolifera. I responsabili della Congregazione rivendicano la propria estraneità alle notizie circa il tentativo di realizzare attività petrolifere nella Repubblica democratica del Congo attraverso la società Ibos II. Va ricordato in proposito che oltre a Decaminada erano finiti agli arresti altri due personaggi: Domenico Temperini e Antonio Nicolella, entrambi con ruoli chiave in società del gruppo Idi sono accusati, fra le altre cose, di aver sottratto risorse per un’operazione di sondaggi petroliferi in Congo realizzata attraverso un’altra società, appunto la Ibos II. Per questo motivo fra l’altro nel settembre del 2011 avrebbero accolto a Roma – spacciando l’impresa come di proprietà vaticana – alcun funzionari del governo di Kinshasa. Il tutto, naturalmente non ha poi avuto seguito. Ma la domanda è ancora quella: nei sacri palazzi non si è mai sospettato di nulla?

Sta di fatto che le cose subiscono un’ulteriore accelerazione quando, dopo l’annuncio delle dimissioni del Papa dell’11 febbraio, in tempi rapidissimi – il 18 – viene deciso il commissariamento della congregazione, vale a dire la sua totale estromissione dalla gestione degli ospedali. Arriva il cardinale Giuseppe Versaldi, presidente della Prefettura degli Affari economici della Santa Sede, considerato un bertoniano di ferro, che si avvale di due uomini: il primo è Giuseppe Profiti, presidente del Bambino Gesù – il celebra ospedale vaticano di Roma – e braccio destro in campo sanitario del Segretario di Stato Tarcisio Bertone; c’è poi il vescovo Iannone, quello della visita apostolica. resta da dire che, debiti a parte, le eccellenze mediche rimanenti dell’Idi fanno gola a molti. I sogni di un polo sanitario vaticano, del resto, sono stati ricorrenti nella segretaria bertoniana, e tuttavia a Roma sono diverse le organizzazioni ecclesiali e le strutture universitarie cattoliche che possono aver messo gli occhi su ciò che resta dell’Idi. Staremo a vedere. Versaldi, in seguito a nuove inchieste giornalistiche, ha affermato sabato 13 aprile: «il Vaticano non voleva intervenire per sostituirsi alla Congregazione o per potenziare la propria presenza nel campo della sanità», al contrario il progetto è quello del risanamento. E in questo senso il porporato ha sottolineato la collaborazione con la Regione e le altre istituzioni coinvolte.
 

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